Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27547 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. I, 28/10/2019, (ud. 04/10/2019, dep. 28/10/2019), n.27547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16475/017 r.g. proposto da:

M.E., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Antonio Grassetti, con cui elettivamente domicilia in Roma, Viale

Liegi n. 7, presso lo studio dell’Avvocato Marco Claudio Ramazzotti.

– ricorrente –

contro

Z.N., (cod. fisc. (OMISSIS)) e L.J.A. (cod.

fisc. (OMISSIS)) difesa dall’Avv. Morvillo Francesco;

– resistenti –

avverso il decreto del Tribunale di Ancona, depositato in data

4.1.2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

4/10/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con il decreto impugnato, il Tribunale di Ancona – decidendo sul reclamo, ex lege n. 3 del 2012 (L. 27 gennaio 2012, n. 3), proposto da Z.N. e L.J.A. nei confronti di M.E. e Banca di Credito Cooperativo di Ostra e Morro d’Alba, nonchè contro altri resistenti non costituiti in relazione al provvedimento emesso dal medesimo Tribunale (con il quale era stata negata l’omologazione del piano del consumatore proposto dagli odierni intimati) – ha, invece, omologato il piano del consumatore, accogliendo, pertanto, il predetto reclamo.

Il tribunale ha ricordato, in ordine alla ricostruzione fattuale della vicenda, che: a) con reclamo ex lege n. 3 del 2012, i coniugi Z.N. e L.J.A. avevano impugnato il decreto emesso dal predetto tribunale, con cui era stata rigettata la domanda di omologazione del piano del consumatore; b) i reclamanti, in precedenza, avevano presentato, infatti, un piano per il risanamento dell’esposizione debitoria; c) l’O.c.c., Rag. G., aveva attestato la fattibilità del piano; d) in data 29.05.2016 il Tribunale aveva, tuttavia, dichiarato inammissibile il piano presentato; e) gli odierni intimati avevano, dunque, proposto reclamo e la Corte di appello adita aveva annullato il decreto dichiarativo dell’inammissibilità oggetto di reclamo, dichiarando, dunque, ammissibile il ricorso per l’accesso alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento; f) la causa era stata pertanto riassunta davanti al Tribunale di Ancona che aveva però rigettato, come sopra premesso, la domanda di omologazione del piano; g) i reclamanti Z.N. e L.J.A. avevano chiesto la revoca del provvedimento impugnato e l’omologazione del piano del consumatore; h) il M., odierno ricorrente aveva chiesto il rigetto del reclamo, evidenziando che: i) i debitori avevano compiuto un atto in frode ai creditori attraverso la donazione ai figli dei loro cespiti immobiliari, donazione già oggetto di impugnativa per revocatoria e di revoca giudiziale con sentenza passata in giudicato; li) i medesimi debitori avevano contratto obbligazioni, senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere; iii) la vendita dell’immobile di proprietà dei reclamanti avrebbe potuto soddisfare i creditori, in misura superiore all’esecuzione del piano; iv) nel corso degli anni i reclamanti si erano indebitati, nella piena consapevolezza di non poter onorare i debiti contratti.

Il tribunale ha dunque ritenuto che: 1) non risultava ragionevole prevedere la maggiore convenienza dell’importo ottenuto dalla vendita coattiva del cespite staggito rispetto alla proposta contenuta nel piano; 2) la proposta dei coniugi Z.N. e L.J.A. prevedeva, infatti, l’integrale soddisfacimento dei creditori ipotecari, entro il ventennio dall’omologazione, senza procedere alla liquidazione del cespite immobiliare e mediante pagamento rateale mensile; 3) considerato per i creditori ipotecari l’importo complessivo e satisfattivo di Euro 211.000,00 ottenuto dalla vendita dell’immobile, occorreva considerare che i ricorrenti avevano offerto, con il piano, l’integrale pagamento dei debitori privilegiati nell’arco di circa venti anni, con la conseguenza, sotto un primo profilo, della convenienza dell’ipotesi prospettata nel piano per la pianificata ed integrale soddisfazione dei debitori muniti di privilegio ipotecario, in luogo della somma ricavabile dalla vendita coattiva del cespite immobiliare staggito, e tenendo conto dell’alea insita nel tempo occorrente per il perfezionamento di detta vendita nonchè del prezzo a cui verrebbe assegnato il bene immobile; 4) l’esecuzione forzata era già iniziata ed erano ipotizzabili i ribassi del prezzo di vendita, previsti ex lege, e che, invece, la prospettiva di adempimento del piano, costruito senza finanza esterna e, dunque, con le risorse dei consumatori (prevedendo la soddisfazione integrale del debito garantito da ipoteca e in misura comunque non irrisoria quella del chirografario, nella misura del 20%), rendeva maggiormente conveniente l’alternativa offerta dal piano stesso.

2. Il decreto, pubblicato il 4.1.2017, è stato impugnato da M.E. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

Z.N. e L.J.A. non hanno svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta omessa valutazione della prova in ordine all’esistenza di atti compiuti in frode ai creditori, in relazione al disposto di cui alla L. n. 3 del 2012, art. 9, comma 3 bis. Osserva il ricorrente che il tribunale non aveva considerato l’atto in frode ai creditori (che si era concretizzato nell’atto di donazione dei cespiti immobiliari in favore dei figli, oggetto di revoca giudiziale attraverso la sentenza del Tribunale di Ancona), come causa ostativa all’ammissibilità e alla omologabilità del piano del consumatore proposto, ai sensi della L. n. 3 del 2012, art. 12 bis. Si denuncia, come ulteriore causa ostativa alla omologabilità del piano, l’incompletezza della relazione presentata dall’O.c.c. (assunta erroneamente dal collegio giudicante come veritiera), e ciò in relazione alla mancata evidenziazione delle spese di procedura esecutiva relative alla vendita e alla custodia dell’immobile, nonchè in riferimento alle cause dell’indebitamento, all’esame della diligenza dimostrata dai debitori nell’assumere le obbligazioni e alla ritenuta completezza della documentazione consegnata dai debitori stessi.

2. Con il secondo motivo si articola vizio di violazione della L. n. 3 del 2012, art. 12 bis, comma 3, in relazione alla mancata risoluzione della contestazione sull’effettivo ammontare del credito. Osserva il ricorrente come l’omologazione del piano dei debitori, senza la preliminare risoluzione della contestazione sull’effettivo ammontare del credito azionato dal ricorrente attraverso la determinazione analitica delle voci e dei titoli, non avesse consentito di valutare correttamente la fattibilità stessa del piano proposto dai debitori.

3. Con il terzo motivo di censura si denuncia violazione della L. n. 3 del 2012, art. 12 bis, comma 4. Osserva la parte ricorrente che, qualora il collegio giudicante avesse correttamente determinato, come tra l’altro dal creditore espressamente richiesto, il credito effettivo di quest’ultimo ed avesse, del pari, correttamente determinato il valore economico del cespite immobiliare residuo, oltre che rilevare l’esistenza delle somme già in giacenza, allora sarebbe emerso che il quantum complessivo ricavabile dalla liquidazione era di gran lunga superiore a quello indicato dai debitori e, dunque, sicuramente in grado di soddisfare in misura maggiore le pretese del ceto creditore rispetto al piano proposto ai debitori.

4. Con il quarto motivo si deduce violazione della L. n. 3 del 2012, artt. 9,12 e art. 12 bis, comma 4. Si evidenzia la mancata considerazione da parte del provvedimento impugnato della documentazione comprovante la condizione dei debitori come soggetti dediti nel tempo a contrarre obbligazioni pecuniarie senza alcuna possibilità di restituzione ai ceditori di quanto dovuto, con la conseguenza che la motivazione impugnata ha interpretato l’istituto in esame (che la L. n. 3 del 2012, indicava come una possibilità satisfattoria alternativa all’esecuzione immobiliare, pur sempre a tutela della massa creditoria), trasformandolo in uno strumento proteso a privilegiare ingiustificatamente le illegittime pretese dei debitori, rispetto alle legittime pretese, fondate su titoli esecutivi, dei creditori.

5. Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito precisati.

5.1 Già il primo motivo di doglianza è fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento dei restanti motivi di censura.

Non è discutibile come la Corte di Appello di Ancona – decidendo sul reclamo proposto dai debitori avverso il decreto dichiarativo della inammissibilità (emesso in data 1.10.2015 dal Tribunale di Ancona) e scrutinando, pertanto, i profili di ammissibilità del piano del consumatore così proposto – avesse anche accertato che i debitori non avevano “commesso atti in frode ai creditori”, evidenziando la completezza della documentazione presentata dai debitori e la sussistenza delle altre condizioni di ammissibilità del piano, ai sensi della L. n. 3 del 2012, artt. 7,8,9 e 12 bis.

5.1.1 Ebbene, osserva la Corte come, nel caso di specie, le questioni di ammissibilità (o meglio di inammissibilità) dedotte dal creditore come profili ostativi all’ammissibilità (e dunque anche all’omologabilità) del piano non possano ritenersi coperte da “giudicato interno”, perchè già decise nel precedente provvedimento della corte anconetana.

E ciò per almeno tre ordini di motivi.

5.1.1.1 In disparte di ogni ulteriore valutazione (qui in effetti non rilevante ai fini del decidere) sul profilo della incompetenza funzionale della corte territoriale a decidere sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento ammissivo del piano del consumatore, occorre considerare che parallelamente a quanto evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità in punto di concordato preventivo (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10778 del 16/05/2014; Sez. 1, Sentenza n. 2234 del 30/01/2017) – nel giudizio di omologazione del piano, così come avviene (per l’appunto) nel concordato, il controllo della regolarità della procedura impone al tribunale la verifica della persistenza sino a quel momento delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura già scrutinate nella fase iniziale, e dunque, come nella procedura pattizia di regolamentazione della crisi di impresa, la verifica deve riguardare anche l’assenza di atti o fatti di frode e, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, il rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione; così, nella procedura di omologazione del piano del consumatore, tale controllo deve riguardare, oltre che l’assenza di atti in frode ai creditori, anche la ricorrenza di tutti i requisisti di ammissibilità previsti dalla L. n. 3 del 2012, artt. 7,8 e 9.

5.1.1.2 La peculiarità dell’odierna vicenda processuale risiede nel fatto che l’originario provvedimento di inammissibilità del piano decretato dal tribunale in data 29.5.2016 era stato reclamato (peraltro, innanzi alla corte di appello e non già innanzi al tribunale, come previsto espressamente dalla L. n. 3 del 2012, art. 10, comma 6, per l’accordo di composizione della crisi) e la corte territoriale aveva affermato l’ammissibilità del piano, “riaprendo”, dunque, il corso della procedura da sovraindebitamento.

Ne consegue che la “riassunzione” della procedura di nuovo innanzi al tribunale deve ritenersi, nella sostanza, come una “nuova” domanda di piano del consumatore, per la quale il giudice dell’omologazione è investito dello scrutinio di tutti i presupposti “iniziali” di ammissibilità del piano presentato dal consumatore, così come avviene nella procedura negoziata della crisi di impresa (cfr. giurisprudenza sopra richiamata).

E ciò anche al di là di quanto statuito nella precedente affermazione giudiziale, contenuta nel provvedimento reso dalla corte anconetana.

5.1.1.3 Del resto, il giudizio di ammissione alla procedura L. n. 3 del 2012, ex art. 12 bis, in ordine ai requisiti di cui ai sopra ricordati artt. 7, 8 e 9, medesima legge, riguarda uno scrutinio delibativo iniziale i cui esiti ben possono essere rimessi in discussione e rivisitati nella successiva fase di omologazione del piano del consumatore.

5.1.2 Se così è, allora risulta fondato il primo motivo di doglianza con il quale il creditore, oggi ricorrente, si lagna dell’omessa valutazione della prova in ordine all’esistenza di atti compiuti in frode ai creditori, e ciò in relazione al disposto di cui alla L. n. 3 del 2012, art. 9, comma 3 bis, lett. d, osservando, più precisamente, che il tribunale non aveva considerato, in sede di omologazione, l’esistenza dell’atto in frode che si era concretizzato nella donazione dei cespiti immobiliari dei debitori in favore dei figli, atto negoziale oggetto di revocatoria tramite la sentenza già resa del Tribunale civile di Ancona, e con ciò evidenziandosi la causa ostativa all’ammissibilità e all’omologabilità del piano del consumatore, come prevista dalla L. n. 3 del 2012, art. 12 bis.

Allo stesso modo la parte oggi ricorrente aveva proposto ulteriori profili di inammissibilità della proposta che non possono ritenersi “coperti” dalla decisione contenuta nel precedente provvedimento giudiziale reso dalla corte di appello e per i quali occorreva una espressa pronuncia da parte del tribunale, pronuncia invece omessa.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Ancona che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo; dichiara assorbiti i restanti; cassa il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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