Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27545 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 27545 Anno 2017
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: FANTICINI GIOVANNI

CC

ORDINANZA

C27-7)
sul ricorso 23908-2014 proposto da:
CONIGLIONE ANTONIO, considerato domiciliato ex lege
in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
LUCIANO CANNATA giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

UNICREDIT SPA , in persona del Quadro Direttivo di 4 °
2017
1803

livello Avv. SERGIO IMBURGIA e Avv. IGNAZIO
GIANGRASSO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CARLO MIRABELLO 18, presso lo studio dell’avvocato
ALFONSO QUINTARELLI, che la rappresenta e difende
giusta procura in calce al controricorso;

1

Data pubblicazione: 21/11/2017

- controricorrente

avverso la sentenza n. 760/2014 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 20/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 26/09/2017 dal Consigliere Dott.

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
ALBERTO CARDINO che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso;

2

GIOVANNI FANTICINI;

RILEVATO CHE:

Antonio Coniglione conveniva in giudizio innanzi al Tribunale

di Catania la Banca di Roma S.p.A. (oggi Unicredit S.p.A.) affermando
che il proprio immobile sito in via Tremestieri Etneo era stato
sottoposto ad esecuzione forzata dalla banca (creditrice ipotecaria), la

7/10/2005 e una diffida alla cancellazione del pignoramento e
dell’ipoteca risalente (stando alla sentenza impugnato) ai 19/12/2005
(nel ricorso si indica la diversa data del 7/12/2005) – aveva
depositato rinuncia all’espropriazione soltanto in data 6/3/2006 e
provveduto alla cancellazione dell’ipoteca il 9/3/2006; a causa
dell’inerzia del creditore il Coniglione aveva subito danni in quanto
non aveva potuto cedere l’immobile, promesso in vendita come libero
da gravami pregiudizievoli con contratto del 15/10/2005 con termine
essenziale per il definitivo al 17/12/2005, subendo il recesso della
promissaria acquirente (risalente al 13/12/2005) e la perdita del
doppio della caparra; solo nel giugno del 2006 l’odierno ricorrente
aveva potuto alienare il cespite, ma ad un prezzo inferiore rispetto a
quello pattuito nel preliminare del 15/10/2005; domandava, perciò, il
risarcimento dei danni patiti;

si costituiva Capitalia S.p.A. (già Banca di Roma e poi

incorporata in Unicredit) chiedendo il rigetto delle pretese risarcitorie;

il Tribunale di Catania respingeva le domande attoree con

sentenza n. 807 del 21 febbraio 2008;

Antonio Coniglione proponeva appello lamentando l’erroneità

della decisione poiché il Giudice di primo grado aveva ritenuto che a)
la banca non fosse obbligata a provvedere immediatamente alla
rinuncia agli atti esecutivi, b) il bene non fosse incommerciabile in
presenza delle trascrizioni pregiudizievoli, c) lo stesso appellante
fosse responsabile della mancata cancellazione della formalità di
pignoramento, d) non sussistesse nesso di causalità tra la condotta

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quale – nonostante l’integrale pagamento del debito in data

omissiva dell’istituto di credito e il minor valore di compravendita del
bene;

la Corte d’appello di Catania – con la sentenza n. 760 del 20

maggio 2014 – rigettava l’impugnazione;

avverso tale decisione Antonio Coniglione propone ricorso per

il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ex art.

380-bis.1 cod. proc. civ. e ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO CHE:

1. Col primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata
per violazione o falsa applicazione dell’art. 1200 cod. civ. per non
essere stato ravvisato un inadempimento imputabile alla banca nella
mancanza di una rinuncia agli atti esecutivi immediatamente
successiva al pagamento del debito; sostiene il ricorrente che la Corte
territoriale ha errato nel ritenere che fosse necessaria una specifica
assunzione, da parte della banca, dell’obbligazione di procedere
immediatamente alla rinuncia agli atti dell’espropriazione immobiliare,
trattandosi invece di un’obbligazione

ex lege discendente dalla

succitata norma a cui l’istituto di credito avrebbe dovuto dare seguito
autonomamente e subito dopo il pagamento.
Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli
artt. 1223 e 1227 cod. civ. per avere la Corte d’appello escluso la
sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva della banca e il
danno subito dall’appellante, in quanto la circolazione del bene
formalmente ipotecato, seppure non incommerciabile sotto il profilo
strettamente giuridico, era stata comunque ridotta; inoltre, non
poteva ragionevolmente attribuirsi a negligenza del creditore il danno
derivante dalla permanenza delle formalità; da ultimo, per la natura
contrattuale dell’obbligazione ex art. 1200 cod. civ., al Coniglione
spettava soltanto l’onere di allegare l’inadempimento e di provare
l’ammontare del danno subito.

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cassazione affidato a tre motivi; resiste con controricorso unicredit;

Con l’ultimo motivo si censura la statuizione sulle spese di lite,
addossate al Coniglione, erroneamente ritenuto soccombente.
2. I motivi, tra loro connessi (vedendo i primi due sugli elementi
fondanti la pretesa responsabilità della banca ed il terzo sulla
pronuncia sulle spese, meramente consequenziale al principio di

In punto di colpevole inadempimento dell’istituto di credito
(tenuto – in tesi attorea – a presentare, autonomamente ed
immediatamente dopo il saldo del debito, la rinuncia agli atti
dell’esecuzione forzata intrapresa contro il Coniglione), la Corte
d’appello di Catania ha affermato che non era configurabile in capo
alla banca l’obbligazione di procedere immediatamente al deposito
della rinunzia ex art. 629 cod. proc. civ. («non è stato neppure
dedotto dall’appellante che la banca, nel momento in cui ebbe a
ricevere il pagamento a saldo rilasciando la relativa quietanza, si sia
obbligata a procedere immediatamente al deposito della rinunzia agli
atti dell’esecuzione immobiliare») e che – analogamente a quanto
ritenuto in giurisprudenza in tema di ipoteca – sarebbe spettato al
Coniglione richiedere la formalizzazione di un atto di rinunzia alla
procedura (che si sarebbe potuta estinguere anche per inattività del
creditore ex art. 631 cod. proc. civ.) e anticipare le spese necessarie
per tale attività giudiziale («sino al momento in cui il Coniglione ebbe
a richiedere al creditore la rinunzia alla procedura esecutiva ed il
consenso alla cancellazione dell’ipoteca, con l’onere di attivarsi e di
offrirsi di pagare le spese necessarie, la banca appellata non può
ritenersi inadempiente, ai sensi dell’ad. 1200 c.c., con conseguente
inconfigurabilità già del primo elemento di fattispecie della dedotta
responsabilità e cioè dell’inadempimento imputabile a quest’ultima»).
In sostanza, si interpreta l’art. 1200 cod. civ. – a norma del quale
«Il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la
liberazione dei beni dalle garanzie reali date per il credito e da ogni

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soccombenza), possono essere esaminati congiuntamente.

altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità» – operando una
analogia tra la disciplina della cancellazione della formalità ipotecaria
per assenso del creditore e quella della rinuncia agli atti esecutivi,
dalla quale scaturisce l’estinzione della procedura ex art. 629 cod.
proc. civ. e la conseguente cancellazione della trascrizione del

Ritiene il Collegio che la predetta soluzione ermeneutica non sia
corretta, fermo restando che, per quanto sarà esposto nel prosieguo
con particolare riferimento alla mancanza di nesso causale, l’erroneità
delle ragioni fondanti la decisione non conduce alla cassazione della
sentenza impugnata – il cui dispositivo è conforme al diritto – ma
soltanto ad una correzione della motivazione da parte della Corte di
legittimità (art. 384 cod. proc. civ.).
3. L’art. 1200 cod. civ. costituisce norma dettata a tutela del
debitore, il quale – una volta che ha adempiuto al proprio debito – ha
diritto a riavere i propri beni liberi da vincoli pregiudizievoli, oramai
non più giustificati. Difatti, con particolare riferimento all’ipoteca, si è
osservato che la garanzia, quale fattispecie accessoria al credito,
risulta già estinta ex art. 2878, n. 3, cod. civ. nel momento in cui
l’obbligazione stessa non è più esistente; tuttavia, il permanere
dell’iscrizione ipotecaria risulta pregiudizievole per la circolazione del
bene stesso, potendo i terzi ignorare la vera situazione del rapporto
obbligatorio ed essendo, anzi, generalmente inclini a dare rilevanza
all’apparenza del vincolo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del
26/07/1994, Rv. 487526-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3938 del
25/11/1975, Rv. 378209-01).
La giurisprudenza prevalente ha attribuito natura contrattuale
all’obbligazione (ex art. 1200 cod. civ.) del creditore di prestare il
proprio consenso alla cancellazione delle ipoteche, una volta che il
debito sia stato estinto (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435 del
20/06/2013, Rv. 626877-01; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1144 del

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pignoramento immobiliare ex art. 632 cod. proc. civ.

26/03/1975, Rv. 374574-01; Cass., Sentenza, n. 897 del
05/05/1962;

contra,

Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del

26/07/1994, in motivazione); tale qualificazione è congrua se si
considera che l’inadempimento è classificabile più che sotto l’aspetto
dell’infrazione dell’obbligo generico di neminem laedere, sotto quello

obbligazioni e, segnatamente, a una specifica obbligazione
preesistente sancita dalla legge.
La dottrina ha elaborato diverse soluzioni ermeneutiche riguardo
al concreto contenuto dell’obbligazione incombente sul creditore
ipotecario ex art. 1200 cod. civ.:
a)

secondo una prima ricostruzione il creditore sarebbe liberato

solo dopo aver prestato il suo assenso alla cancellazione e dopo avere
provveduto materialmente alla cancellazione stessa, presentando la
relativa nota al Conservatore dei Registri Immobiliari (in
giurisprudenza, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1144 del 26/03/1975, Rv.
374574-01, rimasta isolata);
b)

in base ad una diversa ricostruzione il creditore sarebbe

liberato dalla sua obbligazione semplicemente prestando – a seguito
di apposita richiesta avanzata dal debitore – il suo assenso alla
cancellazione nelle dovute forme previste dagli art. 2821, 2835 e
2837 cod. civ., non sussistendo alcun altro obbligo a lui imposto dalla
legge;
c)

infine, secondo un’ultima tesi, il creditore sarebbe liberato

dalla sua obbligazione soltanto quando, dopo aver prestato nelle
forme prescritte dalla legge il suo consenso, costui abbia fatto
pervenire nelle disponibilità del debitore l’assenso stesso, nei modi
più adeguati alle circostanze.
In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha statuito che:
– a favore del debitore sussiste un diritto all’assenso alla
cancellazione (non già il diritto alla cancellazione, esercitabile nei

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dell’infrazione dell’obbligo di adempiere diligentemente alle proprie

confronti del Conservatore) e, cioè, ad ottenere dal creditore
ipotecario (anche in caso di cessione del credito non annotata ex art.
2843 cod. civ., secondo Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4419 del
10/07/1980, Rv. 408295-01) un negozio autorizzativo col quale si
acconsenta a che l’iscrizione presa possa essere rimossa (Cass., Sez.

Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, Rv. 487527-01);

dato che le spese del pagamento sono a carico del debitore a

norma dell’art. 1196 cod. civ., i costi relativi alla cancellazione del
vincolo reale di garanzia (per la formazione dell’atto di assenso e il
pagamento delle imposte) competono al debitore stesso (Cass., Sez.
3, Sentenza n. 3938 del 25/11/1975, Rv. 378209-01);

fino a quando il debitore non ha offerto il rimborso delle

spese, il mancato consenso del creditore alla cancellazione delle
garanzie reali non può essere qualificato come inadempimento (Cass.,
Sentenza n. 2974 del 10/11/1973; Cass., Sentenza n. 3073 del
16/11/1960);

l’esatto adempimento del creditore ipotecario consiste nel

porre il debitore in condizione di ottenere la cancellazione con la
presentazione del proprio consenso nelle forme prescritte e ciò
implica che tale assenso pervenga «nei modi più adeguati alle
circostanze» al debitore (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435 del
20/06/2013, Rv. 626876-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del
01/10/1999, Rv. 530411-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1012 del
27/02/1978, Rv. 390348-01);

la

richiesta di cancellazione al

presentazione della

Conservatore è un onere gravante su chiunque abbia interesse ad
eliminare il vincolo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10682 del
27/10/1998, Rv. 520129-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3335 del
07/12/1973, Rv. 367231-01) e non è un obbligo nascente dalla legge
a carico del creditore soddisfatto (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435

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3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, Rv. 530411-01; Cass., Sez. 1,

del 20/06/2013, Rv. 626876-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893
del 01/10/1999, Rv. 530411-01);
– in difetto di un atto di consenso da parte del creditore (che
per tale ragione può essere chiamato a rispondere dei danni in favore
del proprietario del bene), qualunque interessato ha facoltà di

2884 cod. civ. (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, in
motivazione).
4. L’obbligazione ex art. 1200 cod. civ. è declinata in maniera
peculiare dall’art. 40-bis, commi 2, 4 e 5, del d.lgs. 10 settembre
1993, n. 385 (aggiunto dall’art. 5, comma 1, d.lgs. 13 agosto 2010,
n. 141, norma in cui sono confluite le precedenti disposizioni dell’art.
13, commi da 8-sexies a 8-quaterdecies, del d.l. 31 gennaio 2007, n.
7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.), la
cui disciplina non è applicabile alla fattispecie in esame, ma proprio
dalla sua particolarità ed eccezionalità rispetto al dettato del codice
civile possono trarsi, a contrario, argomenti logici per l’interpretazione
delle norme codicistiche.
Infatti, il legislatore ha inteso favorire la celerità dell’operazione di
cancellazione delle ipoteche delineando una nuova procedura, in larga
parte derogatoria al diritto comune, imperniata su uno specifico
dovere di attivazione del creditore al fine della liberazione del bene
dal vincolo e sull’automatica cancellazione da parte del Conservatore,
nonché sulla riduzione dei costi per i consumatori (superfluità
dell’intervento notarile e spese per l’eliminazione della formalità).
Dalla previsione dell’art. 13, comma

8-terdecies, del d.l. 31

gennaio 2007, n. 7 (secondo la quale, per i mutui già estinti la cui
ipoteca non sia stata ancora cancellata, il termine di 30 giorni fissato
al creditore per comunicare al Conservatore la quietanza decorre dalla
data della richiesta di quest’ultima da parte del debitore) si evince la
conferma della regola codicistica a norma della quale spetta al

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promuovere la cancellazione giudiziale dell’ipoteca ai sensi dell’art.

debitore l’iniziativa per ottenere la cancellazione dell’ipoteca,
incombendo sul creditore ipotecario un dovere di collaborazione.
5. Dal punto di vista oggettivo,

l’art. 1200 cod. civ. si

riferisce non solo alle garanzie reali (pegno e ipoteca), ma più
in generale ad «ogni vincolo che comunque limiti la

pignoramento immobiliare dal quale derivano gli effetti degli
artt. 2913 ss. cod. civ. e 560 cod. proc. civ.
Conseguentemente, il creditore che ha ricevuto il pagamento deve
consentire la liberazione dal pignoramento, ma le modalità con cui
questa si realizza e i suoi presupposti sono profondamente diversi da
quelli sopra descritti con riguardo all’ipoteca:
– mentre il pagamento del debito estingue immediatamente
anche la garanzia ipotecaria a quello accessoria ex art. 2878, n. 3,
cod. civ. (e la cancellazione ha natura, dunque, di pubblicità-notizia),
l’estinzione dell’obbligazione del debitore nei confronti del creditore
non ripercuote automaticamente i suoi effetti sul pignoramento
trascritto o sul processo di espropriazione forzata pendente, per la cui
chiusura occorre necessariamente l’intervento giudiziale (Cass., Sez.
3, Sentenza n. 5796 del 22/05/1993, Rv. 482471-01, che
espressamente esclude che la cancellazione del pignoramento
immobiliare possa essere «consentita dalle parti»);
– anche in caso di pignoramento l’esatto adempimento del
creditore pignorante consiste nel porre il debitore in condizione di
ottenere l’eliminazione della formalità: tuttavia, mentre la
cancellazione dell’iscrizione ipotecaria trova fondamento in un atto
negoziale del creditore, quella della trascrizione del pignoramento si
basa su un provvedimento giurisdizionale di estinzione del processo
esecutivo (fermo restando che l’effettiva rimozione – con effetti di
pubblicità-notizia – dipende comunque dall’attività del Conservatore);

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disponibilità» dei beni del debitore e, quindi, anche al

-

nell’espropriazione forzata, quindi, il consenso ex art. 1200

cod. civ. del creditore prende la forma dell’atto processuale codificato
dall’art. 629 cod. proc. civ. e, cioè, della rinunzia agli atti esecutivi;

per il principio di libertà delle forme processuali non occorre

che la rinuncia agli atti esecutivi sia espressa con atto pubblico o

formazione dell’atto, il quale non sconta nemmeno (come la
consequenziale estinzione del processo) tributi ulteriori rispetto al
contributo unificato (versato al momento della presentazione
dell’istanza di vendita);

l’unica spesa che può ipotizzarsi è quella relativa al compenso

spettante al difensore del pignorante per la presentazione della
rinunzia, ma tale emolumento (indicato dalla tariffa professionale
all’art. 4, comma 5, lett. e) ed f), d.m. Giustizia del 10 marzo 2014,
n. 55) è logicamente già incluso nel pagamento satisfattivo delle
ragioni creditorie, in quanto un pagamento parziale – non
comprensivo delle spese di esecuzione – non integrerebbe la
fattispecie ex art. 1200 cod. civ. e, anzi, legittimerebbe il procedente
a dare ulteriore impulso all’espropriazione (Cass., Sez. 3, Sentenza n.
23745 del 14/11/2011, Rv. 620617-01: «Sussiste il diritto del
creditore pignorante di proseguire il processo esecutivo fintantoché il
debitore esecutato non abbia pagato per intero l’importo dovuto, in
forza del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione, comprensivo
del capitale, degli interessi e delle spese, con la conseguenza che il
pagamento parziale di tale importo non osta a che il creditore se ne
avvalga per ottenere il credito residuo, inclusi interessi e spese, nella
medesima esecuzione iniziata in forza dello stesso unico titolo
esecutivo»);

in ogni caso, il dovere di collaborazione del creditore

comprende – anche in caso di consenso ex art. 2882 cod. civ. – il
compimento di attività minime il cui costo, insignificante sotto il

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scrittura privata autenticata e, dunque, non ci sono costi inerenti alla

profilo economico (ad «un sacrificio economico relativamente lieve»
fanno riferimento plurime pronunce di legittimità), non può
ragionevolmente addossarsi al debitore (diversamente opinando, nel
caso dell’assenso alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, si
dovrebbe paradossalmente riconoscere al creditore persino il diritto a

dell’atto pubblico o all’autentica della sottoscrizione nella scrittura
privata);

proprio perché il creditore non sostiene spese per rinunciare

agli atti esecutivi, il debitore non è tenuto ad anticipare alcunché, né
ad offrire alcun rimborso al fine di conseguire la rinunzia;

la richiesta di cancellazione può essere rivolta al Conservatore

da qualunque interessato ad eliminare il vincolo;

in difetto di un atto di rinuncia da parte del creditore

l’esecutato può proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art.
615 cod. proc. civ., entro i termini stabiliti dalla citata disposizione e,
comunque, senza pregiudizio per l’eventuale aggiudicazione nelle
more intervenuta (art. 187 bis disp. att. cod. proc. civ.; Cass., Sez.

U., Sentenza n. 21110 del 28/11/2012, Rv. 624256-01);

il creditore che abbia ingiustificatamente rifiutato il proprio

consenso (nelle forme della rinuncia agli atti esecutivi) soggiace a
responsabilità risarcitoria, eventualmente anche ex art. 96, comma 2,
cod. proc. civ.
In definitiva, il consenso del creditore alla liberazione degli
immobili dal pignoramento è – per natura, modalità ed effetti profondamente diverso dall’assenso alla cancellazione dell’iscrizione
ipotecaria: quindi, deve ritenersi errata l’operazione ermeneutica
effettuata dalla Corte territoriale che ha applicato analogicamente
(simmetricamente, si può dire) le stesse regole a fattispecie
differenti.

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una remunerazione economica del tempo dedicato alla redazione

Conseguentemente, è errato affermare – come fa la sentenza
impugnata – che «il creditore soddisfatto … non può ritenersi
inadempiente all’obbligo di depositare la rinunzia agli atti della
procedura esecutiva, sino a quando il debitore non abbia richiesto tale
formalizzazione di volontà e non abbia offerto le spese necessarie per

6. Rispetto all’attività volta alla rimozione della garanzia
ipotecaria, l’obbligazione del creditore di consentire la liberazione dal
pignoramento ha un contenuto diverso.
In primis,

diversa è la natura della prestazione in cui si

concretizza l’assenso, il quale è atto negoziale in caso di eliminazione
della garanzia reale, mentre riveste la forma di atto processuale in
caso di cancellazione della trascrizione del pignoramento.
In secondo luogo, l’iniziativa per la cancellazione del
pignoramento spetta al creditore che ha ricevuto il pagamento e non
già al debitore, il quale – soddisfacendo integralmente la pretesa
creditoria – ha diritto a che sia innescato il procedimento che,
attraverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di estinzione del
processo esecutivo, conduce alla rimozione della trascrizione
pregiudizievole.
L’attività che compete al creditore consiste nel deposito della
rinuncia agli atti esecutivi prevista dall’art. 629 cod. proc. civ.
Poiché la legge non fissa un termine per la presentazione della
rinunzia al giudice dell’esecuzione, in mancanza di specifiche
pattuizioni tra le parti (che potrebbero disciplinare le modalità e i
tempi dell’obbligazione ex art. 1200 cod. civ.), lo stesso deve essere
individuato in base al combinato disposto degli artt. 1183, comma 1,
cod. civ. («Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve
essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente»), 1175
cod. civ. («Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le
regole della correttezza») e 88 cod. proc. civ. («Le parti e i loro

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tale attività giudiziale».

difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e
probità»).
I principi di correttezza e buona fede impongono al creditore di
salvaguardare il diritto del debitore che ha pagato il debito di
conseguire in tempi ragionevolmente contenuti la liberazione dagli

giuridica del cespite ex artt. 2913 ss. cod. civ., occorre considerare
anche l’impossibilità di continuare ad abitare l’immobile senza
l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione e il divieto di concedere
l’immobile in godimento o di percepire i canoni di locazione/affitto ex
art. 560 cod. proc. civ.).
A tutela del predetto diritto, il creditore è tenuto ad agire
tempestivamente, considerando le circostanze concrete e, in
particolare, lo stato del processo esecutivo pendente.
Infatti, si deve assolutamente evitare che dalla prosecuzione della
procedura (la quale, come detto, non si arresta automaticamente per
effetto del sopravvenuto pagamento) possa derivare un irreparabile
nocumento all’esecutato: ad esempio, se è prossimo lo svolgimento di
una gara, la rinuncia deve essere presentata in tempo utile ad
impedire l’aggiudicazione del cespite, dato che, altrimenti, l’atto
abdicativo sarebbe inidoneo a scalfire lo ius ad rem dell’aggiudicatario

ex art. 187-bis disp. att. cod. proc. civ.
L’esigenza di procedere celermente alla rinuncia agli atti esecutivi
trova ulteriore giustificazione nella salvaguardia dell’interesse
dell’esecutato ad evitare che nella procedura – ancora pendente
nonostante il pagamento – possano intervenire altri creditori abilitati
a darvi impulso. Difatti, una volta effettuato il deposito dell’atto
ex art. 629 cod. proc. civ. da parte dell’unico creditore, il
provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione ha
natura meramente dichiarativa dell’effetto estintivo
(istantaneo) che si è già prodotto nel momento in cui il

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effetti pregiudizievoli del pignoramento (oltre all’indisponibilità

processo esecutivo non è stato più sorretto da un creditore
munito di titolo esecutivo; al contrario, un intervento anteriore
alla rinuncia impedirebbe l’estinzione della procedura e
determinerebbe la sua prosecuzione in danno dell’esecutato
(Cass., Sez. U., Sentenza n. 61 del 07/01/2014, Rv. 628705-01: «Nel

esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che
essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza
del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di
almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che
giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento.»).
A norma dell’art. 1183, comma 1, cod. civ. l’esecutato potrebbe
esigere immediatamente il deposito della rinuncia del pignorante,
anche rappresentandogli circostanze che determinino l’urgenza di
estinguere la procedura e di ottenere la cancellazione della
trascrizione del pignoramento.
In tal caso, una specifica richiesta (comunque sottintesa dall’art.
1183, comma 1, cod. civ.) dell’esecutato oppure la comunicazione di
ragioni che giustificano una ancor più sollecita rinuncia agli atti
esecutivi appaiono indispensabili, poiché il creditore – certamente a
conoscenza dello stato della procedura pendente e dei correlati
interessi dell’esecutato – potrebbe invece legittimamente ignorare
elementi a questa estranei (ad esempio, come nella fattispecie

de

qua, l’avvenuta stipula di un contratto preliminare avente ad oggetto
l’immobile pignorato).
7. Nella sentenza impugnata si prospetta, come contenuto
alternativo dell’obbligazione

ex

art. 1200 cod. civ., la strada

dell’inattività ai sensi dell’art. 631 cod. proc. civ. e, cioè, la mancata
comparizione del creditore a due udienze consecutive (così la Corte
d’appello di Catania: «la procedura esecutiva immobiliare, in assenza

15

processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve

di accordo tra le parti, ben avrebbe potuto estinguersi anche per la
mera inattività del creditore procedente»).
Anche sotto tale profilo la motivazione è erronea.
Difatti, la doppia diserzione dell’udienza non soddisfa l’esigenza
dell’esecutato di ottenere rapidamente la liberazione degli effetti

effetti estintivi istantanei (poiché il provvedimento del giudice è
meramente ricognitivo), l’estinzione ex art. 631 cod. proc. civ. si
verifica soltanto all’esito del rinvio disposto dal giudice dell’esecuzione
(fattore non dipendente dal creditore) e, nelle more, permarrebbero
sine die le limitazioni alla disponibilità giuridica e materiale del
cespite; inoltre, potrebbero medio tempore intervenire altri creditori,
vanificando così l’interesse sotteso all’art. 1200 cod. civ..
Peraltro, verrebbe inutilmente protratta la durata del processo in
violazione del principio pubblicistico ex art. 111 Cost.
8.

In difformità dalle argomentazioni contenute nella sentenza

impugnata, può dunque affermarsi il seguente principio di diritto:
«In ossequio ai principi di correttezza e buona fede, per
consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti
pregiudizievoli del pignoramento, il creditore che è stato
soddisfatto deve rinunciare agli atti esecutivi senza necessità
di alcuna sollecitazione da parte del debitore ed entro un
termine ragionevolmente contenuto, avuto riguardo allo stato
della procedura pendente e ad eventuali motivi di urgenza a
lui noti, sempre che l’esecutato non esiga espressamente un
immediato deposito dell’atto di rinunzia».
9.
Corte

Con riferimento all’assenso alla cancellazione dell’ipoteca, la
territoriale

ha

correttamente

applicato

i

principi

giurisprudenziali sopra esposti al paragrafo 3, atteso che il creditore
iscritto non era tenuto ad attivarsi autonomamente prima della
richiesta del debitore adempiente.

16

pregiudizievoli del pignoramento: mentre la rinuncia agli atti produce

Al contrario, può astrattamente fondarsi un rimprovero alla banca
che, ricevuta la diffida del debitore a rinunciare agli atti esecutivi, ha
mancato di provvedervi immediatamente ex art. 1183, comma 1,
cod. civ. (non risulta – dal ricorso o dalla sentenza – che siano state
prospettate altre ragioni di urgenza dipendenti dallo stato della

Nel confermare la decisione di primo grado il giudice dell’appello
ha addotto ulteriori motivazioni (censurate col secondo motivo):

ex

art. 1227, comma 2, cod. civ. si è escluso il «nesso causale tra il
comportamento addebitato alla banca ed il danno lamentato
dall’appellante» che avrebbe potuto evitare il danno impiegando
l’ordinaria diligenza e, cioè, inviando tempestivamente la diffida o
contestando l’essenzialità del termine fissato nel preliminare. Inoltre,
i pregiudizi derivanti dallo scioglimento dal preliminare non potevano
essere causalmente collegati (art. 1223 cod. civ.) alla permanenza
dei gravami, oramai «meramente formali» e non ostativi alla vendita,
ma casomai (quanto alla differenza di prezzo) alla libera
determinazione del Conigiione di alienare il cespite, dopo la
cancellazione, ad un importo inferiore a quello del preliminare.
È corretto il rilievo del ricorrente secondo cui le formalità,
risultanti dai registri immobiliari anche se riferite ad un debito già
estinto, erano

ex se

potenzialmente pregiudizievoli per la circolazione

del bene.
Infatti, la giurisprudenza ha più volte ritenuto (con riguardo
all’iscrizione ipotecaria, ma esprimendo princip? che si attagliano
anche alla trascrizione del pignoramento) la potenziale lesività insita
nella persistenza della formalità: «In tema di ipoteca … il permanere
dell’iscrizione, nonostante l’estinzione del credito, può essere di
pregiudizio per il proprietario, in quanto determina un intralcio al
commercio giuridico del bene, potendo i terzi ignorare la reale
situazione ed essendo essi generalmente inclini a dare rilevanza

17

procedura espropriativa pendente).

all’apparenza del vincolo» (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del
26/07/1994, Rv. 487526-01; analogamente, Cass., Sez. 3, Sentenza
n. 3938 del 25/11/1975, Rv. 378209-01); «L’esistenza della
iscrizione nonostante il venir meno della causa della iscrizione è
situazione di per sé pregiudizievole anzitutto per il soggetto titolare

condizione di poter opporre il venir meno della causa giustificativa
dell’ipoteca, tuttavia, sotto il profilo della libera ed agevole
commerciabilità del bene si trova, per effetto della permanenza della
cancellazione, in una situazione potenzialmente pregiudizievole per
l’incomodo rappresentato dal dover dare dimostrazione al terzo
interessato all’acquisto del venir meno della causa giustificativa
dell’ipoteca» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22267 del 22/11/2010, non
massimata).
È pure improprio il richiamo, nella sentenza, dell’art. 1227,
comma 2, cod. civ. per affermare l’insussistenza dell’evento
pregiudizievole: infatti, la predetta disposizione non si riferisce alla
fattispecie integrativa del danno e, cioè, alla verificazione del
cosiddetto danno evento (elemento che unitamente alla condotta
determina la fattispecie di illecito contrattuale od extracontrattuale),
bensì al cosiddetto danno conseguenza e, cioè, a quel pregiudizio che,
in dipendenza causale dalla verificazione della fattispecie costitutiva
dell’illecito (danno evento), si verifica sul piano causale come
ulteriore conseguenza dannosa a cui sostanzialmente allude l’art.
1223 cod. civ. (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22267 del 22/11/2010,
non massimata). In altri termini, l’art. 1227, comma 1, cod. civ.
concerne il concorso colposo del danneggiato nella produzione
dell’evento che configura l’inadempimento, quindi la sua cooperazione
attiva, mentre nel secondo comma il danno è eziologicamente
imputabile al danneggiante, ma le conseguenze dannose dello stesso
avrebbero potuto essere impedite o attenuate da un comportamento

18

della proprietà del bene ipotecato, il quale, se in concreto è nella

diligente del danneggiato (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 13242 del
06/06/2007, Rv. 597544-01).
Anche sotto questo profilo, perciò, la motivazione della sentenza è
difettosa, ma, come già rilevato con riguardo al primo motivo di
ricorso, ciò non può determinare la cassazione della sentenza

Per procedere alla ricostruzione del rapporto di causalità

ex art.

1223 cod. civ. la Corte territoriale avrebbe propriamente dovuto
argomentare sulla sussistenza (o insussistenza) di un nesso di
derivazione eziologica tra la condotta della banca (omesso deposito
della rinuncia agli atti esecutivi) e la conseguenza dannosa indicata
dal Coniglione (scioglimento del preliminare), dato che il
mantenimento del gravame nei registri «costituisce fatto
potenzialmente dannoso … ma la prova di un concreto pregiudizio
economico è riservata alla fase successiva di determinazione e
liquidazione, che non preclude al giudice di negare la sussistenza
stessa del danno» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9039 del 03/11/1994,
Rv. 488348-01).
In punto di fatto, la Corte d’appello di Catania ha accertato che:
– l’odierno ricorrente «ebbe a richiedere alla banca di rinunziare
alla procedura esecutiva e di prestare il consenso alla cancellazione
dell’ipoteca soltanto in data 19/12/2005, e cioè addirittura dopo la
scadenza del termine pattuito per la stipula del contratto definitivo
con la sua promittente acquirente»;
– la

banca

era

tutto

«del

ignara

dell’obbligazione

autonomamente assunta dal Coniglione nei confronti di un soggetto
terzo».
In base a tali circostanze – pur rilevando che la banca avrebbe
dovuto provvedere alla rinuncia

ex

art. 629 cod. proc. civ.

immediatamente dopo aver ricevuto la richiesta del debitore – il

19

impugnata (art. 384 cod. proc. civ.).

danno derivato al Coníglione dal recesso della promissaria acquirente
non può essere collegato all’inadempimento dell’istituto di credito.
Infatti, al momento della diffida del 19/12/2005 – dalla quale
scaturiva il dovere della banca di rinunciare agli atti esecutivi – era
già intervenuto il recesso (risalente al 13/12/2005) della promissaria,

perdita dell’affare a condizioni più vantaggiose di quelle
successivamente pattuite per la vendita del 30 giugno 2006.
Concludendo: non può ravvisarsi un inadempimento dell’odierna
controricorrente all’obbligazione ex art. 1200 cod. civ. per aver
omesso di prestare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca prima
della richiesta e per aver mancato di rinunciare agli atti esecutivi in
un periodo anteriore alla diffida a presentare la rinuncia ex art. 629
cod. proc. civ.; dall’inottemperanza alla diffida non può essere
derivato il pregiudizio patito dal Coniglione, realizzatosi in un
momento antecedente all’inadempimento della banca.
Così rettificata la motivazione, si deve respingere il ricorso
avverso la sentenza di merito che aveva confermato il rigetto delle
domande attoree.
10. L’impugnata statuizione sulle spese di lite è correttamente
fondata sulla dichiarata soccombenza del Coniglione.
Alla decisione di rigetto del ricorso fa seguito la condanna del
ricorrente alla rifusione delle spese anche per questo giudizio di
cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo
secondo i parametri del d.m. Giustizia del 10 marzo 2014, n. 55.
11. Infine, sussistono i presupposti ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso

articolo 13.

20

che aveva comportato la restituzione del doppio della caparra e la

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese
del giudizio, liquidate in Euro 15.000,00 per compensi, oltre a Euro
200,00 per esborsi e ad accessori di legge;

dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello
stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile, il 26 settembre 2017.

dente
Io Sirito

Pmaziookrio udieinio
iiiroomo

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,

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