Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27543 del 21/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 3 Num. 27543 Anno 2017
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: MOSCARINI ANNA

ORDINANZA
sul ricorso 26986-2015 proposto da:
DI FILIPPO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in
ROMA, CIRC.NE TRIONFALE 123, presso lo studio
dell’avvocato MICHELE ROSELLI, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIUSEPPINA DI RISIO giusta procura in
c 1c

?43_ liuuL,Se.ì;

– ricorrente contro

2017
1665

REGIONE ABRUZZO , in persona del Presidente p.t.,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende per legge;
– resistente con procura –

Data pubblicazione: 21/11/2017

avverso la sentenza n. 368/2015 del TRIBUNALE di
L’AQUILA, depositata il 17/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 19/07/2017 dal Consigliere Dott. ANNA

MOSCARINI;

2

FATTI DI CAUSA
Giuseppe Di Filippo ricorre avverso la sentenza del Tribunale de
L’Aquila che, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla
Regione Abruzzo avverso la sentenza del Giudice di Pace, ha rigettato
la domanda di risarcimento del danno da lui proposta nei confronti

dall’autovettura di sua proprietà a seguito di collisione con un
cinghiale comparso improvvisamente sulla strada.
Il Giudice di Pace, con sentenza n. 7/14, aveva riconosciuto la
responsabilità della Regione Abruzzo, condannandola al risarcimento
dei danni quantificati in € 4.115.
Il Tribunale de L’Aquila, con sentenza n. 368 del 17/04/2015,
riconosciuta la competenza del “foro erariale”, ha ritenuto sussistente
la responsabilità della Regione ai sensi dell’art. 5 L. n. 968/1977, in
base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale,
anche in caso di delega di funzioni alle Provincie, la Regione è
responsabile, ai sensi dell’art. 2043 c.c., dei danni provocati da
animali selvatici a persone o a cose, il cui risarcimento non sia
previsto da specifiche norme, a meno che la delega non attribuisca
alle Provincie un’autonomia decisionale ed operativa sufficiente a
consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter efficientemente
amministrare i rischi di danni a terzi e da poter adottare le misure
normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare i danni (Cass., 3,
n. 4202 del 21/02/2011, Cass, 3, n. 23095 del 16/11/2010, Cass., 3,
n. 8953 del 7/4/2008, Cass., 3, n. 24895 del 25/11/2005; Cass., 3,
n. 16008 del 24/10/2003, Cass., 3, n. 13907 del 24/9/2002).
Quanto alla Provincia, il Tribunale ha ritenuto non provata
l’esistenza di norme attributive di poteri specifici ed ha rilevato
l’esistenza di un giudicato interno sul diniego di legittimazione della

3

della Regione Abruzzo e della Provincia di Chieti, per i danni riportati

Provincia, in conseguenza della mancata formulazione, da parte della
stessa di una riserva di appello.
Per quel che riguarda la sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 2043 c.c., il Tribunale ha accolto l’appello della Regione in
mancanza di prova degli elementi costitutivi dell’illecito, ad iniziare

punto di vigilanza (quale l’esistenza di fonti incontrollate di richiamo
della selvaggina verso la sede stradale; la mancata adozione di
tecniche di captazione degli animali verso le aree boscose lontane da
strade e da agglomerati urbani). Il giudice si è conformato alla
giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il soggetto, tenuto
alla vigilanza sulla fauna selvatica o il gestore o manutentore delle
strade, non hanno l’obbligo di provvedere alla recinzione o
segnalazione generalizzata dei perimetri boschivi (Cass., 3, n. 7080
del 28/3/2006) né tantomeno l’obbligo di illuminazione notturna di
strade lontane dai centri abitati (Cass., n. 5202 del 4/3/2010).
Il giudice di appello ha infine compensato le spese del grado
nella misura di 1/3, ponendo il residuo a carico dell’appellato mentre
le spese sostenute dalla Provincia, stante la formazione di un
giudicato, sono state poste a carico dell’appellante.
Avverso la sentenza impugnata Giuseppe Di Filippo propone
ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La Regione Abruzzo, difesa dall’Avvocatura Generale dello
Stato, si è costituita in giudizio ai fini di un’eventuale discussione ed
ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione
degli artt. 2909 c.c. e 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4
c.p.c.

4

dalla colpa, rispetto alla quale non è stata fornita alcuna prova in

Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa
applicazione dell’art. 4 bis L.R. Abruzzo 10/03, come modificato
dall’art. 33 L.R. 2/13 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Con i primi due motivi il ricorrente censura l’impugnata
sentenza nella parte in cui non avrebbe rilevato l’inammissibilità

riferimento ad un “indennizzo” e per non aver rilevato che il danno
doveva essere indennizzato secondo il criterio dell’attribuzione del
rischio, e non secondo quello della colpa.
Rileva che, essendo presente nella sentenza di primo grado
l’autonoma ratio decidendi della natura indennitaria della pretesa,
non avendo l’appellante impugnato tale autonoma ratio, il relativo
appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per difetto di
interesse, essendo passata in giudicato l’autonoma motivazione non
impugnata.
I due motivi sono inammissibili in quanto, secondo la narrazione
contenuta nella sentenza impugnata e nel ricorso, l’azione introdotta
ha natura strettamente risarcitoria, tendente all’accertamento della
responsabilità aquiliana della P.A. e non natura indennitaria come
inopinatamente affermato dal giudice di primo grado.
Per quel che riguarda specificamente il primo motivo occorre
rilevare che il medesimo non sostiene che il

petitum

fosse

originariamente diretto a scopi indennitari. Neppure può ritenersi che
l’Amministrazione non abbia correttamente censurato la pronuncia di
primo grado nella parte in cui la stessa faceva riferimento all’obbligo
di corrispondere un indennizzo, in quanto la Regione ha censurato la
sentenza evidenziando l’insussistenza della responsabilità
dell’Amministrazione, con un’espressione omnicomprensiva di
qualsiasi titolo di responsabilità. L’appello ha correttamente
ricondotto la responsabilità dell’Amministrazione nell’alveo della
responsabilità aquiliana con conseguente richiesta applicazione dei

5

dell’appello dell’amministrazione per avere il primo giudice fatto

relativi principi, con ciò implicitamente criticando la ricostruzione del
primo giudice che aveva costruito un’atipica responsabilità da
attribuzione del rischio.
Quanto al secondo motivo è inammissibile (anche) per difetto di
autosufficienza in quanto il ricorrente si duole del richiamo, operato

obbligo di corrispondere i contributi per i danni non altrimenti
risarcibili. Secondo il ricorrente il Tribunale non avrebbe tratto le
conseguenze necessarie da tale riferimento ma egli non riporta né la
motivazione di primo grado né la tesi difensiva della parte appellata
né la compiuta motivazione della sentenza impugnata, con ciò
violando palesemente l’art. 366 n. 6 c.p.c.
Con il terzo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti,
in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. Violazione o falsa applicazione
degli artt. 2043 e 2697 c.c. e del principio di vicinanza della prova, in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Critica la sentenza nella parte in cui ha accertato che l’attore
non avrebbe neppure allegato gli estremi della colpa
dell’Amministrazione; la sentenza impugnata avrebbe omesso di
valutare il fatto decisivo dell’allegazione della colpa
dell’Amministrazione da parte del ricorrente, in base al principio di
vicinanza della prova e delle regole generali sul riparto dell’onere
probatorio.
Il motivo è inammissibile in quanto lo stesso ricorrente si limita
a dire che, nell’atto introduttivo del giudizio, l’attore aveva sostenuto
la responsabilità dei convenuti per aver omesso di adottare misure
idonee ad evitare che la fauna selvatica arrecasse danni a terzi, con
un’affermazione meramente tautologica senza alcuna allegazione dei
profili di colpa. Allegazione tanto più necessaria quanto più, ai sensi
dell’art. 2043 c.c., il danneggiato dalla fauna selvatica è gravato

6

dal Tribunale, secondo il quale la legge regionale prevedeva un

dall’onere di provare non solo il danno ma anche il concreto
comportamento colposo ascrivibile all’ente tenuto al controllo della
fauna (Cass., 3, n. 24895 del 25 novembre 2005: In tema di
responsabilità extracontrattuale, il danno cagionato dalla fauna
selvatica non è risarcibile in base alla presunzione stabilita dall’art.

selvatici, ma soltanto alla stregua dei principi generali sanciti dall’art.
2043 cod. civ., anche in tema di onere della prova, e perciò richiede
l’individuazione di un concreto comportamento colposo ascrivibile
all’ente pubblico. Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di
merito che aveva rinvenuto detto comportamento nella circostanza
che nella zona, densamente popolata di animali selvatici, non fosse
stato installato alcun avvertimento per segnalare il pericolo,
inducendo così l’utente della strada a prestare la massima attenzione,
onde procedere con la necessaria prudenza; Cass., 3, n. 7080 del
28/3/2006; Cass., 1, n. 9276 del 24/4/2014) anche attraverso la
dimostrazione di aver messo in atto ogni possibile cautela al fine di
evitare il danno (Cass. n. 27673 del 21/11/2008; ).
Conclusivamente il ricorso è dichiarato inammissibile, con le
conseguenze sulle spese e sul raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il
ricorrente alle spese del giudizio, liquidate in C 1.400 (oltre C 200 per
esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi
dell’art. 13 co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il giorno 19 luglio 2017

/

Il Pre dente

2052 cod. civ., inapplicabile per la natura stessa degli animali

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA