Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27540 del 30/12/2016

Cassazione civile, sez. VI, 30/12/2016, (ud. 03/11/2016, dep.30/12/2016),  n. 27540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19939/2015 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata difesa dall’avvocato VINCENZO

DI LORENZO, in virtù di mandato speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 613/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 09/04/2014 e depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. S.S. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di L’Aquila, il Ministero della salute, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti al contagio col virus HCV in conseguenza di una emotrasfusione con sangue infetto avvenuta nel (OMISSIS).

Si costituì il Ministero della salute, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese di lite.

2. Impugnata la pronuncia dall’attrice soccombente, la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 5 giugno 2014, ha riformato la decisione di primo grado ed ha condannato il Ministero al pagamento, in favore della S., della complessiva somma di Euro 144.452, previa decurtazione dell’importo eventualmente già percepito a titolo di indennizzo ai sensi della L. 25 febbraio 1992, n. 210, nonchè al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

3. Contro la sentenza d’appello ricorre S.S., con atto affidato ad un motivo.

Resiste il Ministero della salute con controricorso.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. Il primo ed unico motivo di ricorso lamenta violazione dei principi in materia di indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, nonchè errore in relazione ai criteri coi quali è stata disposta la compensazione.

5.1. Il motivo non è fondato.

La censura principale – che riguarda l’ammissibilità della compensatio lucri cum damno tra il risarcimento del danno e le provvidenze di cui alla L. n. 210 del 1992 – non è fondata, alla luce del principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 11 gennaio 2008, n. 584, secondo cui il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all’attribuzione indennitaria regolata dalla L. n. 210 del 1992; tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della salute per omessa adozione delle dovute cautele, l’indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (compensatio lucri cum damno), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo.

Quanto all’ulteriore censura – che peraltro non è neppure formulata esplicitamente come tale – secondo cui la compensazione potrebbe avvenire solo con le somme percepite dalla S. fino alla data di notifica della domanda giudiziale, si tratta di una doglianza infondata. La liquidazione del danno è stata disposta dalla Corte di merito nel momento del deposito della decisione qui impugnata ed è evidente che le somme da portare in compensazione ai sensi della L. n. 210 del 1992, sono quelle percepite fino alla data della condanna, perchè in quel momento si trattava non di somme future, bensì già entrate nel patrimonio della ricorrente.

6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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