Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27537 del 11/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/10/2021, (ud. 04/05/2021, dep. 11/10/2021), n.27537

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37920-2019 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL

RISORGIMENTO (ndr: testo originale non comprensibile), presso lo

studio dell’avvocato ANDREA COLINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO ALLU’;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO di BONIFICA N. 8 di RAGUSA, in persona del Commissario

Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE, 140, presso lo studio dell’avvocato LUCA TROIANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GUGLIELMO RUSTICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 562/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 31/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA

BOGHETICH.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’Appello di Catania, decidendo sul gravame proposto dal Consorzio di Bonifica n. 8 di Ragusa avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto le domande di S.G. di conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato (intercorsi con il Consorzio dal 2000 per circa 12 anni) in rapporto di lavoro a tempo indeterminato e di risarcimento del danno.

2. La Corte territoriale, effettuata una ricognizione delle leggi regionali e rilevando la specialità della disciplina dettata dal legislatore regionale in materia di assunzioni alle dipendenze dei Consorzi di bonifica, ha ritenuto che la L. n. 76 del 1995 (autorizzando i suddetti Consorzi a ricorrere alle assunzioni a tempo determinato ai sensi della L. n. 230 del 1962) non ha inteso derogare al divieto di assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale ma più semplicemente prorogare l’utilizzo di tale strumento di flessibilità, con conseguente impossibilità di reintegrazione nel posto di lavoro in caso di abusivo ricorso al contratto a tempo determinato; ha, nel caso di specie, respinto la domanda risarcitoria in quanto – “per come è reso evidente dalla sua chiara formulazione” – direttamente correlata alla richiesta conversione dei contratti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato (e non all’abusiva reiterazione dei suddetti contratti).

3. Avverso tale sentenza lo S. ha proposto quattro motivi di ricorso per cassazione, illustrati da memoria, e il Consorzio ha opposto difese con controricorso.

4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente assume la violazione di norme di diritto, individuate nel D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1, 4, 5 della L.R. Sicilia n. 12 del 1991, art. 1, comma 1 bis, della L.R. Sicilia n. 45 del 1995, art. 32, sostenendosi l’erroneità dell’assunto della Corte territoriale in ordine alla impossibilità di convertire un contratto a tempo determinato ritenuto illegittimo in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, rimanendo soggetti – i consorzi di bonifica della Regione Sicilia quali enti pubblici economici – alla disciplina del D.Lgs. n. 368 del 2001.

2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, dell’art. 1218 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, avendo, la Corte territoriale, errato nell’omettere la liquidazione del danno a fronte della protrazione, dal 2002, di ben 18 contratti a tempo determinato, apparendo corretto il parametro fornito dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, sia che si ritenga possibile la conversione del contratto sia ove si ritenga che la legislazione regionale non lo consenta, derivando, il danno, dalla prestazione in violazione di disposizioni imperative.

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, omesso di pronunciarsi sul risarcimento, comunque dovuto e dedotto, quale conseguenza della illegittima precarizzazione del rapporto di impiego dovuta all’abusivo utilizzo del termine, riferendosi – il ricorso introduttivo del giudizio – alla “successione dei contratti a termine applicati al lavoratore…, le modalità di assunzione e di proroga indefinita dell’attività lavorativa”.

4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, fornito una motivazione totalmente carente a fronte della richiesta (come esposto nel terzo motivo) di risarcimento del danno avanzata non solamente in ragione della mancata conversione del contratto a tempo determinato.

5. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Questa Corte, con specifico riferimento ai Consorzi di Bonifica, confermando vari precedenti di senso analogo e ponendosi sulla scia di Corte Costituzionale n. 80 del 2018, ha ritenuto (sentenza n. 274 del 2019, alla cui motivazione si fa rinvio anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.) che “la L.R. Sicilia n. 76 del 1995 non deroga al divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32 ma si pone in linea di continuità sistematica con quest’ultima”, sicché “in caso di violazione dei limiti posti dalla L.R. n. 76 del 1995, artt. 3 e 4 per il ricorso al contratto a tempo determinato da parte dei consorzi di bonifica della Regione Sicilia”, regolati mediante rinvio alla disciplina di cui alla L. n. 230 del 1962 “non è consentita la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

5.1. In particolare, è stato, pertanto, affermato che:

– la L.R. n. 76 del 1995 non deroga al divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32 ma si pone in linea di continuità sistematica con tale legge;

– il divieto di nuove assunzioni, fuori organico e a tempo indeterminato, previsto dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32 che cede esclusivamente di fronte al diritto di assunzione dei disabili, implica che i rapporti di lavoro instaurati in violazione del detto divieto sono affetti da nullità e non ne è consentita la trasformazione o conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non essendo possibile sanare, per tal via, rapporti di lavoro invalidi sin dalla loro origine;

– l’attività lavorativa prestata con inosservanza dei limiti posti dalla L.R. n. 76 del 1995, artt. 3 e 4 per il ricorso al contratto a tempo determinato da parte dei consorzi di bonifica della Regione Sicilia, che sono enti pubblici economici regolamentati, finanziati, e vigilati dalla Regione, produce per il lavoratore i diritti previsti dall’art. 2126 c.c. per le prestazioni di fatto, nonché, in caso di abusivo ricorso a tale fattispecie contrattuale, l’applicazione della regola generale della responsabilità contrattuale posta dagli artt. 1218 c.c. e ss., con applicazione dei principi affermati nelle sentenze Sez. Un. 5072 del 2016 e Cass. n. 11374 del 2016.

5.2. La sentenza impugnata, ove ha statuito l’impossibilità giuridica di convertire a tempo indeterminato i rapporti a termine intercorsi con i Consorzi di Bonifica della Regione Sicilia, si è conformata, pertanto, all’orientamento consolidato di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 22981 del 2020, Cass. n. 3140 del 2019).

6. Il secondo, terzo e quarto motivo, che possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili perché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “la proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione…” (Cass. n. 17125 del 2007 e negli stessi termini Cass. n. 20652 del 2009).

6.1. Nel caso di specie difetta la necessaria riferibilità delle censure alla motivazione della sentenza impugnata, in quanto la Corte territoriale non ha affermato che sia precluso il risarcimento del danno in caso di ricorso abusivo e reiterato a contratti a tempo determinato bensì, esaminando la domanda proposta nel ricorso introduttivo del giudizio, ha ritenuto che la domanda risarcitoria era stata avanzata unicamente in diretta correlazione con la chiesta nullità della clausola di durata nonché conversione dei contratti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

6.2. Le censure non colgono la ratio decidendi perché il ricorrente insiste sull’omissione di valutazione della domanda di risarcimento del danno ai sensi della L. n. 183 del 2010, ex art. 32, ma nulla deduce sulla interpretazione della domanda originaria proposta nel ricorso introduttivo del giudizio che, come sottolineato espressamente dalla sentenza impugnata, non includeva la richiesta di risarcimento del danno per l’abusiva reiterazione di contratti a termine; né – al fine di evitare l’ulteriore profilo di inammissibilità della censura per violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione – appare sufficiente la trascrizione di singole parole contenute nel ricorso introduttivo del giudizio per consentire di valutare l’esatta portata della domanda avanzata in giudizio.

7. Il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;

8. In considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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