Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27536 del 21/11/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 27536 Anno 2017
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

ORDINANZA
sul ricorso 21937-2015 proposto da:
I.D.S. ISTITUTO DIAGNOSTICO SICILIANO SRL, in persona del suo
legale rappresentante

pro tempore

Dott. SERGIO FILOSTO,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIO FAA’ DI BRUNO 52,
presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO ZACCO, rappresentata e
difesa dall’avvocato DANIELE ZUMMO giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

ASP AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE PALERMO;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1210/2014 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata il 21/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

Data pubblicazione: 21/11/2017

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore generale Dott. ALESSANDRO PEPE, che ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
I.D.S. Istituto Diagnostico Siciliano S.r.l., premesso di essere

assessoriale n. 21572 del 26 febbraio 1997 e di aver effettuato
prestazioni di alta specialità in regime di

assistenza indiretta nei

servizi di diagnostica per immagini, medicina nucleare e laboratorio di
base (con specializzazioni in citogenetica

e biologia molecolare,

immunologia), convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo,
l’AUSL n. 6 di Palermo (poi ASP Azienda

Sanitaria Provinciale di

Palermo) chiedendo, previo accertamento

del relativo diritto, la

condanna della convenuta al pagamento delle competenze inerenti
alle prestazioni specialistiche di medicina nucleare effettuate dai mesi
di ottobre 2002 a luglio 2003 (pari ad C 1.197.018,21) e a quelle di
radiologia diagnostica effettuate da marzo a luglio 2003 (pari ad C
73.871,96), per l’importo complessivo di C 1.270.890,17, oltre
rivalutazione e interessi, a titolo di adempimento contrattuale o, in
subordine, a titolo di ingiustificato arricchimento.
Si costituì l’ente convenuto contestando l’assunto attoreo e
chiedendo il rigetto delle domande proposte.
Il Tribunale adito, con sentenza depositata il 30 marzo 2009,
rigettò sia la domanda di pagamento di natura contrattuale che quella
di ingiustificato arricchimento e condannò la società attrice al
pagamento delle spese di quel grado giudizio, ritenendo, per quanto
ancora rileva in questa sede, che le prestazioni rese dalla società
ricorrente erano state effettuate in favore dei singoli pazienti assistiti
dal SSN e ciò aveva sollevato la parte convenuta dal compito di
provvedere direttamente alle richieste di accertamento degli assistiti
e dai relativi costi, cagionando un corrispondente depauperamento a

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soggetto preaccreditato per l’altissima specialità ai sensi del decreto

carico dell’attrice e che tuttavia tale obiettivo vantaggio non era
sufficiente a fondare la domanda di indebito arricchimento in difetto
di un concreto riconoscimento, implicito o esplicito

dell’utilitas da

parte della convenuta, non valendo a tanto il silenzio mantenuto
dall’amministrazione sanitaria, tenuto anche conto della potenziale
in loco che rendevano

superfluo l’affidamento a strutture private delle prestazioni in
questione.
Avverso detta sentenza la parte soccombente propose gravame,
lamentando, in particolare, che il Tribunale non avesse riconosciuto il
diritto dell’appellante e, conseguentemente, non avesse condannato
la controparte al pagamento delle prestazioni in parola a titolo di
arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ. sul rilievo del difetto
dell’implicito riconoscimento dell’utilitas da parte dell’appellata.
Quest’ultima si costituì resistendo all’impugnazione.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza depositata il 21
luglio 2014, in parziale accoglimento del gravame proposto e in
parziale riforma della sentenza impugnata, compensò interamente tra
le parti le spese del primo grado di giudizio, confermò nel resto la
sentenza impugnata e compensò interamente tra le parti anche le
spese del secondo grado di g;udizio.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo I.D.S.
Istituto Diagnostico Siciliano S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione,
basato su tre motivi.
La parte intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il P.M. ha depositato le sue conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la parte ricorrente, lamentando «violazione
e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c. in relazione all’art.
360 n. 3 c.p.c.», sostiene che i giudici di merito avrebbero errato nel
ritenere non sussistent, nel caso di specie i presupposti dell’azione di

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presenza di strutture pubbliche operanti

indebito arricchimento ed in particolare nel sostenere

che, nella

specie, i soggetti «che si erano arricchiti indirettamente erano i
pazienti che avevano fruito delle prestazioni de quibus» e che, in ogni
caso, anche a voler ammettere un ingiustificato arricchimento per i
l’appellante «avrebbe dovuto esercitare, in

rapporto a

titolo oneroso con gli stessi intercorso,

forza del
l’azione di

arricchimento diretto nei confronti di essi pazienti e non già nei
confronti dell’Amministrazione».
Tale assunto – secondo la società ricorrente – sarebbe
«contraddetto e sconfessato» sia dalle considerazioni espresse dalla
stessa Corte, laddove riconosce che «tuttavia per gli stessi [pazienti]
non si può parlare di arricchimento strictu sensu, in quanto essi
avrebbero avuto la possibilità di ottenere le medesime prestazioni
rivolgendosi al SSR», sia dal rilievo che le prestazioni in parola non
sarebbero state conseguite dai pazienti in virtù di un atto a titolo
oneroso, ed infatti il rapporto intercorrente con il paziente non
sarebbe un rapporto a titolo oneroso, ma gratuito, con onere a carico
del SSN, trattandosi «di un rapporto … pubblicistico, basato su un
diritto pubblico soggettivo alla fruizione del pubblico servizio
spettante ex lege al cittadino, fuori da ogni rapporto contrattuale con
la struttura erogante», sicché l’arricchito in ragione delle prestazioni
erogate dalla parte ricorrente sarebbe la parte resistente.
Secondo la società ricorrente, il terzo sarebbe “solo soggetto
avvantaggiato in modo indiretto” e, pertanto, nei suoi confronti non
potrebbe trovare applicazione l’art. 2041 cod. civ., non essendosi lo
stesso arricchito a danno «di un’altra persona»; il rapporto giuridico
intermediario-terzo avrebbe «una propria autonomia strutturale e
causale, del tutto indipendente dal rapporto giuridico istanteintermediario», tanto più che la società attuale ricorrente sarebbe del
tutto estranea ai rapporti con il terzo.

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pazienti,

Sarebbe inoltre, sempre ad avviso della
infondata

ricorrente, del tutto

ed erronea l’argomentazione contenuta nella

sentenza

impugnata, in relazione alla circostanza che «l’Istituto appellante non
aveva

mai goduto della facoltà di erogare per conto del

prestazioni

SSR

diverse da quelle per le quali aveva conseguito

giuridica per lo stesso Istituto di erogare tali prestazioni in regime di
accreditamento escludeva la loro rimborsabilità».
Sostiene la ricorrente che tali affermazioni della Corte di merito
non terrebbero conto del fatto che nel periodo in cui sono state
effettuate le prestazioni sanitarie di medicina nucleare oggetto di
causa non vi erano in Sicilia strutture pubbliche che fossero dotate di
PET (Tomografia ad emissione di positroni), né, peraltro, l’eventuale
presenza di strutture pubbliche avrebbe evitato la spesa, in quanto
tali prestazioni, richieste su prescrizione di medici di medicina
generale convenzionati, possono essere effettuate da strutture
pubbliche o private in accreditamento e vengono liquidate alle
strutture che le hanno erogate, sia pubbliche che private, secondo un
ammontare globale predefinito determinato in relazione alle
remunerazioni (secondo le tariffe vigenti) delle prestazioni che
l’Azienda acquista da ogni struttura; conseguentemente l’Azienda, pur
se le prestazioni specialistiche ambulatoriali rese dalla

ricorrente

fossero state effettuate da strutture pubbliche, avrebbe dovuto
ugualmente rimborsarle a dette strutture allo stesso importo sulla
base di tariffe prestabilite, sicché la stessa Azienda avrebbe usufruito
e beneficiato di prestazioni rese a pazienti dalla medesima assistititi e
che dovevano essere obbligatoriamente prestate ad un prezzo
predefinito e determinato dalle tariffe vigenti, così risparmiando una
spesa che avrebbe dovuto comunque sostenere per garantire le
prestazioni di medicina nucleare, di altissima specialità, vitali per
ammalati oncologici e che non avrebbero potuto essere effettuate

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l’accreditamento istituzionale ai sensi del D.A. sicché l’impossibilità

altrimenti, stante la mancanza di strutture pubbliche che
disponessero di tale attrezzatura.
Richiamando l’orientamento espresso dalla sentenza delle Sezioni
Unite di questa Corte n. 10798 del 26 maggio 2015, secondo cui,
qualora l’azione ex art. 2041 cod. civ. venga promossa contro la P.A.,

la ricorrente che l’attore dovrebbe provare e il giudice accertare il
fatto oggettivo dell’altrui locupletatio, la sua correlativa deminutio

patrimonii e l’assenza di una giusta causa, oltre all’insussistenza di
altre azioni e che, nella specie, la sussistenza di tali “presupposti”
sarebbe ammessa dalla stessa Corte di merito, la quale, nel motivare
la compensazione tra le parti delle spese di lite, avrebbe riconosciuto
espressamente ed esplicitamente che l’Azienda ha comunque
conseguito in pratica un cospicuo vantaggio patrimoniale consistito
nel mancato esborso delle somme necessarie per l’esecuzione delle
prestazioni effettuate in suo luogo dalla ricorrente.
1.1. Il motivo è fondato nei termini appresso specificati.
Come pure hanno sostenuto sia la parte ricorrente che il P.G.,
nella specie risultano sussistenti sia la locupletatio dell’Azienda che la
correlativa deminutio patrimonii dell’IDS Istituto Diagnostico Siciliano
S.r.l. (come pure affermato nella sentenza impugnata a p. 13)
nonché l’assenza di una giusta causa; inoltre, nessun contratto
oneroso risulta essere stato concluso con i pazienti, nei cui confronti
la società ricorrente ha eseguito le prestazioni sanitarie in virtù del
diritto pubblico soggettivo alla fruizione gratuita del pubblico servizio
e, pertanto, detta società non avrebbe potuto agire direttamente nei
confronti dei predetti, i quali, peraltro, nemmeno si erano arricchiti
per effetto di tali prestazioni, avendo comunque diritto ad ottenerle
rivolgendosi al SSN.
Inoltre, come pure sostenuto dalla ricorrente e dal PG, non
occorreva l’accertamento deUutilitas, alla luce della recente sentenza

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non sarebbe più necessario il riconoscimento dell’utilitas, sostiene poi

delle Sezioni Unite di questa Corte n. 10798/2015, secondo cui «Il
riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce
requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato
che agisce ex art. 2041 cod. cív. nei confronti della P.A. ha solo
l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che

esso potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non fu
voluto o non fu consapevole, e che si trattò, quindi, di “arricchimento
imposto”».
Non può, invece, condividersi l’assunto del P.G., secondo cui
difetterebbe nel caso di specie l’ulteriore requisito della sussidiarietà
previsto dall’art. 2042 cod. civ., avendo I.D.S. Istituto Diagnostico
Siciliano S.r.l. la possibilità di esperire un’azione ordinaria
contrattuale, come poi effettivamente promossa in primo grado (in
cui la richiesta di pagamento delle prestazioni è stata avanzata, in via
principale, a titolo contrattuale e, solo in subordine, a titolo di
ingiustificato arricchimento) e avendo l’attuale ricorrente impugnato
soltanto la parte della pronuncia del Tribunale relativa all’azione di
indebito arricchimento, così decidendo di non coltivare l’azione di
adempimento contrattuale proposta in primo grado e rigettata.
Ed invero ritiene il Collegio che nella specie sia ammissibile
l’azione proposta ex art. 2041 cod. cív., inJanto, una volta esclusa

ab origine l’azione contrattualè7per difetto di titolo, l’attore non ha
l’onere di coltivare sempre e comunque nei successivi gradi di giudizio
l’azione contrattuale, come impropriamente sembrerebbe desumere il
P.G. dai precedenti arresti di questa Corte n. 8020 del 2 aprile 2009 e
n. 6295 del 13 marzo 2013, i quali si riferiscono a fattispecie e
problematiche almeno in parte diverse da quelle all’esame. Secondo il
consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la
proponibilità dell’azione generale di indebito arricchimento, in
relazione al requisito di sussidiarietà di cui all’art. 2042 cod. cìv.,

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l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso,

postula semplicemente che non sia prevista nell’ordinamento giuridico
altra azione tipica a tutela di colui che lamenti il depauperamento,
ovvero che la domanda sia stata respinta sotto il profilo della carenza

ab origine dell’azione proposta, per difetto del titolo posto a suo
fondamento (Cass. 31/01/2017, n. 2350; Cass. 10/08/2007, n.

anche Cass. 22/06/2205, n. 13385). Ipotesi, quest’ultima, che è da
ravvisare nel caso di specie.
2. Dall’accoglimento del primo motivo resta assorbito l’esame del
secondo motivo, con cui si lamenta violazione e falsa applicazione del
D.A. dell’Il dicembre 1997, del D.A. del 21 febbraio 1997 e dell’art.
11 D.A. 890/2002, nonché del terzo motivo / con cui si deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ..
3. Va quindi accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo
e il terzo motivo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al
motivo accolto e la causa va rinviata, anche per le spese del presente
giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Palermo in diversa
composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e
il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di
legittimità, alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 luglio 2017.
Il ( iresidente
T(
F

17647; Cass. 5/08/1996, n. 7136; Cass. 5/03/1991, n. 2283; v.

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