Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27535 del 21/11/2017


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 27535 Anno 2017
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

Data pubblicazione: 21/11/2017

SENTENZA
sul ricorso 13812-2014 proposto da:
BPAGHIERI GIANNI, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio
dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato MASSIMO FRANZONI
1Th

giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2017
1162

contro
LORENZINI ENRICO, elettivamente domiciliato in ROMA,
IAFEDERIM CONFALONTERI 3,

presso

l0

tuctio

dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANDREA MANZI giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

879/2014 della CORTE D’APPELLO

di BOLOGNA, depositata il 25/03/2014;

udienza del 16/05/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALESSANDRO PEPE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato GUIDO MARIA POTTINO;
udito l’Avvocato ANDREA MANZI;

9

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.g.n. 13812-14 (p.u. 16.5.2017)

FATTI DI CAUSA
1. Il prof. Gianni Braghieri ha proposto ricorso per cassazione
contro il prof. Enrico Lorenzini, nonché contro UnipolSai Assicurazioni
s.p.a. (in qualità di i9ncorporante per fusione la Milano Assicurazioni
s.p.a.) avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 879 del
25 marzo 2014, che ha riformato la sentenza del Tribunale di Bologna n.
2785 del 2006.

2. La vicenda traeva origine dalla domanda di risarcimento del
danno, introdotta nel marzo del 2002, dal Lorenzini per dichiarazioni
lesive del diritto all’onore e alla reputazione addebitate al Braghieri.
3.

Al ricorso, articolato in cinque motivi, ha resistito con

controricorso il Lorenzini.
4. Parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In linea preliminare il Collegio rileva che il ricorso è
inammissibile, in quanto reca un’esposizione dei fatti di causa del tutto
inidonea ad assolvere al requisito dell’art. 366 n. 3 cod. proc. civ. e che
non pone la Corte in alcun modo in grado di comprendere, sebbene
sulla base di indicazioni deduzioni sommarie, tanto il modo di essere
della vicenda in fatto che ha dato origine alla controversie, quanto il
mood in cui essa si è articolata nello svolgimento del giudizio di merito.
Queste le ragioni.
1.1. Il ricorso, a partire dalla pagina 2, rigo quinto, sotto
l’intestazione “In fatto”, si articola con la seguente struttura:

a) inizia, in modo singolare partendo dal grado di appello, con un
paragrafo n. 1. che è intestato “svolgimento del giudizio di appello” e
nel quale, peraltro, si allude solo alla proposizione dell’appello del
Lorenzini contro la sentenza di primo grado, genericamente indicando
che l’appellante chiedeva accertarsi la lesività del suo diritto all’onore e
alla reputazione di non meglio specificate “affermazioni di Guianni
Braghieri”: peraltro, l’esposizione, che finisce nella stessa pagina 2, si

9

Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 13812-14 (p.u. 16.5.2017)

conclude con la dichiarazione d’intenti di voler riassumere i fatti di
causa;
b) dalla pagina 3 sino a metà della pagina 4, è contenuto un
paragrafo 2. intestato allo “svolgimento del giudizio di primo grado”, nel
quale si allude alla proposizione della domanda da parte del Lorenzini,
ma ci si limita ad indicare le conclusioni di essa, così lasciando del tutto
non individuati i fatti storici costitutivi della domanda, mentre, per il

resto si allude genericamente alla costituzione del Braghieri, alla sua
richiesta di chiamata in causa della Milano Assicurazioni e – sempre del
tutto genericamente – all’istruzione della causa e alla precisazione delle
conclusioni, chiudendo – senza nemmeno dire alcunché sull’esito del
giudizio di primo grado – con un: “Ed ora passiamo ai fatti di causa”;
c) dalla seconda metà della pagina 4 sino al quinto rigo della pagina
successiva, sotto un paragrafo 3., intitolato “I fatti di causa” si dice del
tutto genericamente che «nel giudizio di promo grado, la

causa

petendi aveva ad oggetto il risarcimento dei danni per lesione del
diritto, personalissimo, dell’onore, dell’immagine e della reputazione del
prof. Lorenzini, nonché per perdita di cianche», per poi dire che tale
ultimo profilo sarebbe stato abbandonato in appello «anche se aiutava
a comprendere la vera ragione che aveva indotto l’appellante a citare in
giudizio il collega Braghieri», cioè che l’attore aveva opinato che le
affermazioni del Braghieri «erano state a tal punto offensive da avergli
ostacolato di fatto l’ascesa alla carica di rettore dell’Università di
Bologna»: nient’altro si aggiunge, sicché resta, in realtà, ancora del
tutto oscura ed anzi ancora più oscura, in evidente contrasto con
l’intestazione del paragrafo l’indicazione dei fatti storici posti a base
della domanda;
d) di seguito, dal sesto rigo della pagina 5 sino alle prime cinque
righe della pagina 8, sotto un paragrafo 4., intitolato “I Lorenzini”, si fa
riferimento ad una serie di fatti inerenti una vicenda accademica iniziata
nell’aprile del 1999 ed a due articoli di due quotidiani in cui il Lorenzini
aveva rilasciato dichiarazioni in proposito, ma ancora una volta, in
3
Est. Cons. Ra ele rasca

R.g.n. 13812-14 (p.u. 16.5.2017)

conclusione si omette di indicare i termini in cui la domanda era stata
proposta, cioè ci si astiene dall’indicare i fatti storici posti a base della
domanda e, in particolare in che termini i fatti cui si fa riferimento erano
stati eventualmente posti a base della domanda e della difesa del qui
ricorrente, salvo nuovamente, in modo incomprensibile, alludere
genericamente alla dismissione della perdita di

chance «di cui il

Lorenzini si era lamentato in primo grado e per la quale aveva preteso il

ristoro dei danni, e poi in appello abbandonata», adducendo, con
altrettale imperscrutabilità, che era stata rivolta contro la parte
sbagliata;
e) dal sesto rigo della pagina 8, sotto un paragrafo 5. Intestato a
“le prove testimoniali” si fa riferimento, fino al rigo 8 della pagina
successiva, alle prove testimoniali, ma, peraltro, in modo assolutamente
generico;
f) dal rigo 9 della pagina 9, sotto il paragrafo 6., intitolato a “la
mancata prova della responsabilità del prof. Braghieri”, fino alla pagina
10, si espongono, senza che si sappia alcunché, fra l’altro, delle ragioni
del decidere della sentenza di primo grado, le ragioni di pretesa
erroneità della sentenza di appello, con considerazioni basate su
riferimenti agli atti, che, in dipendenza della pregressa struttura della
esposizione e delle su segnalate omissioni e carenze risultano del tutto
incomprensibili;
g) dalla pagina 11, sotto il paragrafo 7., intestato a “la sentenza del
Tribunale di Bologna del 10 aprile 2006, depositata in data 7 dicembre
2006, n. 2785: le espressioni non offensive”, si richiamano brani della
sentenza di primo grado, ma anche in tal caso il lettore non ne
comprende la valenza ai fini dell’art. 366 n. 3 cod. proc. civ., giusta le
caratteristiche della pregressa esposizione e tenuto conto che esse
suppongono una conoscenza del fatto sostanziale e di quello
processuale che da essa non risulta assicurata;
h) in fine, sotto un paragrafo 8., riferito alla sentenza di appello qui
impugnata, dalle ultime tre righe della pagina 14 sino alla metà della
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Est. Cons. affaele Frasca

R.g.n. 13812-14 (p.u. 16.5.2017)

pagina 15, si fa generico riferimento al fatto che essa ha completamente
modificato la decisione di primo grado, sostenendo che il Braghieri
avrebbe leso l’onore del Lorenzini «attribuendogli un comportamento
non vero e dandone comunicazione durante la seduta pubblica del
senato Accademico dell’Università di Bologna», condannandolo al
risarcimento nella misura di C 50.000,00: è palese l’assoluta carenza,
pur sommaria, di indicazione delle ragioni delle decisione.

1.2. Ebbene, rileva il Collegio che la lettura delle prime 15 pagine
delle quali si è descritta la struttura e cui segue l’esposizione dei motivi,
non fornisce in alcun modo un’esposizione dei fatti sostanziali e
processuali di causa idonea allo scopo e ciò perché si omette la
preliminare individuazione dei fatti costitutivi della domanda che, per il
lettore restano non individuati se non per una evoluzione
ridimensionatrice che viene indicata con il riferimento all’abbandono
della pretesa da perdita di chance. Tale carenza rende incomprensibile
il contenuto dei vari paragrafi in cui l’esposizione si articola, sicché il
lettore non è posto in grado di percepire il fatto sostanziale e
processuale cui il ricorso si riferisce. Si ricorda al riguardo che il
requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di
inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, primo comma n.
3, cod. proc. civ., essendo considerato dalla norma come uno specifico
requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una
esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una
chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la
controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti
o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass.
sez. un. n. 11653 del 2006). Ne segue che è necessario che il ricorso
per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o
particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle
parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno
giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna
parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda
5

Est. Cons. \12.-affaele Frasca

R.g.n. 13812-14 (p.u. 16.5.2017)

processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni
essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo
grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore
della sentenza impugnata.
L’esposizione sopra riassunta non presenta tali contenuti, in
quanto, come si è detto omette di individuare i fatti storici posti a
fondamento della domanda, con omissione che inficia, anche al di là

delle stesse loro intrinseche carenze, sopra segnalate, le articolazioni
dell’esposizione.
Fra l’altro, come si è detto, nessun riferimento si fa alle ragioni
della decisione impugnata.
Il ricorso è, dunque, inammissibile per inidoneità totale
all’assolvimento del requisito dell’art. 366 n. 3 cod. proc. civ.
2. Peraltro, se fosse possibile procedere alla lettura dei motivi, si
evidenzierebbero le seguenti ulteriori considerazioni direttamente
inficianti la loro articolazione.
3.

Il primo motivo di ricorso censura la “violazione e falsa

applicazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.

e

omesso esame di un fato decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
anche in relazione all’art. 115, comma 1, c.p.c. e in relazione all’art.
116, comma 1, c.p.c.: omessa valutazione di una prova testimoniale e
dell’applicazione dell’art. 51 c.p.”.
Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 n. 6 cod. proc.
civ., atteso che fa riferimento alla testimonianza Rversi-Mocano, ma
omette di indicare il verbale della relativa assunzione e di dire dove esso
sarebbe esaminabile, omettendo, peraltro, di fare riferimento alla sua
eventuale presenza nel fascicolo d’ufficio del giudizio di appello (Cass.,
Sez. Un. n. 22726 del 2011, che ritiene tale possibilità sufficiente per
adempiere alla norma de qua ed esentare dall’osservanza dell’art. 369,
secondo comma, n. 4 cod. proc. civ.
Inoltre, non contiene alcuna attività evocativa degli artt. 115 e 116
cod. proc. civ., che non vengono citati e che, peraltro, avrebbero potuto
6
Est. Cons. kaffaele Frasca

R.g.n. 13812-14 (p.u. 16.5.2017)

denunciarsi come violati solo nei termini di cui a Cass., sedz. Un. n.
16598 del 2016.
Riguardo al n. 5 dell’art. 360 la breve esposizione non rispetta i
requisiti richiesti da Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014.
L’enunciazione della violazione dell’art. 51 è fatta come
conseguenza del positivo ed impossibile positivo scrutinio delle
pregresse censure.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa

4.

applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. congiuntamente all’omesso
esame di un fatto decisivo, in relazione all’esimente del diritto di critica.
Il motivo impinge nuovamente in violazione dell’art. 366 n. 6 cod.
proc. civ., fondandosi su una “lettura pubblica della nota del Braghieri” ,
il cui contenuto non si riproduce, mentre non si identifica l’eccezione di
cui vi sarebbe stata omessa pronuncia, identificando i termini di
deduzione.
5.

Entrambi i motivi sarebbero anche ulteriormente inammissibili,

secondo un certo orientamento, in quanto includono in un’unica censura
sia il vizio di violazione di legge che quello motivazionale, risolvendosi in
una mescolanza inscindibile delle doglianze (cfr. Cass. n. 19443 del
2011 e anche, più recentemente, Cass. n. 3554 del 2017), sicché dai
motivi così prospettati, si evince che le censure non avrebbero potuto
costituire oggetto di un autonomo motivo di ricorso, ipotesi in cui
sarebbe stato possibile procedere ad una loro distinta valutazione (cfr.
Cass. sez. un. n. 9100 del 2015).
6.

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa

applicazione di norme di diritto, in relazione all’esimente della
provocazione ex art. 599 co. 2 c.p., ma le argomentazioni, non solo
nuovamente si fondano su risultanze dell’istruzione che non sono
oggetto di indicazione specifica ai sensi dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.,
ma si traducono in una censura attinente ad un vizio motivazionale circa
la ricostruzione della quaestio facti e non in iure ed essa, in realtà,
nasconde il tentativo di criticare detta ricostruzione al di fuori di quanto
7
Est. Conk. Raffaele Frasca

R.g.n. 13812-14 (p.1.1. 16.5.2017)

possibile nei limiti del nuovo testo dell’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. (così
come interpretato dalle citate nn. 8053 e 8054 del 2014).
Attraverso codesta doglianza, il ricorrente chiede alla Corte una
nuova valutazione sullo svolgimento dei fatti di causa che smentisca
quella circostanziata dal giudice di secondo grado, con particolare
riguardo al rapporto di causalità tra la reazione del prof. Braghieri ai toni
alterati della telefonata con il prof. Lorenzini, tale da dover ritenere

sussistente l’esimente della provocazione. Una qualsiasi valutazione sul
punto si risolverebbe — ferma restando la carenza ai sensi dell’art. 366
n. 6 – in un’ingerenza del giudice di legittimità nel merito della
controversia.
Il motivo sarebbe, pertanto, inammissibile.
7. Identiche considerazioni valgono in ordine al quarto motivo di
ricorso che, censurando la violazione e falsa applicazione di norme di
diritto in relazione alla sussistenza del dolo generico nel reato di
diffamazione, in realtà ha denunciato l’erroneità del ragionamento che
ha condotto la corte d’appello a ritenere che la condotta tenuta dal
Braghieri fosse connotata da dolo generico, di per sé sufficiente ad
integrare il reato di diffamazione. Non si è trattato di una errata
sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, bensì il giudice
di secondo grado ha ritenuto di smentire le opposte conclusioni a cui era
pervenuto il tribunale. Nella specie, la corte d’appello ha dedotto dalla
“statura intellettuale” del prof. Braghieri, la circostanza che questi fosse
pienamente consapevole della potenzialità lesiva e diffamatoria di certe
espressioni, soprattutto in relazione al contesto accademico in cui
Braghieri stesso le ha diffuse e a prescindere dalla divulgazione della
notizia a mezzo stampa.
Anche il quarto motivo è, dunque, inammissibile, non senza doversi
rilevare che anch’esso si articola senza l’osservanza dell’art. 366 n. 6.
8. Il quinto e ultimo motivo di ricorso censura la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1226 c.c., in relazione alla valutazione equitativa

8
Est. Con 4. Raffaele Frasca

R.g.n. 13812-14 (p.u. 16.5.2017)

del danno non patrimoniale effettuata dal giudice di secondo grado che
ha liquidato il danno per un totale di euro 50.000,00.
Il suddetto motivo è inammissibile in quanto omette di considerare
la motivazione con cui la corte di merito ha proceduto alla liquidazione
equitativa, dato che essa non viene nemmeno contemplata, pur
articolandosi con considerazioni che partono dalle ultime undici righe

Nel caso di specie, la corte d’appello ha ritenuto che la divulgazione
di una nota contenente espressioni di per sé offensive – ma ancor di più
se calate nel contesto accademico – alle massime istituzioni
universitarie e la richiesta di solidarietà formulata dal prof. Braghieri
nella stessa nota, fossero elementi sufficienti a dare prova delle
sofferenze subite dal prof. Lorenzini in conseguenza del discredito
morale e professionale occasionato dalla vicenda. Il giudice di merito ha
dato conto del ragionamento seguito per giungere alla decisione qui
impugnata e ha liquidato il danno in misura decisamente inferiore
rispetto a quella di euro 100.000 pretesa sin dal primo grado dal prof.
Lorenzini. Il detto ragionamento avrebbe dovuto criticarsi
adeguatamente, mentre l’illustrazione del motivo si disinteressa
dell’articolazione della motivazione, donde l’inammissibilità del motivo
(Cass. Sez. Un., n. 7074 del 2017, da ultimo).
9. Il Collegio rileva che la considerazione dei motivi conferma,
altresì, se ve ne fosse bisogno il carattere esiziale dell’inidoneità del
requisito dell’art. 366 n. 3 ed anzi nemmeno i motivi, se fosse stato
possibile, consentono di superarla.
10. Il ricorso per cassazione è, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si
liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55 del 2014. Ai sensi dell’art.
13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Est. Cons. Raffaele Frasca

della pagina 11 e terminano con le prime quattro della dodici.

R.g.n. 13812-14 (p.u. 16.5.2017)

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alla
rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
euro in euro tremiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese
generali al

15%

ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13

comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza

importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Cos deciso nella pubblica udienza del 16 maggio 2017.
ns. Est.

Il Priési

dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore

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