Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27534 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 30/12/2016, (ud. 11/10/2016, dep.30/12/2016),  n. 27534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24563/2015 proposto da:

D.O., D.M.A., D.D.,

D.C., D.M., D.M.T., D.L.C.,

DU.MA., F.S., D.G., D.A.,

D.S., tutti in proprio e quali eredi di Du.Se.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PARIOLI 12, presso lo

studio dell’avvocato STUDIO POLVERINI AGACI STUDIO POLVERINI AGACI,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE BONSEGNA, giusti

mandati in calce all’atto di intervento del 27/03/2008;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA di LECCE, MILANO ASSICURAZIONI SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 716/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE del

17/10/2014, depositata il 26/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato Giuseppe Bonsegna difensore dei ricorrenti che si

riporta agli scritti.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha

depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., di seguito

trascritta, proponendo il rigetto del ricorso ai sensi dell’art. 375

c.p.c., comma 1, n. 5).

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

La Corte d’appello di Lecce con sentenza 26.2.2015 n. 716 ha rigettato l’appello proposto dagli eredi di Du.Se. rilevando che il terminale del guardrail, privo della “conchiglia”, che si era infisso nell’autoveicolo condotto dal D. sbandato ed uscito di strada per causa ignote, non aveva avuto alcuna efficienza causale nella determinazione dell’evento nel quale il conducente aveva perso la vita ed il trasportato aveva subito lesioni personali. In particolare dall’esame della perizia medico-legale (Dott. V.) esperita nel corso del procedimento penale e confermata sul punto dalla c.t.u. svolta nel corso del giudizio risarcitorio (Dott. T.) era emerso che la penetrazione nell’abitacolo della lama del guard-rail aveva cagionato al conducente soltanto superficiali lesioni lacero contuse di e dunque non aveva contribuito causalmente neppure in parte all’exitus, determinato esclusivamente dalla violenza dell’impatto del veicolo contro la struttura del guard-rail con conseguente frattura del rachide cervicale e sfondamento dello sterno.

I ricorrenti impugnano, ritualmente, la sentenza con un unico motivo deducendo vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in punto di accertamento del concorso causale, sostenendo che il Giudice di appello non aveva considerato il rilievo formulato dal CTU secondo cui “la presenza della conchiglia… avrebbe comportato, molto probabilmente, il rimbalzo sulla struttura di protezione e al deviazione della traiettoria dell’auto in tal modo l’energia cinetica dell’urto e soprattutto la decelerazione sarebbero stati di assai minore entità. Allo stesso modo meno gravi sarebbero state le lesioni da trauma diretto, causa dello sfondamento toracico ed anche quelle al rachide cervicale per trauma indiretto…”

– Non hanno svolto difese gli intimati, cui è stato ritualmente notificato il ricorso in data 16.10.2015.

si osserva quanto segue:

Occorre premettere che, alla presente controversia, trova applicazione la norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”), che ha sostituito dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (con riferimento alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pubblicate

successivamente alla data dell’11 settembre 2012). Il controllo del vizio di legittimità (fino ad allora esteso anche al processo logico argomentativo fondato sulla valutazione dei fatti allegati assunti come determinanti in esito al giudizio di selezione e prevalenza probatoria, potendo essere censurata la motivazione della sentenza, oltre che per “omessa” considerazione di un fatto controverso e decisivo dimostrato in giudizio, anche per “insufficienza” e per “contraddittorietà” della argomentazione) rimane, pertanto, circoscritto alla verifica del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte formatasi in materia di ricorso straordinario – secondo cui tale requisito minimo non risulta soddisfatto esclusivamente qualora ricorrano quelle stesse ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si risolvono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità. Al di fuori delle ipotesi indicate (attinenti alla “esistenza” del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale) residua ormai soltanto l’omesso esame di un “fatto storico” (principale o secondario) controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia “decisivo” ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo giustificativo della decisione adottata sulla base di elementi fattuali acquisiti al rilevante probatorio ritenuti dal Giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (cfr. Corte Cass. SS.UU. in data 7.4.2014 n. 8053; id. Sez. 3, Sentenza n. 11892 de/ 10/06/2016).

Ne segue che la censura di vizio di motivazione deve essere veicolata dai seguenti elementi indefettibili:

– individuazione di un “fatto storico” – ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, ritualmente accertato mediante verifica probatoria – che abbia costituito oggetto di discussione in contraddittorio tra le parti;

– incidenza di tale fatto su uno o più degli elementi costitutivi della fattispecie normativa disciplinatrice del diritto controverso, rivestendo quindi carattere di decisività ai fini della decisione di merito;

– “omesso esame” di tale fatto da parte del Giudice di merito, inteso come mancata rilevazione ed apprezzamento del dato probatorio tale da tradursi in una carenza argomentativa inficiante la relazione di dipendenza logica tra le premesse in fatto e la soluzione in diritto adottata dal Giudice, che deve essere evidenziata dallo stesso testo motivazionale (come ad es. nel caso in cui il Giudice formuli la “regula juris” del rapporto controverso omettendo, a monte, di considerare la prova acquisita al giudizio – di uno degli elementi costituivi della fattispecie, ovvero di un fatto incompatibile con la realizzazione della fattispecie, che sia stato oggetto di verifica probatoria: cfr. Corte Cass. Sez. L, Sentenza n. 15205 del 03/07/2014) rendendo per conseguenza l’argomentazione priva del pur minimo significato giustificativo della decisione e dunque affetta da invalidità.

Rimane dunque estranea al predetto vizio di legittimità qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il Giudice si è formato, ex art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio, valutando la maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, ed operando quindi il conseguente giudizio di prevalenza (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016 che, icasticamente, afferma come il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non essendo, pertanto, censurabile con il vizio in questione errori attinenti alla individuazione di “questioni” o le “argomentazioni” relative all’esercizio del potere discrezionale di apprezzamento delle prove (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21152 del 08/10/2014), risultando in ogni caso precluso nel giudizio di cassazione l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori (cfr. Corte Cass. Sez. L, Sentenza n. 21439 del 21/10/2015).

Tanto premesso la sentenza d’appello:

a) ha esaminato espressamente la questione nuovamente prospettata dagli attuali ricorrenti rilevando che gli studi tecnici condotti dall’Ing. De. (versati in giudizio dalla compagnia assicurativa) non escludevano “l’effetto lancia” del terminale del guard-rail, quando anche munito di conchiglia, non essendo idonea tale protezione ad impedire, in caso di violento impatto, la penetrazione della lama nell’autovettura. Il CTU Dott. T. aveva osservato che detto fenomeno era collegato alla modalità di impatto che avrebbe dovuto avvenire in senso ortogonale;

b) ha ritenuto, alla stregua degli accertamenti tecnici, che il veicolo, tenuto conto dello sbandamento e del tratto curvilineo sinistrorso si fosse presentato al momento dell’impatto “in posizione tendenzialmente frontale” rispetto al terminale del guard-rail, come riscontrato anche dalla penetrazione della lama “con percorso quasi parallelo” all’abitacolo.

c) è pervenuta quindi alla conclusione che, data la estrema violenza dell’urto e la posizione assunta dalla vettura, la presenza della conchiglia non avrebbe potuto produrre l’effetto “rimbalzo”: al riguardo la circostanza indicata dai ricorrenti secondo cui dalla ricostruzione cinematica del sinistro (CTU geom. N.) emergeva un angolo di impatto di circa 45^, non individuava un elemento di fatto decisivo, laddove il Giudice di merito, rilevata anche la distinta competenza professionale del CTU medico-legale (rispetto alle cognizioni tecniche proprie di un fisico, di un geometra o di un ingegnere), ha ritenuto non categorica la espressione dell’ausiliario in ordine alla posizione ortogonale del veicolo rispetto al terminale di protezione, attribuendo alla elevata velocità del mezzo ed al carattere comunque “frontale” (tra la parte anteriore del veicolo e la punta terminale del guard-rail) dell’urto, l’elemento causale determinativo dell’evento letale.

Gli indicati elementi di valutazione, posti a sostegno dell’argomentazione che fonda la decisione, pervengono a soddisfare al “minimo costituzionale” del requisito motivazionale della sentenza, e la censura mossa dalla parte ricorrente, volta a fornire una diversa prospettiva di valutazione del complesso probatorio già compiutamente esaminato dalla Corte d’appello, viene a risolversi sul piano della logica delle ipotesi alternative che, se per un verso, non smentiscono la differente ricostruzione dei fatti adottata dal Giudice di merito, dall’altro attengono al più alla “insufficienza” del discorso argomentativo, non integrante il vizio di legittimità come definito dal nuovo paradigma normativo, come puntualizzato da questa Corte Cass. SS.UU. 22.9.2014 n. 19881 – secondo cui “Il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’art. 360 c.p.c., concerne, invece, l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti” (cfr. in motivazione, paragr. 4.7).

La Corte, riunita in camera di consiglio, ha condiviso i motivi di diritto esposti nella relazione, non inficiati dal contenuto della memoria presentata, e la soluzione proposta.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato, non occorrendo provvedere in ordine alle spese del giudizio, non avendo svolto difese gli intimati.

Sussistono i presupposti per l’applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 7, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte Cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso.

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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