Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27530 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 28/10/2019), n.27530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22625-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del

Procuratore speciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GENNARO DI MAGGIO;

– ricorrente –

contro

D.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

ROSA ANNA MARIA SACCOMANNO, GIACOMO FRANCESCO SACCOMANNO;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 64/2018 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 13/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa LEONE

MARGHERITA MARIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte di appello di Reggio Calabria con la sentenza n. 64/2018, confermava, per quel che in questa sede rileva, la decisione con la quale il tribunale di Palmi aveva dichiarato l’intervenuta prescrizione del credito di cui agli estratti di ruolo e cartelle impugnati da D.F..

La corte territoriale aveva ritenuto che, in applicazione del principio sancito dalla sentenza delle sezioni Unite n. 23397/2016, la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento determina la decadenza dall’impugnazione producendo la irretrattabilità del credito, ma non anche la conversione del termine di conversione breve di cinque anni, proprio dei crediti contributivi, nel termine decennale.

In ragione di tale principio, non essendo intervenuti atti interruttivi ed essendo decorso il richiamato termine quinquennale, rigettava il ricorso. Avverso detta decisione l’Agenzia delle Entrate Riscossione proponeva ricorso affidato ad un motivo, cui resisteva con controricorso il D. anche depositando successiva memoria.

L’Inps rimaneva intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con unico motivo è dedotta la violazione e o falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., L. n. 335 del 1995, art. 3 commi 9 e 10 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.).

Il motivo censura la decisione di intervenuta prescrizione del credito che la corte territoriale ha fondato sulla decisione delle Sezioni Unite n. 23397/2016. A riguardo deduce parte ricorrente che quella decisione affronta solo il problema della applicabilità dell’art. 2953 c.c. e quindi della prescrizione decennale applicabile solo in caso di sentenze passate in giudicato, decreti ingiuntivi non opposti e non invece altri titoli aventi natura esecutiva, quale quello in esame.

Il motivo è infondato proprio alla luce di quanto affermato da questa Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 23397/201, secondo cui ” La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 333 del 1993, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2933 c. c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di “giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).”. Le argomentazioni di cui al ricorso non valgono a scalfire le ragioni di cui alla motivazione della pronuncia n. 23397/2016 (qui da intendersi richiamata anche ai sensi dell’art. 118 c.p.c., comma 1) e che ha trovato conferma in innumerevoli successive pronunce (da ultimo Cass. n. 23418 del 27 settembre 2018 e per tutte). Peraltro vale ricordare che l’affidamento in riscossione, ai sensi di legge e secondo le modalità previste per le imposte dirette (L. n. 576 del 1980, art. 18, comma 5, seconda parte, in relazione al D.P.R. n. 602 del 1973) comporta, per un verso, la preposizione del concessionario quale adiectus solutionis causa (art. 1188 c.c.) e per altro verso assume i contenuti propri del mandato, con rappresentanza ex lege, a compiere quanto necessario perchè il pagamento possa avvenire, in forma spontanea, oppure anche a dare corso alle azioni esecutive secondo la disciplina propria dell’esecuzione forzata speciale (Cass. n. 27218 del 26 ottobre 2018) e non certo una novazione soggettiva dell’originaria obbligazione.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile trattandosi di ricorso vertente su questioni sulle quali esiste un orientamento consolidato della Corte rispetto al quale non sussistono ragioni per discostarsi (Cass.n. 7155/2017; conf. Cass.n. 4366/2018).

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti del controricorrente D. liquidate in E. 2.000,00 per compensi ed E. 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti dell’Inps.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 28 ottobre 2019

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