Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27530 del 02/12/2020

Cassazione civile sez. II, 02/12/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 02/12/2020), n.27530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23101/2019 proposto da:

S.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA

COLONNA, 27, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GRANATI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, QUESTURA DI ROMA IN PERSONA DEL QUESTORE PRO TEMPORE;

– intimati –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositato il

01/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. Il Giudice di pace di Roma, con decreto depositato l’1 giugno 2019, pronunciava convalida “del provvedimento della misura alternativa al trattenimento (consegna del passaporto e obbligo di presentazione presso la Questura di Roma) per il tempo strettamente necessario alla rimozione degli impedimenti per l’accompagnamento alla frontiera”, provvedimento adottato, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 1-bis, dal Questore di Roma nei confronti di S.M.C..

2. Contro il decreto ricorre per cassazione S.M.C..

Gli intimati, il Ministero dell’interno e la Questura di Roma, non hanno proposto difese.

La ricorrente ha depositato memoria, in cui precisa che in data 30 maggio 2019 la Polizia giudiziaria le aveva notificato il provvedimento del Questore, che conteneva la richiesta al Giudice di pace di pronunciarsi sulla convalida entro le quarantotto ore dall’adozione del provvedimento, ma che non le è stata data “comunicazione della data dell’udienza di convalida”.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo contesta “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, commi 1-bis e 4 e successive modifiche; violazione degli artt. 13,24 e 111 Cost.”: il Giudice di pace, nell’emettere il decreto di convalida, non ha considerato quanto è prescritto del richiamato art. 14, comma 4, ovvero che “l’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito; l’interessato è anch’esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene udienza”; nel caso in esame non vi è invece stata la notificazione del decreto di fissazione dell’udienza di convalida all’interessata, che così non ha potuto essere presente all’udienza, con evidente compromissione del suo diritto di difesa.

Il motivo non può essere accolto. La Corte costituzionale ha infatti dichiarato, con la pronuncia n. 280/2019, l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 1-bis, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida della misura dell’obbligo di presentazione all’ufficio della forza pubblica territorialmente competente “si svolga in udienza con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato, eventualmente nominato d’ufficio”. La disposizione – ha precisato il giudice delle leggi – delinea “un procedimento alternativo rispetto alla celebrazione dell’udienza di convalida alla presenza del difensore, che è invece espressamente prevista per le misure – più severamente incidenti sulla libertà personale – del trattenimento in un CPR e dell’accompagnamento alla frontiera rispettivamente dall’art. 14, comma 4 e art. 13, comma 5-bis, t.u. Immigrazione”; è infatti “inequivocabile la volontà del legislatore di prevedere due distinte forme di convalida, l’una con svolgimento dell’udienza (in relazione al trattenimento e all’accompagnamento coattivo alla frontiera), l’altra con contraddittorio solo cartolare (in relazione alle misure della consegna del passaporto, dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di firma)”. D’altro canto, ha affermato la Corte costituzionale, la più limitata incidenza sulla libertà personale delle misure c.d. alternative induce a ritenere – sulla scorta della sentenza n. 144 del 1997 – non incompatibile con l’art. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2, il procedimento disegnato dal coma 1-bis del citato art. 14, che “prevede un contraddittorio meramente eventuale e cartolare; ciò anche in ragione del delimitato oggetto del giudizio di convalida, ove il giudice di pace è chiamato a verificare unicamente la sussistenza dei presupposti di adozione della misura e l’esistenza di un provvedimento di espulsione dotato di efficacia esecutiva, con il solo limite dell’eventuale “manifesta illegittimità” di quest’ultimo e dell’eventuale sussistenza di ragioni ostative all’espulsione”.

b) Il secondo motivo denuncia “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 6, violazione degli artt. 24 e 111 Cost.” per non essere stato il decreto di convalida del Giudice di pace notificato nè alla parte personalmente nè al suo difensore di ufficio, che è venuto a conoscenza dell’emissione del provvedimento solo a seguito di un controllo effettuato telematicamente.

Il motivo non può essere accolto. La ricorrente lamenta come, a causa della mancata notificazione del decreto, sarebbe stato compromesso il suo diritto di difesa in quanto nel provvedimento che ha disposto le misure alternative è previsto che “avverso il decreto di convalida del presente provvedimento può essere presentato ricorso per cassazione entro sessanta giorni dalla relativa notifica”.

Premesso che, appunto, perchè il termine c.d. breve di sessanta giorni per proporre ricorso a questa Corte possa decorrere è necessario che il decreto venga notificato alla parte, nel caso in esame la ricorrente ha proposto ricorso entro sessanta giorni dal deposito del provvedimento, così che non vi è stata lesione alcuna del suo diritto all’impugnazione e il motivo, volto a censurare l’attività del giudice senza muovere censure diverse da quella dell’omessa notificazione, è inammissibile per carenza di interesse, sulla base dell’orientamento di questa Corte secondo cui “i vizi dell’attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato error in procedendo” (così, ex multis, Cass. 2626/2018).

2. Il ricorso va quindi rigettato.

Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2020

 

 

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