Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27526 del 10/12/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 27526 Anno 2013
Presidente: TRIFONE FRANCESCO
Relatore: CHIARINI MARIA MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso 2851-2008 proposto da:
BASILE COSIMO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato
BOGGIA MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato
MAZZIA NICOLA giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1518

contro

DE FLORIO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DI DONNA OLIMPIA 134, presso lo studio
dell’avvocato IZZO NUNZIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PARISI CIRO giusta

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Data pubblicazione: 10/12/2013

delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 294/2007 della CORTE D’APPELLO
DI LECCE SEZ.DIST. DI TARANTO, depositata il
05/11/2007 R.G.N. 81/2007;

udienza del 27/06/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
MARGHERITA CHIARINI;
udito l’Avvocato CATERINA MELE per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 26 ottobre 2005 Francesco De Florio,
che nella dichiarata qualità di amministratore dei germani De
Florio aveva concesso in locazione, in data 10 settembre 1994,
per dodici anni un locale ad uso commerciale a Cosimo Basile

finita locazione alla scadenza del 10 settembre 2006 e lo
conveniva per la convalida innanzi al Tribunale della stessa
città.
L’intimato si opponeva alla convalidazione della licenza
sfratto deducendo che:
a) Francesco De Florio non era legittimato all’azione, non
avendo egli fornito la prova né della sua qualità di
amministratore dell’immobile in comunione, né dell’adesione dei
germani comproprietari all’intimata licenza;
b)

il contratto era stato disdetto per la data del 10

settembre 2006 mediante lettera raccomandata che, a causa dell’

l’immobile sito in Taranto, intimava al conduttore licenza per

,-,-

assenza del destinatario, in data 10 settembre 2005 era stato )2;
depositato presso l’ ufficio postale, ove era rimasto in
giacenza fino al 10 ottobre 2005, sì che la disdetta era tardiva
e conseguentemente il rapporto si era ulteriormente rinnovato a
decorrere dal 10 settembre 2006;
c) la scadenza effettiva del rapporto non era quella indicata.
Reietta la istanza di emissione dell’ordinanza interinale di
rilascio ex art. 665 cod. proc. civ., il giudizio proseguiva per
il merito ed il Tribunale adito, con sentenza n. 166 del 13

dicembre 2006, in accoglimento della domanda di Francesco De
Florio, condannava Cosimo Basile alla restituzione
dell’immobile locato ed al pagamento delle spese processuali,
fissando per il rilascio la data del 23 febbraio 2007.
Sull’impugnazione di Cosimo Basile decideva la Corte

che rigettava il gravame e condannava l’appellante alle maggiori
spese.
I giudici dell’appello ritenevano che Francesco De Florio
era attivamente legittimato all’azione di risoluzione della
locazione del bene comune sia perché ciascuno dei comproprietari
può agire in giudizio a tutela del bene comune, sia perché lo
stesso aveva agito anche nella duplice veste di rappresentante
ed amministratore degli altri germani comproprietari
dell’immobile concesso in godimento.
Rilevavano, inoltre, che la disdetta era stata ritualmente
comunicata al conduttore nei termini, giacché, trattandosi di
atto recettizio che si presume conosciuto quando esso perviene
all’indirizzo del destinatario, nella specie – in cui la lettera
raccomandata non era stata consegnata per l’assenza del
destinatario tale momento doveva coincidere con quello
dell’avviso di giacenza del plico, avvenuto il 9 settembre 1995
e quindi la disdetta era tempestiva.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Cosimo
Basile, che ha affidato l’impugnazione a tre motivi, ciascuno

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d’appello di Lecce con sentenza pubblicata il 5 novembre 2007,

assistito dal relativo quesito di diritto ex art. 366 bis cod.
proc. civ., norma applicabile ratione temporis.
Ha resistito con controricorso Francesco De Florio.
Il ricorrente ha presentato memoria.
Motivi della decisione

relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e la
falsa applicazione degli artt. 1105 cod. civ. e 75 e 77 cod.
proc. civ. – il ricorrente, riproponendo l’eccezione di difetto
di legittimazione all’azione in capo a Francesco De Florio,
assume che costui, non avendo mai dichiarato di agire anche in
proprio o nel proprio interesse, e neppure quale
comproprietario, avrebbe dovuto offrire la prova della
dichiarata sua qualità di amministratore dei germani e dei suoi
poteri di rappresentanza, dato che nella comunione nessuna norma
conferisce all’amministratore della stessa la rappresentanza
processuale, a differenza di quel che avviene, ai sensi
dell’art. 1131 cod. civ. per l’amministratore del condominio.
Il motivo d’impugnazione è corredato dalla formulazione del
seguente quesito di diritto:
“Se possa sussistere la legittimazione ad agire in capo a
colui che si dichiari amministratore di una comunione e non
fornisca la prova, in caso di contestazione, della sua qualità
di amministratore e di essere stato autorizzato alla
proposizione dell’azione giudiziaria che gli abbia conferito la
cd. rappresentanza processuale della comunione”.

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l.- Con il primo mezzo di doglianza – deducendo, in

Il motivo è infondato.
Ed Infatti la Corte di merito si è conformata al principio
secondo il quale, in difetto di prova contraria, sugli immobili
oggetto di comunione concorrono pari poteri gestori di tutti i
comproprietari, in virtù della presunzione che ciascuno di essi

comunista è legittimato sia ad agire per il rilascio del bene
comune, sia, a maggior ragione, a manifestare prima di detta
azione, la volontà di recedere dal contratto, mentre l’eventuale
mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti
interni fra i comproprietari e non può essere eccepita
parte conduttrice (ex multis Cass. 3725 del 1996, 6427 del 2009,
5077 del 2010).
2.- Con il secondo motivo d’impugnazione – deducendo, in
relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e la
falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1334 e 1335

operi con il consenso degli altri, con la conseguenza che ogni

cod. civ. e 28, primo comma, della legge n. 392 del 1978 – il Os
ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui il
giudice del merito ha ritenuto che fosse stata tempestivamente
intimata dal locatore la disdetta del contratto, giacché nella
specie la disdetta, atto unilaterale negoziale recettizio,
doveva ritenersi pervenuta e conosciuta dal conduttore

nel

momento in cui, essendosi avvalso il disdettante del mezzo della
lettera

raccomandata

non

consegnata

per

l’assenza

del

destinatario, a costui era stato dato l’avviso di giacenza del
plico.

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Sostiene a tal fine il ricorrente Cosimo Basile che, per il caso
di mancato recapito della raccomandata per la temporanea assenza
del destinatario, la presunzione di conoscenza opera dal
momento in cui l’atto è ritirato presso l’ufficio postale, ove è
stato depositato in giacenza, ovvero dal momento in cui siasi

anteriore, in cui al destinatario è stato dato il prescritto
avviso di giacenza e conclude con il seguente quesito di
diritto: “Se la disdetta del contratto di locazione inviata a
mezzo lettera raccomandata, in caso di mancato recapito della
stessa per temporanea assenza del destinatario, possa dirsi
conosciuta da quest’ ultimo, ai sensi dell’ art. 1335 c.c. nel
momento in cui sia stata ritirata presso l’ ufficio postale ove
è stata depositata in giacenza, ovvero nel momento in cui sia
compiuto il periodo di giacenza, ovvero ancora, nel momento in
cui la stessa sia stata effettivamente depositata presso
l’ufficio postale ai fini della giacenza”.
Il motivo è infondato.
La disdetta del contratto ha lo scopo di impedire la

/

compiuto il periodo di giacenza, ma non certo dal momento,

prosecuzione del rapporto e costituisce un atto negoziale e
recettizio, disciplinato dagli artt. 1334-1335, cod.civ., che si
presume conosciuto dal destinatario nel momento in cui è
recapitato al suo indirizzo e non nel diverso momento in cui ne
prende effettiva conoscenza. Infatti la prova che il dichiarante
deve fornire è che l’ atto è pervenuto nella sfera di
conoscibilità del destinatario, la cui tutela è salvaguardata

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tt

dalla facoltà di provare di esser stato impossibilitato, non per
sua colpa, ad averne notizia. Pertanto, poiché se le parti
abbiano pattuito un termine di durata del contratto superiore a
quello minimo di legge (nella specie, dodici anni), il locatore,
per evitare il rinnovo tacito del contratto alla prima scadenza

disdetta contenente il diniego motivato di rinnovazione con
raccomandata almeno dodici mesi prima della suddetta scadenza,
secondo quanto previsto dagli artt. 28 e 29 della legge 27
luglio 1978, n. 392 (Cass. 23553 del 2009), qualora la
raccomandata non sia consegnata al destinatario per la sua
temporanea assenza, il procedimento di consegna dell’ atto in
cui è contenuta si conclude nella data dell’ arrivo al suo
indirizzo e del rilascio del relativo avviso di giacenza del
plico presso l’ufficio postale, e non da quello del successivo
ritiro di esso (ex multis Cass. del 1996 n. 8399, 1997 n. 2847 e
12866, 6527 del 2003), stante l’ idoneità del mezzo usato a
presumere la cognizione dell’ atto. Peraltro una diversa
interpretazione aggraverebbe ulteriormente gli oneri, temporali
e formali, a cui la legge già assoggetta l’ esercizio del
diritto di diniego di rinnovo del disdettante, che dovrebbe
calcolare in anticipo non soltanto i rischi del ritardo postale,
ma anche dell’ assenza del destinatario e del successivo tempo
necessario alla cognizione dell’ atto o al compimento della sua
giacenza all’ ufficio postale, rendendogli perciò incerto
l’esercizio in concreto del diritto che la legge gli garantisce,

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superiore al sessennio, è onerato a comunicare al conduttore la

e senza che sussistano le stesse esigenze di tutela del
destinatario in materia di notifica di atti giudiziari a mezzo
del servizio postale che, a decorrere dalla pronuncia a Sezioni
Unite del 1996 n. 1729 e con successivi interventi della Corte
Costituzionale – da ultimo del 2010 n. 3 – hanno sancito il

applicabile agli atti sostanziali (Cass. n. 9841 del 2010, 15671
del 2011, 9303 del 2012).
Pertanto, affermato il seguente principio di diritto

“In

tema di locazione di immobile urbano, la disdetta intimata dal
L

locatore, che allo scopo si sia avvalso del servizio postale e
del mezzo della lettera raccomandata, non consegnata al
conduttore destinatario per l’ assenza sua e delle persone
abilitate a riceverla, si presume pervenuta alla data in cui è
rilasciato il relativo avviso di giacenza presso l’ ufficio
postale, restando irrilevante ai fini della tempestività della
disdetta, rispetto al termine legale o convenzionale, sia il
periodo legale del compimento della giacenza, sia quello
intercorso tra l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da
parte del destinatario”,

il decisum della Corte d’Appello di

Lecce è giuridicamente corretto e la censura va respinta.
3.- Con il terzo motivo il ricorrente deduce: “Violazione e
falsa applicazione dell’ art. 2963 c.c., dell’ art. 155 c.p.c. e
dell’ art. 28, primo comma della legge 27 luglio n. 392, in
relazione all’ art. 360 n. 3 c.p.c.”, e conclude con il seguente
quesito di diritto “se ai fini della tempestività della disdetta

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c.d. principio di scissione tra notificante e notificato, non

di un contratto di locazione, debba tenersi conto, quale termine
iniziale del computo, del giorno della scadenza contrattuale,
ovvero se il termine a ritroso entro il quale intimare la
disdetta debba iniziare a decorrere dal giorno antecedente a
detta scadenza”.

estraneo al thema deciso dalla sentenza impugnata, è infondato.
Il termine in questione – dodici mesi prima della scadenza,
secondo quanto previsto dagli artt. 28 e 29 della legge 27
luglio 1978, n. 392 – rientra tra quelli cd. “a ritroso”, nei
quali, cioè, la legge assume come giorno di partenza non quello
che si suole indicare come il “dies a quo”, ma il “dies ad
quem”, a cominciare dal quale il termine si fa decorrere
all’indietro e, in quanto termine sostanziale “a mesi”, non si
sottrae alla regola dell’art. 2963 4° comma c.c. (la quale,
sebbene dettata in tema di prescrizione estintiva, costituisce
un criterio generale per il computo del tempo, anche in tema di
termini, come il presente, di decadenza) e dunque si consuma
“nel mese di scadenza e nel giorno di questo corrispondente al

Il motivo, pur volendolo ritenere ammissibile benché

giorno del mese iniziale”, secondo il sistema della computazione
civile, non “ex numeratione” ma “ex nominatione dierum”. Tale
regola, valida nell’ordinario caso del termine “in avanti”, si
applica anche nell’ipotesi di un termine a mesi “a ritroso”,
con l’unica differenza che quello che normalmente è il giorno di
partenza diventa il punto di arrivo. Per conseguenza, essendo
indubitabile che, secondo il calendario comune, in un ordinario

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termine a mesi, dodici mesi, dal 9 settembre 2005, scadono il 9
settembre 2006 (ultimo giorno, supposto non festivo, interamente
utile), altrettanto certo è che, invertendo il computo, dodici
mesi, a ritroso, dal 9 settembre 2006, 5 scadono il 9 settembre
2005, che perciò sarà interamente a disposizione per il

A conferma dell’indicato computo, si può ricordare che, nel
fissare il termine per la disdetta, la legge si preoccupa che,
dal momento in cui la disdetta è comunicata, decorrano almeno
dodici mesi di preavviso: e non c’è dubbio che, secondo il
calendario comune, esattamente dodici mesi decorrono dal 9
settembre 2005 al 9 settembre 2006.
Il ragionamento del ricorrente estende erroneamente ai termini a (7′
mesi le regole proprie dei termini a giorni. Invero il principio
generale per cui “dies a quo non computatur, dies ad quem
computatur in termino”, posto congiuntamente dall’art. 2963 2°
comma c.c. e 155 l° comma c.p.c. (derogato solo nei casi
. tassativi dei termini, a giorni, cd. liberi, in cui non si
computa ne’ il “dies a quo” ne’ il “dies ad quem”), è stato sì

compimento dell’atto.

applicato dalla giurisprudenza anche ai termini “a ritroso”, ma
solo a quelli a giorni, alla stregua peraltro della testuale
disposizione del l° comma dell’art. 155 c.p.c., secondo cui “nel
computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o
l’ora iniziali (Cass. 9701 del 1997, in motivazione).
E poiché il contratto è stato stipulato, per la durata di
dodici anni, il 10 settembre 1994, la disdetta il cui avviso di

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/ri

giacenza della raccomandata è stato lasciato il 9 settembre
2006, è tempestiva.
4.- Concludendo il ricorso va respinto.

Le spese giudiziali seguono la soccombenza e si liquidano
come da dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a pagare
euro 3.500 per le spese del giudizio di cassazione di cui euro
3.300 per onorari, oltre accessori di legge.
Roma, 27 giugno 2013
Il Consigliere est.
Il Presidente

/144.41/ 1.12 411444–

P.Q.M.

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