Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27523 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 28/10/2019), n.27523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16013-2016 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI

DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI

STEFANI, rappresentata e difesa dall’avvocato ACCURSIO GALLO;

– ricorrente –

contro

R.S.;

– intimato –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE, DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1442/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 18/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’Appello di Palermo, a conferma della pronuncia resa in prime cure dal Tribunale, ha rigettato l’appello proposto da Riscossione Sicilia S.p.a. – Agente della riscossione per la provincia di Palermo nei confronti di R.M. e dell’INPS, accertando prescritto il credito previdenziale vantato nei confronti di quest’ultimo, essendo trascorsi più di cinque anni fra la notifica delle cartelle di pagamento che avevano dato origine al giudizio e la notifica dell’intimazione di pagamento;

in particolare, la Corte territoriale ha rilevato l’inammissibilità della prova documentale cui la ricorrente attribuiva il rilievo di atto interruttivo della prescrizione (avviso d’intimazione del 6/01/2005), in quanto prodotta per la prima volta nel giudizio d’appello senza che l’appellante avesse esplicitato le ragioni che ne avevano impedito la tempestiva produzione e allegazione sin dal primo grado di giudizio;

quanto al termine di prescrizione della cartella di pagamento non opposta, la Corte d’appello ha ritenuto che l’eccezione di sopravvenuta prescrizione, proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c. debba essere valutata secondo il disposto di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, che prevede, per i crediti di natura previdenziale il termine di prescrizione quinquennale salvo che l’ente creditore non abbia dimostrato di avere compiuto atti interruttivi nel quinquennio, il che ha escluso nel caso in esame;

la cassazione della sentenza è domandata da Riscossione Sicilia S.p.a. sulla base di due motivi; R.S. e l’Inps, in proprio e quale mandatario speciale della S.C.C.I. S.p.a., sono rimasti intimati;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente contesta “Nullità della sentenza e/o del procedimento per error in procedendo per violazione o falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c.”;

la ricorrente censura la mancata ammissione della notifica dell’avviso di intimazione del 6 gennaio 2005 per la prima volta in grado di appello, attesa la “speciale efficacia dimostrativa” che la notifica ricopre ai fini dell’interruzione della prescrizione e, quindi, del rigetto dell’eccezione di prescrizione (la cartella era stata notificata il 31 maggio 2001 e l’intimazione di pagamento era stata notificata il 12 maggio 2010); sollecita il potere di cognizione di questa Corte sul “fatto processuale” costituente nella mancata ammissione di una prova da parte del giudice del merito quale error in procedendo;

con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente contesta ” Violazione e falsa applicazione degli artt. 2953 e 2946 c.c., della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, dell’art. 1219 c.c.”;

la sentenza impugnata avrebbe disatteso il termine di quaranta giorni per l’opposizione a cartella di pagamento, la cui perentorietà determinerebbe che, il credito previdenziale non opposto non sarebbe più contestabile dal debitore e l’atto diverrebbe definitivo e inoppugnabile per intervenuto giudicato; l’azione diretta all’esecuzione del titolo definitivamente formatosi sarebbe soggetta perciò al termine ordinario decennale di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c.;

il primo motivo è palesemente infondato;

la Corte territoriale, con motivazione esente da vizi, ha accertato che quanto all’atto cui parte ricorrente attribuiva il valore interruttivo della prescrizione, lo stesso era nella disponibilità della parte sin dal giudizio di primo grado dove non era stato prodotto, nè l’Agenzia di Riscossione si era peritata di motivare le ragioni della sua mancata produzione e allegazione;

la Corte territoriale ha compiuto tale accertamento di fatto non senza essersi richiamata al costante orientamento giurisprudenza di legittimità, per il quale “L’omessa indicazione, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l’omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto determina la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione e dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione” (Sez. Un. 8202 del 2005; conf. da Cass. n. 14820 del 2015); la Corte d’Appello, attraverso il richiamo a tale principio di diritto ha, dunque rilevato che nel caso di specie nessuna di queste ultime condizioni si era realizzata e, pertanto ha legittimamente ritenuto che la produzione documentale in oggetto non fosse ammissibile per la prima volta nel secondo grado di giudizio;

il secondo motivo è infondato;

la questione dell’efficacia dei titoli di riscossione coattiva in materia previdenziale è stata oggetto di approfondita trattazione da parte di questa Corte, la quale, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, ha in particolare statuito che “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010)”;

in definitiva, col secondo motivo la ricorrente non introduce elementi che inducano a discostarsi dal principio di diritto sopra richiamato;

non meritando i motivi accoglimento, il ricorso va rigettato; non si provvede sulle spese del presente giudizio in assenza di attività difensiva da parte degli intimati;

in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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