Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27519 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 30/12/2016, (ud. 09/11/2016, dep.30/12/2016),  n. 27519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21260-2012 proposto da:

D.P.G. C.F. (OMISSIS), D.P.E. (OMISSIS),

D.P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DI VILLA

GRAZIOLI N.20, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIA DE NIGRIS

(BVR&PARTNERS), rappresentati e difesi dall’avvocato FILOMENA

ALAIA;

– ricorrenti –

contro

R.A., R.O., R.V., R.R., R.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE LUIGI 35/B, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA BANDINI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIOVANNI GALLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 126/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 03/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Rosa Mercone con delega depositata in udienza

dell’Avv. Alaia Filomena difensore dei ricorrenti che si riporta;

udito l’Avv. Andrea Bandini con delega depositata in udienza

dell’Avv. Gallo Giovanni difensore dei controricorrenti che si

riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.M., con atto di citazione dell’1 ottobre 1994, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Salerno la sig.ra B.C., chiedendo che venisse rideterminata l’esatta linea di confine, apponendo anche i termini, tra la proprietà dell’istante e quella della convenuta insistenti entrambe nell’intero fondo (OMISSIS) e all’esito della disponendo consulenza, venisse ordinato il rilascio in favore dell’istante di quella spazialità, eventualmente, posseduta dalla convenuta.

Si costituiva la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda dell’attrice e proponendo domanda riconvenzionale, chiedendo che venisse dichiarata l’intervenuta usucapione in proprio favore della parte di terreno che l’attrice assumeva di essere di sua proprietà.

Il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 3406 del 2006, rigettava l’azionata rivendicazione di parte attrice, determinava la linea di confine trai fondi di proprietà delle parti in causa, accoglieva, per quanto di ragione la domanda di ripristino dello stato dei luoghi, condannando i convenuti a ripristinare lo stato dei luoghi, rigettava la domanda riconvenzionale della convenuta.

La Corte di Appello di Salerno, pronunciandosi su appello proposto dagli eredi di V.M., i sigg. R. ( O., R., A., G., e V.), i quali citavano gli eredi di B.C. i sigg. D.P. ( G., A. ed E., quest’ultimo anche in proprio), i quali insistevano, ancora, sulla domanda riconvenzionale di usucapione con sentenza n. 126 del 2012, accoglieva parzialmente l’appello principale e, per l’effetto, dichiarava il difetto di legittimazione di entrambe le parti rispetto alla proposta azione di regolamento di confine, rigettava l’appello incidentale e confermava per il resto la sentenza impugnata, compensava le spese del secondo grado del giudizio. Secondo la Corte di Salerno l’azione proposta dall’attrice andava qualificata quale azione di regolamento di confini, e rispetto a questa azione nessuna parte era legittimata ad agire perchè la controversia era sorta tra comproprietari per quote ideali di un unico fondo indiviso e, perciò, non esistevano due fondi, presupposto essenziale di quell’azione.

Quanto alla usucapione, non poteva ritenersi raggiunta la prova sotto il profilo della consistenza della porzione detenuta da B.C. e, poi, dai suoi danti causa. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dai sigg. D.P. con ricorso affidato ad un unico motivo articolato su due profili, illustrati con memoria. I sigg. R. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con l’unico motivo di ricorso i sigg. D.P. lamentano Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 cod. proc. civ.: a) errores in iudicando; b) sul rigetto dell’appello incidentale.

I ricorrenti ritengono che:

a) sia errata l’affermazione della Corte distrettuale, secondo la quale: “quando la controversia insorga tra comproprietari per quote ideali di un unico fondo in diviso, è evidente che nessuno è legittimato all’azione perchè non esistono due fondi appartenenti a diversi proprietari il cui confine possa essere determinato” perchè, comunque, nel corso del giudizio di primo grado è stata dimostrata l’avvenuta divisione di fatto tra le parti in causa, divisione pacifica e mai contestata dagli aventi diritto.

b) abbia errato la Corte distrettuale nel ritenere non raggiunta la prova dell’usucapione sotto il profilo della consistenza della porzione detenuta da B.C. e dai suoi danti causa e quella del requisito temporale. In particolare, secondo i ricorrenti: 1) la Corte non avrebbe correttamente valutato che il terreno in oggetto non era stato mai in comunione per tutta la sua spazialità con gli aventi causa di V.F.. Tra i due cespiti era bene individuata e ben conosciuta sia dalle parti stesse, sia da tutti i testi intervenuti e sia da tutta la documentazione prodotta la linea di confine già esistente in lodo, se così non fosse la signora V.M. non avrebbe potuto iniziare la vertenza, chiedendo la sola determinazione della linea del confine. 2) A sua volta, l’attenta lettura delle prove orali non avrebbe consentito di ritenere raggiunta la prova dell’esercizio, quantomeno ultraventennale, del potere di fatto da parte di B.C. e dei suoi aventi causa, aventi il carattere del possesso pubblico, pacifico, incontestato ed ininterrotto.

1.1. = Il motivo è infondato sotto entrambi i profili in cui è articolato.

a) avuto riguardo al primo dei profili, del motivo in esame, va evidenziato che la questione è stata correttamente delibata dalla Corte distrettuale, laddove ha chiarito, come hanno evidenziato gli stessi ricorrenti che, nel caso in esame non esistevano due fondi appartenenti a proprietari diversi, i quali avrebbero necessità di determinare il confine; piuttosto, esisteva un unico fondo in comproprietà tra le parti in causa. E di più, la Corte distrettuale ha avuto modo di chiarire che nessuna rilevanza poteva essere attribuita a dedotte divisioni bonarie del fondo perchè, avvenute senza la forma scritta ad substantiam, sarebbero inidonee a dare esistenza giuridica a due fondi limitrofi e distinti e, cioè, a ritenere sussistente il presupposto essenziale dell’azione di regolamento dei confini.

b) Infondato è anche il secondo profilo e, essenzialmente, perchè si risolve in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni compiute dalla Corte distrettuale (pagg. 7,8,9 della sentenza impugnata) non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione del Giudice del merito non presenta vizi logici e/o giuridici. Va qui ribadito quanto è stato affermato in varie occasioni da questa corte di Cassazione e, cioè, che il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza – nonchè di individuare le fonti del proprio convincimento scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti – spetta in via esclusiva al giudice del merito; di conseguenza la deduzione con il ricorso per Cassazione per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, restando escluso che le censure concernenti il difetto di motivazione possano risolversi nella richiesta alla Corte di legittimità di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.

In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti condannati in solido a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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