Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27519 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. II, 19/12/2011, (ud. 21/11/2011, dep. 19/12/2011), n.27519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.S., L.M., G.M., nella

qualità di eredi di LA.MA., elettivamente domiciliati in

ROMA, CORSO TRIESTE 185, presso lo studio dell’avvocato VERSACE

RAFFAELE, rappresentati e difesi dall’avvocato PELLEGRINO RAFFAELE;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) – C.F.

(OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore ALLIEGRO

Vincenzo, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELL’ORSO 74, presso

lo studio dell’avvocato DI MARTINO PAOLO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

C.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3060/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La.Ma. e L.M., premesso: che erano usufruttario il primo e nudo proprietario il secondo di due appartamenti al quarto e quinto piano della palazzina n. 13 facenti parte del (OMISSIS);

che in data 22 luglio 1998, l’assemblea dei condomini del fabbricato aveva adottato una delibera condominiale in difetto di convocazione e senza la specificazione del raggiungimento dei quorum richiesti dall’art. 1136 cod. civ. o degli elementi che consentissero la verifica del raggiungimento della maggioranza; che l’assemblea aveva deciso di affittare un’unità condominale (ex casa del portiere), secondo modalità del tutto irragionevoli, che, inoltre, aveva statuito un rimborso di spese, in favore di La.Ma. senza che ciò fosse indicato nell’ordine del giorno. In particolare, l’assemblea condominiale aveva deliberato di rimborsare al condomino La.Ma., per i lavori eseguiti in relazione all’ordinanza comunale del 14 maggio 1998, la somma di L. 400.000 approvando la valutazione dell’arch. C.. Ciò premesso, convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Napoli, il condominio (OMISSIS) e la C. chiedendo: a) che venisse dichiarata nulla o invalida la delibera assembleare e b) che il condominio fosse condannato a pagare in favore dell’attore La.Ma. la somma di L. 11.000.000 c) subordinatamente che la C. fosse condannata al risarcimento del danno.

Si costituiva ritualmente il condominio (OMISSIS), contestando la domanda e deducendo la regolarità della costituzione dell’assemblea condominiale considerato che la presenza di 36,50 vani su un totale di 40 vani rendevano assolutamente regolare la costituzione di tale assemblea. Il condominio contestava, altresì, le deduzioni attoree in ordine al diritto vantato dal La. al rimborso di L. 11.000.000 in quanto relativo a lavori non autorizzati.

Si costituiva l’arch. C. chiedendo il rigetto della domanda attorea.

Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 7696 del 2003 accoglieva parzialmente la domanda e per l’effetto dichiarava la nullità della delibera assembleare del 22 luglio 1998; condannava il condominio a pagare la somma di Euro 826,33 in favore di La.Ma.;

rigettava la domanda attorea nei confronti della convenuta C., nonchè le altre domande.

Avverso tale decisione interponevano appello, davanti alla Corte di Appello di Napoli, La.Ma. e L.M. chiedendo, ancora, il pagamento della somma di L. 11.000.000 e la condanna dell’arch. C. per aver effettuato una valutazione quantomeno con grave negligenza.

Si costituivano entrambi gli appellati che hanno contestato l’impugnazione chiedendone il rigetto. A seguito della morte di La.Ma. si sono costituti i suoi eredi G.M., L.S. e L.M..

La Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 3060 del 2006 rigettava l’appello. A sostegno di questa decisione la Corte napoletana osservava: a) che la richiesta di pagamento della somma di L. 11.000.000 per lavori condominiali era infondata perchè i lavori di rifacimento dell’intonaco e di tinteggiatura fatti eseguire dagli originari attori non rientravano nel novero di quelli urgenti; b) in ragione della norma di cui all’art. 1134 cod. civ., il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza l’autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso salvo che si tratti di spesa urgente; c) la posizione dell’arch. C. andava valutata alla luce della norma di cui all’art. 1176 c.c. e tale norma non appariva violata, considerato che la C. aveva specificato che l’opera di spicconatura poteva essere svolta in otto ore da un operaio specializzato unitamente ad otto ore di lavoro di un manovale, oltre il costo del ponteggio necessario.

La cassazione della sentenza n. 3060 del 2006 della Corte di Appello di Napoli è stata chiesta da G.M., L.S., L.M. (eredi di L.M.) nonchè dallo stesso L.M. con ricorso affidato a due motivi. Il Condominio del fabbricato (OMISSIS) ha resistito con controricorso. C.C., in questa sede non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine all’apprezzamento delle risultanze della CTU e della qualificazione dei lavori eseguiti dal La.. Avrebbe errato la Corte di Appello di Napoli, secondo i ricorrenti nell’aver negato al La. il rimborso delle somme da questi anticipate per il ripristino degli intonaci e della facciata, considerato che anche questi lavori, al pari dei lavori di spicconatura presentavano gli estremi di lavori urgenti. Specificano i ricorrenti che la Corte di merito con la sua decisione si è posta in aperto ed immotivato contrasto con le risultanze del CTU secondo il quale, anche le spese di cui si dice erano caratterizzate dall’urgenza in quanto finalizzate alla conservazione della facciata dell’edificio ed alla salvaguardia dell’incolumità dei condomini e dei terzi. D’altra parte, specificano, ancora, i ricorrenti, se di certo i lavori indicati nell’ordinanza sindacale del 15 maggio 1991 (nella quale si parlava: “di opere di assicurazione necessarie al solaio di copertura dell’abitazione L., alla eliminazione degli intonaci pericolanti della scala e dalla facciata e dai muretti dei balconi”) erano da ritenersi urgenti, ciò, non significa che anche il rifacimento dell’intonaco e la tinteggiatura, non fossero -come pure ha affermato il CTU- anch’essi urgenti per la salvaguardia dell’edificio.

1.1.= A parte la questione sulla conformità del motivo all’art. 366 bis c.p.c. e, quella sulla mancata autosufficienza del motivo, considerato che, il ricorrente, non ha riportato testualmente, come avrebbe dovuto, il contenuto della CTU, nè il contenuto dell’autorizzazione dell’amministratore ad eseguire i lavori, la censura, comunque, è infondata e non può essere accolta, non solo, o non tanto, perchè i ricorrenti, con tale censura, si propongono di ottenere un nuovo e diverso giudizio di merito, inibito al giudice di legittimità, ma, e soprattutto, perchè la Corte napoletana ha adeguatamente motivato la sua decisione e sufficientemente indicato le ragioni di fatto e di diritto che escludevano il carattere di urgenza dei lavori di cui si dice, (ripristino degli intonaci e tinteggiatura).

1.2= Il diritto al rimborso della spesa affrontata dal singolo condomino per conservare la cosa comune sussiste nel momento in cui venga dimostrata l’urgenza dei lavori in questione, ossia, nel caso in cui persiste la necessità di eseguire detta opera senza ritardo e senza poter avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini. Sono da considerare urgenti, in base a quanto disposto dall’art. 1134 cod. civ. quei lavori che valgono a rimuovere un pericolo effettivo, anche se non imminente, alla stabilità dell’edificio, ovvero ad assicurarne la funzionalità. Insomma, l’urgenza va commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a se o a terzi o alla stabilità dell’edificio, un danno ragionevolmente imminente, e/o alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità.

Come semplificativamente affermano gli studiosi della materia: se cadono dei calcinacci da un cornicione, l’amministratore avrà l’obbligo di far rimuovere tutti quegli elementi pericolanti, ma non anche quello di chiamare una ditta per eseguire i lavori di ristrutturazione, allo stesso modo se si rompe l’autoclave e non è possibile in alcun modo intervenire per tamponare l’emergenza al fine di convocare un’assemblea e decidere della sostituzione, l’amministratore deve provvedere alla sostituzione per ripristinare e, quindi, garantire l’erogazione dei servizi comuni.

1.3.= Ora nell’ipotesi in esame i lavori di cui i ricorrenti chiedevano il rimborso (rifacimento degli intonaci e tinteggiatura) non presentavano – come adeguatamente ha chiarito la Corte napoletana – il carattere dell’urgenza, e, ancor di più, perchè, nella specie, era intervenuta l’ordinanza sindacale del 15 maggio 1991, richiamata anche dai ricorrenti, con la quale il condominio veniva diffidato all’esecuzione delle sole opere di assicurazione strettamente necessarie al solaio di copertura dell’abitazione La. e alla eliminazione degli intonaci pericolanti dalla scala, dalla facciata e dai muretti dei balconi.

Sicchè tale ordinanza aveva già indicato le opere urgenti e indifferibili e tra questi, come era giusto che fosse, non erano state indicate: il rifacimento dell’intonaco e la tinteggiatura. Con l’ulteriore specificazione che la missiva del 1 marzo 1997 con la quale l’amministratore autorizzava il La. ad eseguire i lavori urgenti – per quanto generica – riferendosi senza ulteriore specificazione ai lavori urgenti – non poteva che riferirsi e rinviare all’ordinanza sindacale di cui è si è detto.

1.4.= Nè tali considerazioni e ragioni giuridiche, potevano essere vanificate dalle indicazioni offerte dal CTU – ammesso pure che il CTU abbia dato indicazioni diverse – (il ricorrente infatti non ha riportato come avrebbe dovuto (per il rispetto del principio dell’autosufficienza) il contenuto della CTU) considerato che la Consulenza Tecnica d’Ufficio: non è un’indiscutibile mezzo di prova ma, è, invece, strumento per integrare le conoscenze del giudice, il quale, comunque, essendo peritus peritorum, può anche disconoscere la consulenza e decidere in modo contrario ai suggerimenti del perito.

2.= Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa contraddittoria e insufficiente motivazione in ordine alla valutazione di responsabilità dell’arch. C.. Avrebbe errato la Corte d’Appello di Napoli, secondo i ricorrenti, per aver ritenuto che l’arch. C. avesse svolto l’incarico conferitole dal Condominio diligentemente e, comunque, in conformità al mandato ricevuto. Epperò, la negligenza dell’arch. C. doveva cogliersi nel fatto che pure a fronte del suddetto esplicito mandato, esso architetto, aveva ritenuto di esprimere la propria valutazione limitatamente al valore dei soli lavori di spicconatura, trascurando la quantificazione del valore delle restanti opere di ripristino la cui realizzazione era da ritenersi necessaria ed urgente, comunque, correlata all’esecuzione della stessa ordinanza sindacale. E, pur volendosi, specificano i ricorrenti – escludere dal novero delle spese che l’arch. C. avrebbe dovuto considerare quelle sostenute per il ripristino di parte della facciata condominiale, devesi evidenziare che la negligenza di detto professionista rimaneva rimarcata dalla parziale e frettolosa quantificazione anche delle sole opere esclusivamente correlate alla spicconatura, non essendo stata considerata tra queste ultime quelle di montaggio dell’andito (imposto dalla legge antinfortunistica).

2.1= Anche questa censura, è infondata e non merita di essere accolta, non solo perchè i ricorrenti ripropongono identiche argomentazioni, proposte nel giudizio di appello ed esaminate dalla Corte napoletana con particolare cura, ma e, soprattutto, perchè la Corte napoletana ha sufficientemente chiarito che nell’ipotesi in esame l’asserita negligenza dell’arch. C. era stata affermata, ma non dimostrata e, per altro, aveva accertato: a) che la C. aveva mantenuto fede all’incarico che le era stato conferito dall’assemblea dei condomini del 26 ottobre 1996; e b)che la valutazione effettuata dalla; C. in merito ai lavori da valutare secondo incarico, era compatibile con i prezzi della tariffa delle opere pubbliche che la Campania aveva approvato con Delib. regionale 3 marzo 1990, n. 2107.

La Corte napoletana, altresì, ha avuto cura di chiarire che il costo dei ponteggi necessari ad eseguire i lavori de quibus non era stato ricompreso nel costo complessivo dovuto, perchè l’amministratore del condominio nel libero interrogatorio ebbe a riferire che non era stata mai montata alcuna impalcatura per la spicconatura del fabbricato.

2.2.= Pertanto, la decisione della Corte napoletana non presenta nessuno dei vizi lamentati. D’altra parte, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento.

In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannati, in solido, a rimborsare al Condominio del fabbricato (OMISSIS), le spese del giudizio di cassazione così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 1300,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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