Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27517 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. II, 19/12/2011, (ud. 21/11/2011, dep. 19/12/2011), n.27517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA GIULIANA 9, presso lo studio dell’avvocato MORRONE

VITTORIO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.G.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 189/2006 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

sezione distaccata di SASSARI, depositata il 24/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avvocato D.A. convocava in giudizio, davanti al Tribunale di Tempio Pausania, M.G.M., e, premesso di aver affidato in appalto a M.G.M. la costruzione di una casa in località “(OMISSIS)” pattuendo il prezzo di L. 103.600.000, di aver versato la somma di L. 101.950.000 e di essere creditore della somma di L. 5.500.000 per prestazioni professionali,lamentava che l’appaltatore aveva iniziato i lavori con grande ritardo senza portarli a termine ed aveva, successivamente, lasciato l’immobile abbandonato e incustodito, chiedeva il rilascio dell’immobile ed instava per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del comportamento dell’appaltatore, ivi inclusi quelli derivanti dall’indisponibilità del fabbricato.

Si costituiva il convenuto contestando che il D. avesse mai eseguito prestazioni professionali in suo favore e affermava di aver completato i lavori appaltati e in via riconvenzionale chiedeva il pagamento del saldo del prezzo.

Il Tribunale di Tempio Pausania, con sentenza del 12 gennaio 2000, accoglieva la domanda con esclusione della parte attinente al credito da prestazioni professionali e condannava il M. al pagamento della somma di L. 44.200.000 stimata necessaria per il completamento dei lavori e della somma di L. 4.000.000 quale danno conseguito all’indisponibilità del fabbricato.

Avverso tale sentenza, interponeva appello, davanti alla Corte di appello di Sassari, M.G.M. producendo una dichiarazione dell’avv. D. con la quale affermava che i lavori erano stati completati in data 23 settembre 1986. Ha resistito l’avv. D. sostenendo che l’appello doveva considerarsi infondato ed inammissibile stante la mancata indicazione dei motivi di specifica contestazione degli esiti peritali.

La Corte di Appello di Sassari, con sentenza n. 189 del 2006, riformava parzialmente la sentenza di primo grado avuto riguardo alla somma che M. doveva corrispondere al D., per il completamento dell’opera. A sostegno di questa decisione la Corte sassarese osservava: a) che l’appello era motivato con riguardo alla non condivisibilità delle conclusioni peritali che non avevano tenuto conto della dichiarazione dell’appellato, secondo il quale i lavori erano stati terminati in data 23 settembre 1986, ma non era da accogliere dato che l’attore aveva chiesto il risarcimento danni per omessa consegna delle opere e dalla mancata disponibilità dell’immobile; b) La lettera depositata dal M. non era risolutiva perchè, seppure ivi era dichiarato, da parte di D., che l’opera era stata completata, non conteneva la dichiarazione della consegna delle opere e dell’immobile; c) Il D., essendo a conoscenza dell’ultimazione dei lavori, avrebbe potuto mettere in mora il M. per la consegna degli stessi e, pertanto, deve rigettarsi la domanda di risarcimento danni conseguenti all’indisponibilità dell’abitazione.

d) Esaminata la relazione di consulenza dovevano escludersi alcune opere non dovute dal M..

La cassazione della sentenza n. 189 del 2006, della Corte di Appello di Sassari, è stata chiesta da D.A.. M.G. regolarmente intimato, in questa fase, non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con l’unico motivo D.A. lamenta la violazione di legge per erronea o falsa applicazione degli artt. 1453-1455-1218- 1210-1223 cod. civ.;

omessa o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e deciso: art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. In particolare, il ricorrente specifica che per quanto i giudici di merito riconoscevano l’inadempimento avente effetto risolutivo con riferimento non tanto al mancato adempimento degli obblighi specifici del contratto di appalto quanto all’inosservanza dei principi generali del contratto e avendo ritenuto che da quell’inadempimento discendeva sia la risoluzione del contratto sia i conseguenti obblighi risarcitori, questi dovevano essere riconosciuti in applicazione degli artt. 1218 e 1223 cod. civ. cioè il risarcimento danni doveva ricomprendere non sodo le perdite subite ma anche il mancato guadagno. Epperò, la Corte di appello di Sassari, confermato il risarcimento del primo danno, ha escluso il secondo in base all’apodittico assunto di una mancata costituzione in mora dell’appaltatore. Questa affermazione, secondo il ricorrente, sarebbe erronea contraddittoria ed immotivata, in quanto non tiene conto di una circostanza di fatto essenziale e decisiva. Specifica il ricorrente che – come emerge dall’esposizione del fatto di cui alla sentenza impugnata, già il 13 aprile 1992 con l’atto di citazione, D. ha chiesto il rilascio ed instava per il risarcimento danni ivi compresi quelli derivanti dall’indisponibilità del fabbricato, ma il suddetto rilascio non avveniva. Piuttosto, il rilascio dell’immobile è stato conseguito parzialmente l’11 febbraio 1995 in esecuzione di un’ordinanza del Tribunale di Tempio Pausania, in quanto nominato custode dello stesso, e con la piena disponibilità giuridica il 14 gennaio 2000.

Ne consegue chiarisce il ricorrente, che la costituzione in mora dell’appaltatore, comunque, è avvenuta con l’atto di citazione del 13 aprile 1992, mentre la disponibilità ed il pieno godimento del fabbricato è stato ottenuto successivamente alla sentenza del 14 gennaio 2000. Pertanto, il M. era tenuto a rispondere se non dal 31 dicembre 1980, come da domanda iniziale, quanto meno dal 13 aprile 1992 fino alla conseguita disponibilità. Considerato poi che, per un deplorevole lapsus calami l’attore aveva quantificato il danno da mancato godimento dell’immobile, tout court, in L. 4.000.000, e quell’importo, riconosciuto dal Tribunale, andava confermato e riconosciuto dalla Corte di Appello di Sassari che invece, sempre a dire dal ricorrente – non l’avrebbe fatto.

1.1.= Il motivo è infondato e va respinto perchè la Corte di merito ha fatto buon uso della normativa e dei principi riferibili alla questione esaminata.

1.2.= Va qui osservato che, in linea teorica, l’atto di citazione vale come costituzione in mora del debitore inadempiente ed è atto interruttivo della prescrizione, essendo idoneo a portare nella sfera di conoscenza del debitore una richiesta di adempimento. A sua volta, la costituzione in mora, operata mediante atto di citazione in giudizio, si estende anche ai danni che maturano in corso di causa purchè, però, esplicitamente richiesti.

1.2.a).= Nell’ipotesi in esame la domanda di giustizia avanzata da D.A., così come riportata e la sentenza appellata si riferiscono ai soli danni subiti, cioè a quelli anteriori alla causa, ai quali va, sicuramente, riferita la costituzione in mora di cui si dice. Epperò, quella costituzione in mora, operata mediante l’atto di citazione, non si estendeva ai danni subendi perchè, per essi, non era stata avanzata una domanda specifica. Per la operatività della costituzione in mora, sarebbe stato necessario, che fosse stata avanzata una specifica richiesta di risarcimento, anche, dei danni subendi. Insomma, sul piano sostanziale il diritto di cui si chiede il riconoscimento era esistente, ma, sul piano processuale quel diritto non era stato azionato con una specifica domanda che ricomprendesse anche i danni ulteriori che sarebbero maturati in corso di causa.

1.2.b).= Del resto e analogicamente l’art. 345 c.p.c., il quale prescrive il principio dell’esistenza della domanda cui il giudice deve attenersi ex art. 112 c.p.c. prescrive la risarcibilità dei danni che vengono a maturare in corso di causa ma affida quella risarcibilità alla domanda di parte, giusta l’espressione ivi contenuta secondo cui “possono domandarsi(…)”.

Per queste ragioni, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio perchè M., regolarmente intimato, in questa fase, non ha svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 21 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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