Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27516 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 30/12/2016, (ud. 20/10/2016, dep.30/12/2016),  n. 27516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26062-2012 proposto da:

A.G., (OMISSIS), ANCHE NELLA QUALITA’ DI ACCOMADATARIO E

LEGALE RAPP.TE DELLA SAS LA LAMPARA, AD.CO. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, LARGO ANTONIO SARTI, 4 C/0 ST.

CAPPONI E DI FALCO, presso lo studio dell’avvocato BRUNO CAPPONI,

che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

S.M., C.F. (OMISSIS), S.L. C.F. (OMISSIS),

S.A. C.F. SLLLNS72M04H703X, elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dagli Avv.ti VIRGILIO DI FILIPPO, COSTANTINO ANTONIO MONTESANTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 637/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 30/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

e per quanto di ragione del secondo motivo, l’inammissibilità del

terzo motivo del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con atto di citazione notificato il 19.5.1997, A.G. e A.C. convennero S.L. dinanzi al Tribunale di Salerno, esponendo che: con scrittura privata del 3.9.1996 e successiva integrazione del 17.11.1996, avevano promesso in vendita a S.L., o a persona da nominare, una villetta bifamiliare, sita in (OMISSIS), per il prezzo di Lire 450.000.000; con altra scrittura privata in pari data, A.G. – quale legale rappresentante della società “La Lampara” s.a.s. – aveva promesso di vendere al S., o a persona da nominare, alcuni beni mobili per il prezzo di Lire 250.000.000; la parte promissaria acquirente era stata immessa nel possesso dei suddetti beni, immobili e mobili, sin dal 2.9.1996; con successiva scrittura del 17.11.1996 le parti avevano consensualmente fissato per la stipula del rogito notarile e per il pagamento del residuo prezzo la nuova data del 31.1.1997; infine, con telegramma del 30.1.1997, S.L. aveva poi comunicato ad essi promittenti venditori di non essere in grado di provvedere alla stipula dell’atto definitivo entro tale ultima data.

Tanto premesso, gli attori, ritenendo sussistente l’inadempimento del promissario acquirente per la mancata stipula dell’atto pubblico entro il termine stabilito, chiesero la pronuncia di risoluzione dei predetti contratti preliminari di compravendita e successive integrazioni per grave inadempimento del convenuto, nonchè la condanna dello stesso al rilascio dell’immobile, alla restituzione dei beni mobili ed al risarcimento dei danni.

Si costituì in giudizio S.L. che, in via preliminare, eccepì la carenza di legittimazione attiva di A.G. e di Ad.Co., relativamente alla domanda avente ad oggetto il contratto di compravendita dei beni mobili, deducendo che di tale contratto era parte esclusivamente la società “La Lampara” s.a.s.; nel merito, chiese il rigetto delle domande attoree, sostenendo che il termine stabilito per la stipula dell’atto pubblico non poteva ritenersi essenziale e che, in ogni caso, l’atto pubblico di compravendita della villetta non avrebbe potuto essere stipulato entro la data contrattualmente stabilita a causa della pratica di condono ancora in corso e di alcuni abusi edilizi dei quali non era stata fatta menzione nel preliminare; chiese, in via riconvenzionale, la riduzione del prezzo per vizi della cosa venduta ed il risarcimento dei danni e, per l’eventualità dell’accoglimento della domanda di risoluzione, la condanna degli attori alla restituzione di quanto ricevuto in esecuzione dei preliminari.

Durante la pendenza di tale causa, con atto di citazione notificato il 22.11.2000, S.L., S.M. e S.A. convennero in giudizio, sempre dinanzi al Tribunale di Salerno, A.G., in proprio e quale legale rappresentante della s.a.s. “La Lampara”, e Ad.Co..

Gli attori, richiamando i suddetti preliminari di compravendita, deducendo che S.L. aveva adempiuto le obbligazioni assunte e che invece i coniugi A. si erano sottratti ai doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei contratti (omettendo di liberare l’immobile), chiesero che, ai sensi dell’art. 2932 c.c., venisse trasferita a S.M. ed a S.A. – figli di S.L., che contestualmente li designava procedendo alla “electio amici” – la proprietà dei beni oggetto del contratto preliminare de quo; in subordine, per l’ipotesi in cui fossero ritenute non compiutamente adempiute le prestazioni del promissario acquirente, chiesero che gli effetti traslativi della sentenza fossero subordinati all’adempimento di tali prestazioni.

Nella resistenza dei convenuti A.G. e Ad.Co., disposta la riunione delle due cause pendenti tra le parti, il Tribunale di Salerno, con sentenza non definitiva, accolse la domanda principale proposta da A.G. e da Ad.Co., dichiarando la risoluzione dei contratti preliminari stipulati in data 3.9.1996 e successive integrazioni per grave inadempimento del convenuto, disponendo, con separata ordinanza, la prosecuzione della causa al fine di determinare i rapporti economici tra le parti.

2. – Sul gravame proposto dai S., la Corte di Appello di Salerno dichiarò l’inesistenza della sentenza di primo grado relativamente alla causa riunita iscritta al n. 3574/00 (rimettendo la stessa al primo giudice); dichiarò la carenza di legittimazione attiva di A.G. con riferimento alla domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita mobiliare stipulato dalla società “La Lampara” s.a.s.; rigettò, infine, la domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita immobiliare stipulato tra A.G. e Ad.Co., da un lato, e S.L., dall’altro.

Rilevò la Corte territoriale che la decisione di primo grado era inesistente nella parte in cui aveva del tutto omesso di pronunciarsi sulla domanda ex art. 2932 c.c. proposta dai S. nell’ambito del giudizio iscritto al n. 3574/00, con conseguente necessità di rimessione al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1; che l’eccezione di nullità del contratto preliminare di vendita immobiliare era tardiva, in quanto sollevata dagli appellati per la prima volta con la comparsa conclusionale di primo grado, e non era rilevabile d’ufficio, essendo rimasta la relativa questione del tutto estranea al dibattito processuale; che, in ogni caso, non avendo gli appellati proposto appello incidentale sulla statuizione di merito relativa sull’accoglimento della domanda di risoluzione, la implicita statuizione di rigetto dell’eccezione di nullità doveva ritenersi coperta da giudicato interno; che l’ A. era privo di legittimazione attiva con riferimento alla domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita degli arredi del ristorante stipulato dalla società “La Lampara” s.a.s., avendo egli agito in proprio nome e non quale legale rappresentante della detta società; che, avendo i promittenti venditori chiesto la pronuncia di risoluzione dei preliminari per inosservanza del termine essenziale pattuito per la stipula dei contratti definitivi, il primo giudice era andato ultra petita nel pronunciare la risoluzione per inadempimento del convenuto; che, una volta escluso il carattere essenziale del termine di stipula (non essendo stato, peraltro, sul punto proposto appello incidentale), doveva rigettarsi la domanda di risoluzione fondata su quest’unico profilo.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono Ad.Co. ed A.G. – quest’ultimo anche nella qualità di socio accomandatario e legale rappresentante della società “La Lampara di A.G. & C.” s.a.s. – sulla base di tre motivi.

Resistono con controricorso S.L., S.M. e S.A..

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Col primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c., nonchè il difetto di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello equiparato, quanto alla causa iscritta al n. 3574/00 R.G., l’ipotesi di omessa pronuncia (nella specie, sulla domanda proposta ex art. 2932 c.c.) a quella della sentenza inesistente, disponendo così la rimessione della causa al primo giudice; secondo i ricorrenti, invece, la Corte di Salerno, una volta dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto decidere la controversia nel merito.

La censura è fondata.

Ha errato la Corte di Salerno a ritenere che il Tribunale ha omesso di pronunciare sulla domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. proposta da S.L., S.M. e S.A. nei confronti di A.G. (in proprio e quale legale rappresentante della s.a.s. “La Lampara”) e di Ad.Co. nell’ambito del procedimento riunito n. 3574/00 R.G..

Invero, nella sentenza di primo grado (seppure la causa riunita non è indicata nella intestazione dell’atto), non soltanto si dà atto che la controversia comprende la causa riunita intrapresa dai S. (p. 3), ma altresì la domanda proposta dai S. è espressamente presa in esame dal Tribunale nella motivazione della sentenza, con espressa pronuncia di rigetto. Si legge, infatti, a p. 10 della sentenza di primo grado: “Dunque, il S. non può a ragione richiedere la emanazione di una sentenza che faccia luogo del definitivo non stipulato, dovendosi al contrario accogliere la domanda di risoluzione contrattuale proposta dagli attori”.

Non rileva che la decisione di rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica non sia stata riportata nel dispositivo della sentenza; dovendosi rammentare che, ove non vi sia contrasto tra dispositivo e motivazione, la portata precettiva della pronuncia va individuata integrando il dispositivo con la motivazione (Sez. L, Sentenza n. 12841 del 21/06/2016, Rv. 640232).

Nella specie, non soltanto tale contrasto manca, ma l’accoglimento della domanda attorea di risoluzione del preliminare per inadempimento del promissario acquirente implicava logicamente il rigetto della domanda con la quale quest’ultimo aveva chiesto l’esecuzione in forma specifica del medesimo preliminare.

La Corte territoriale ha errato, pertanto, a ritenere l’omissione di pronuncia da parte del primo giudice in ordine alla domanda proposta dai S. nella causa riunita, dovendosi al contrario ritenere che il giudice di primo grado ha provveduto in ordine ad essa.

In ogni caso la Corte di Salerno ha errato nel rimettere la causa al primo giudice.

Invero, la declaratoria della nullità della sentenza per omissione di pronuncia per violazione dell’art. 112 c.p.c. (fattispecie ben diversa dalla inesistenza della sentenza di cui all’art. 161 c.p.c., comma 2) non consente al giudice di appello di rimettere la causa al primo giudice, ma determina il suo dovere di decidere la causa nel merito.

Va ricordato, infatti, il principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui, in applicazione dei principi della tassatività delle ipotesi di rimessione di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. e della conversione nei motivi di nullità in motivi di impugnazione (art. 161 c.p.c., comma 1), non sussistendo nel nostro ordinamento il principio del doppio grado di giudizio, il giudice di appello, in caso di violazione dell’art. 112 c.p.c., non deve rimettere la causa al giudice di primo grado, nè limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza, ma deve decidere la causa nel merito (Sez. 3, Sentenza n. 4488 del 25/02/2009, Rv. 606669; Sez. 1, Sentenza n. 1965 del 26/02/1994, Rv. 485479).

La sentenza impugnata va pertanto cassata sul punto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Salerno.

2. – Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c. e artt. 83, 125, 156 e 163 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto, nell’ambito della causa iscritta al n. 1625/97 R.G., il difetto di legittimazione attiva di A.G. con riferimento alla domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita di beni mobili stipulato dalla società “La Lampara” s.a.s. e per aver ritenuto, altresì, la tardività dell’eccezione di nullità del contratto.

Il primo profilo della censura risulta inammissibile.

I ricorrenti – con riferimento alla legittimazione attiva di A.G. relativamente alla domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita di mobili stipulato dalla società “La Lampara” s.a.s. – censurano, nella sostanza, l’interpretazione della domanda giudiziale compiuta dai giudici di merito.

E tuttavia, l’interpretazione della domanda giudiziale, consistendo in un giudizio di fatto, è incensurabile in sede di legittimità, essendo la Corte di cassazione abilitata all’espletamento di indagini dirette al riguardo soltanto allorchè il giudice di merito abbia omesso l’indagine interpretativa della domanda, ma non qualora l’abbia compiuta ed abbia motivatamente espresso il suo convincimento in ordine all’esito dell’indagine (Sez. 1, Sentenza n. 5876 del 11/03/2011, Rv. 617196).

Tale profilo del motivo risulta inammissibile anche per violazione del principio di autosufficienza del ricorso, in quanto i ricorrenti, pur sostenendo che nel corpo dell’atto introduttivo del primo giudizio vi fossero “cenni” alla spendita da parte dell’ A. della qualità di legale rappresentante della società, non hanno poi trascritto i passaggi rilevanti del detto atto di citazione, non consentendo così alla Corte di svolgere l’invocato sindacato.

E’ fondato, invece, il secondo profilo della censura, col quale si denuncia l’errore compiuto dalla Corte di Salerno nel ritenere la tardività dell’eccezione di nullità del preliminare (per omessa indicazione dei confini e dei dati catastali degli immobili promessi in vendita), siccome sollevata solo con la comparsa conclusionale depositata in primo grado.

Questa Suprema Corte ha già affermato il principio – che il Collegio condivide – secondo cui, alla luce del ruolo che l’ordinamento affida alla nullità contrattuale quale sanzione del disvalore dell’assetto negoziale e atteso che la risoluzione contrattuale è coerente solo con l’esistenza di un contratto valido, il giudice di merito, investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere-dovere di rilevare dai fatti allegati e provati, o comunque emergenti ex actis, una volta provocato il contraddittorio sulla questione, ogni forma di nullità del contratto stesso, purchè non soggetta a regime speciale (escluse, quindi, le nullità di protezione, il cui rilievo è espressamente rimesso alla volontà della parte protetta) (Sez. U, Sentenza n. 14828 del 04/09/2012; nello stesso senso, Sez. U, Sentenza n. 26243 del 12/12/2014; Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014).

Non rileva pertanto che l’eccezione di nullità dei contratti sia stata proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale di primo grado; essendo stata la questione riproposta in appello, era dovere del giudice del gravame prendere in esame anche d’ufficio la questione e decidere nel merito su di essa.

Questa Corte ha peraltro statuito che, qualora una questione di nullità (nella specie riconducibile alla dedotta illegittimità di una clausola contrattuale per il rimborso delle spese di ristrutturazione di un immobile oggetto di locazione) venga sollevata per la prima volta in appello non come domanda ma solo come eccezione riconvenzionale rispetto all’avversa domanda riconvenzionale di pagamento contrapposta a quella principale di risoluzione, essa deve ritenersi ammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., rimanendo circoscritta nell’ambito della difesa, senza tendere ad altro fine che non sia quello del rigetto dell’avversa domanda riconvenzionale (Sez. 3, Sentenza n. 11345 del 11/05/2010, Rv. 612887).

La Corte territoriale non ha tenuto conto di tale principio ed ha errato nel ritenere che la nullità fosse stata dedotta tardivamente e che non potesse essere presa da essa in esame.

Anche sotto tale profilo la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice di merito.

3. – Quanto al terzo motivo di ricorso – col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 112 c.p.c., nonchè la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale ritenuto che il Tribunale era incorso nel vizio di ultrapetizione nel pronunciare la risoluzione dei contratti preliminari – la censura rimane assorbita nell’accoglimento del primo motivo, in quanto il riesame della domanda di esecuzione in forma specifica del contratto implica il riesame della domanda – con essa incompatibile – di risoluzione per inadempimento.

4. – In definitiva, va accolto il primo motivo di ricorso; va accolto il secondo motivo per quanto di ragione; va dichiarato assorbito il terzo. La sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Salerno.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo per quanto di ragione; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Salerno.

Si dà atto che il procedimento è stato scrutinato con la collaborazione dell’Assistente di studio Dott. P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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