Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27514 del 30/12/2016

Cassazione civile, sez. II, 30/12/2016, (ud. 12/10/2016, dep.30/12/2016),  n. 27514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10094-2012 proposto da:

T.E., (OMISSIS), Z.M., (OMISSIS), T.D.

(OMISSIS), C.S. C., T.A. (OMISSIS),

T.C. TS., elettivamente domiciliati in ROMA,

V.PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ROMANELLI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO LUPPI;

– ricorrenti –

contro

CA.GI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AREZZO 54,

presso lo studio dell’avvocato FLAVIANO MINDOPI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ANGELO VILLINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1378/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 13/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito l’Avvocato ROMANELLI Lorenzo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato ROMANELLI Guido difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Mantova, Sezione distaccata di Castiglione dello Stiviere, con sentenza n. 126/06, depositata il 6/9/2006, accolta la domanda di rivendicazione avanzata da Ca.Ad., condannò T.D., T.F. e C.S. a rilasciare un tratto di terreno facente parte della maggiore estensione annessa ad un fabbricato in proprietà dell’attrice.

A base della sua decisione il Tribunale aveva valorizzato l’originario titolo di provenienza (atto pubblico del 1936), il quale, per quel giudice, aveva considerato l’intero (OMISSIS), privo di suddivisione in sub particelle, di cui una contenente il fabbricato e altra il terreno annesso. Quadro confermato dalle denunzie conformi di successioni, le quali conducevano alla proprietà ultima della Ca.; con l’ulteriore conseguenza che l’acquisto operato nel 1974 dai convenuti non era stato preceduto da alcun titolo debitamente trascritto prima della trascrizione in favore della Ca. e dei suoi danti causa.

Con sentenza depositata il 13/12/2011 la Corte di appello di Brescia rigettò l’appello proposto dai convenuti.

T.D., C.S., T.C., T.E., T.A. e Z.M. (gli ultimi quattro quali eredi di T.F.) ricorrono per cassazione avverso la sentenza d’appello.

C.G. (succeduto nel corso del giudizio d’appello a Ca.Ad.) resiste con controricorso. I ricorrenti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 1 e art. 948 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso.

La Corte di merito, secondo l’assunto censuratorio, aveva disatteso la regola di cui all’art. 2697 c.c., per la quale l’attore in rivendicazione è tenuto a fornire la prova rigorosa del suo diritto, risalendo, anche attraverso i propri danti causa, ad un acquisto originario, ovvero dimostrando di avere egli acquisito per usucapione la proprietà. Nella specie, posto a fondamento della pretesa l’atto a firma del notaio Tian dell’8/10/1936, si era erroneamente cercato di provare la continuità delle trascrizione attraverso le trascritte denunzie di successione (nel 1952 per la morte di Ca.Pe., padre di Ca.Ir. e nel (OMISSIS) per la morte di quest’ultimo, marito di Ca.Ad.), che costituivano meri adempimenti amministrativi, che, al più, potevano assumere un significato indiziario, sicchè la rivendicante era venuta meno all’onere di fornire la prova rigorosa del suo diritto di proprietà sui mappali (OMISSIS).

La Corte di merito, peraltro, era anche incorsa in vizio motivazionale sul punto controverso qui al vaglio, in quanto, dopo avere ammesso la inidoneità probatoria delle denunzie di successione, aveva fondato il proprio convincimento sulle medesime.

Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2650 c.c. e del D.Lgs. n. 47 del 1990, art. 5, comma, nonchè omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo.

Male aveva fatto, a parere della ricorrente, la Corte bresciana a ritenere perfezionata la continuità di trascrizioni in favore della Ca., in quanto, dopo l’atto del 1936, come già detto, non si rinvenivano titoli che dessero continuità all’acquisto, non potendo stimarsi tali le iscrizioni delle denunzie di successione e a considerare soccombenti i ricorrenti, i quali vantavano titolo derivativo dei mappali (OMISSIS), “corrispondenti nella nuova mappa al vecchio (OMISSIS)”, derivante dall’atto di donazione e cessione quote del 1974. Ancora una volta i ricorrenti evidenziano come la Corte di merito sia incorsa in errore assegnando alla trascrizione della denunzia di successione il valore che è proprio solo della trascrizione dell’accettazione dell’eredità, di cui all’art. 2648 c.c., conseguenza, questa, peraltro, riaffermata dall’art. 5 cit..

I primi due motivi, osmotici fra loro, e, pertanto, scrutinabili insieme, non appaiono fondati.

L’unico titolo fondante del diritto di proprietà dalla Ca. è costituito dall’atto di compravendita del 1936, alla cui interpretazione ha provveduto la Corte di merito, con valutazione esente da vizi logici, in questa sede incensurabile. Corretta l’affermazione circa la portata della trascrizione della denunzia di successione, non diretta a provare il diritto di proprietà e, tantomeno, ad assicurare continuità al fine di dirimere conflitto fra più pretendenti causa (cfr., Sez. 2, n. 15716 dell’8/11/2002, Rv. 558360; Sez. 2, n. 14395 del 29/7/2004, Rv. 575072), devesi, peraltro, affermare l’ininfluenza di una tale conclusione nel caso di specie. Invero, qui non era chiesto dirimere un tale conflitto, stante che l’unico snodo focale della controversia concerne l’interpretazione del contratto del 1936, con il quale C.F. vendette al primo dante causa della Ca. fabbricato e terreno circostante. Primo alienante dal quale anche i ricorrenti traggono il loro diritto.

La portata di tale negozio risulta, come si è anticipato, vagliata puntualmente dai Giudici del merito, anche avvalendosi dell’apporto di CTU (in particolare il riferimento negoziale al (OMISSIS)).

Quanto, poi, al rilievo indiziario e fattuale della denunzia di successione nessuno dubita: essa è icastica rappresentazione del perpetrarsi del dominio materiale da parte del successore.

Con il terzo motivo viene denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nonchè omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La Corte di Brescia aveva ricusato di considerare le relazioni di parte a firma di notaio e di architetto, aventi ad oggetto la ricostruzione storica del mappale, a fronte delle risultanze assai controvertibili della CTU e tenuto conto dei mutamenti che avevano interessato il mappale, assumendo trattarsi di documenti nuovi non indispensabili. Pur vero che il giudice d’appello può discrezionalmente rifiutare la documentazione nuova, tuttavia, soggiungono i ricorrenti, perchè la decisione non risulti arbitraria e incontrollabile, è necessario che la stessa venga sorretta da idonea motivazione, che nella specie mancava del tutto.

Con il quarto motivo viene dedotta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo.

Il Giudice d’appello, oltre ad avere assegnato valore improprio alla trascrizione delle denunzie di successione, aveva malamente interpretato i documenti prodotti, giungendo alla conclusione non essere rimasto dimostrato che il (OMISSIS), all’epoca dell’atto del 1936, si presentasse frazionato in una porzione riguardante il fabbricato e in altra riguardante il terreno. Invece, l’intervenuto frazionamento (che dalle relazioni di parte prodotte emergeva essere stato effettuato con nota n. 1159 del 9/7/1900) risultava dallo stesso atto del 1936 ed in particolare dalle postille aggiunte dal notaio ad integrazione dell’atto, dalle quali si trae che oggetto della compravendita risultavano essere solo i fabbricati urbani.

Anche la terza e la quarta censura, connesse fra loro, esaminate unitariamente, non si mostrano fondate.

Il Collegio condivide l’orientamento di legittimità che impone al giudice dell’appello di dare rappresentazione motivazionale della non indispensabilità delle prove allegate dalla parte (cfr. Sez. 3, n. 19608 del 27/8/2013, Rv. 627535; Se. 1, n. 16745 del 23/7/2014, Rv. 631949). Tuttavia deve escludersi che in questo caso la Corte d’appello di Brescia sia venuto meno ad un tale incombente. Il convincimento del giudice è reso qui palese dal complesso dell’assetto motivazionale, che attingendo al contratto del 1936 e alle risultanze della CTU, ha ritenuto che il mappale in contestazione fosse stato venduto con il predetto contratto e, quindi, ben prima che alla trascrizione di esso fosse seguita quella dell’acquisto operato dal medesimo dante causa, nel 1974, dagli odierni ricorrenti. Con la conseguente non decisività e novità della tardiva produzione di parte. Resta, pertanto, incensurabilmente smentito, l’asserto secondo il quale attingendo a frazionamento antecedente all’atto del 1936 l’alienante non aveva inteso trasferire quella parte del mappale rivendicata.

L’epilogo impone condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese legali, che si liquidano, tenuto conto del valore e della qualità della causa, siccome in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese legali in favore della resistente, che liquida nella complessiva somma di Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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