Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27514 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. II, 28/10/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 28/10/2019), n.27514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24115-2015 proposto da:

– ARTELEGNO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avvocato DARIO MARCHESI;

– ricorrente –

contro

SCIRI DESIGN SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 988/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

la s.r.l. Artelegno, con atto di citazione notificato a Sciri Design s.r.l. in data 20.1.2012, appellava la sentenza n. 5069 del 13.4.2011, con cui il Tribunale di Milano aveva respinto la domanda attorea e aveva condannato di controparte al pagamento dell’importo di Euro 75.620,00, oltre IVA, prezzo di variazioni ordinate, per l’esecuzione dei lavori di allestimento dello show room di (OMISSIS) ovvero per lavori extra capitolato ordinati dalla Sciri s.r.l. all’attrice tramite l’arch. R. (sentenza pag. 1).

Il Tribunale motivava il rigetto osservando, tra l’altro, che “il contratto avente ad oggetto la realizzazione dello show room della Sciri è intervenuto esclusivamente tra quest’ultima e il Gruppo BPC rappresentato dal sig. M.D., essendo ad esso rimasta estranea la Artelegno, la quale, per sua stessa ammissione, ha ricevuto gli ordini esclusivamente dall’arch. R.: “che, d’altra parte, come risulta dalla stessa documentazione, il predetto arch. R.G. non aveva la veste di mandatario della Sciri, bensì quella di progettista e direttore dei lavori su incarico (e quale componente del “gruppo di lavoro) dell’appaltatrice Gruppo BPC”; “che, conseguentemente, doveva escludersi nella specie la sussistenza del titolo contrattuale posto da Artelegno a fondamento della propria domanda (e, quindi, la sua legittimazione sostanziale ad agire nei confronti della Sciri)”.

Lamentava l’appellante che avesse errato il Tribunale nell’accogliere l’eccezione avversaria di carenza di legittimazione attiva di Artelegno ed indica, a sostegno della censura, i documenti da cui trarre per contro, la propria legittimazione: il consuntivo redatto da Artelegno relativo alle modifiche ed aggiunte con la quale da Sciri Design ad Artelegno, “con la quale Sciri Design non contestava minimamente la legittimazione di Artelegno a richiedere le somme di cui al consuntivo per le opere ivi previste, ma contesta invece gli importi e le opere ivi esposte, riconoscendo di avere ordinato solo le opere specificatamente ordinate nella propria lettera e quantificando gli importi dovuti per tali opere” – inoltre, “in tale lettera si fa riferimento ad un incontro intervenuto in data 28.2.2006 con Artelegno (incontro nel quale Artelegno non aveva tuttavia accettato l’importo quantificato da Sciri Design)”; la lettera di Gruppo BPC del 14.04.06 con cui il medesimo, “a fronte della richiesta di Sciri Design di pagare direttamente ad Artelegno srl le opere dalla stessa eseguite e fatturate, invitava Sciri Design srl ad effettuare tale pagamento direttamente in favore di Artelegno srl, confermando che la legittimazione a richiedere il pagamento era di Artelegno srl e che nulla la stessa Gruppo BPC avrebbe chiesto a Sciri Design essendo Artelegno subentrata al Gruppo BPC nel contratto intervenuto” – lettera cui Sciri Design aveva dato seguito pagando soltanto gli importi contrattuali (doc. 18), ma non, appunto, quelli extra, per cui era lite; la lettera del 3.5.06, da Sciri Design ad Artelegno, con cui l’una autorizzava il proprio geom. P.M. a ritirare l’importo di Euro 9.350,00 versato in contanti ad Artelegno. E correlativa dichiarazione di ricevuta rilasciata dal P. ad Artelegno somma questa versata “su richiesta di Sciri Design srl a titolo di garanzia/acconto ad Artelegno in quanto il contratto è stato sottoscritto da Sciri spa. società che da li a poco sarebbe stata trasformata in Sciri Design srl”; lettere di Sciri Design ad Artelegno con cui l’una lamentava vizi nelle opere, che sono stati poi eliminati a cura di Artelegno cui Design dà atto della “corretta esecuzione dei lavori: contestati e la chiusura degli stessi, in particolare, Sciri Design sottoscrive per accettazione la conferma esecuzione lavori inviata da Artelegno. L’appellante censurava, inoltre, la tesi del Tribunale, per cui l’avere Sciti Design “chiesto che le opere di cui al contratto concluso con Gruppo BPC le venissero fatturate da Artelegno” er mera “modalità esecutiva”, riconducibile “alla figura della delegazione di pagamento”; e sostiene, per contro, che “la delegazione di pagamento dovrebbe intercorrere tra delegante – debitore (e, dunque, Sciri Design) e terzo (delegato al pagamento), mentre nel caso di specie vi è stata una sostituzione del creditore (che da Gruppo BPC è divenuto Artelegno srl)”.

Si costituiva T., sostenendo che la sentenza impugnata aveva reso una corretta lettura dei documenti acquisiti, anche di quelli indicati da controparte, attinenti al profilo del pagamento e non anche a quello della formazione del vincolo negoziale.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 988 del 2015, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del giudizio. La Corte distrettuale confermava quanto già evidenziato dalla sentenza impugnata e, cioè, che non risultava in alcun modo dimostrato che Sciri avesse stipulato un distinto contratto, per i lavori extra, con Artelegno, ulteriore rispetto a quello con Gruppo BPC. e neppure che il contratto con Gruppo BPC sia stato ceduto ad Artelegno.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Artelegno srl con ricorso affidato a due motivi. La società Sciri Design srl in questa fase è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= La società Artelegno srl lamenta:

a) Con il primo motivo di ricorso la violazione dell’art. 1988 e dell’art. 2697 c.c. laddove la sentenza impugnata ha ritenuto di confermare il difetto di legittimazione attiva di Artelegno (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Secondo la ricorrente la Corte distrettuale nel confermare il difetto di legittimazione attiva di Artelegno e dunque nel respingere la domanda di pagamento dalla stessa avanzata per le prestazioni extracontratto dalla stessa effettuate non avrebbe tenuto conto che la società Sciri Design non aveva mai contestato la legittimazione attiva di Artelegno nè aveva mai eccepito di non aver ordinato nessuna delle opere indicate nel consuntivo. In particolare, sempre secondo la ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto della lettera del 20 marzo 2006 che contiene il riconoscimento di prestazioni effettuate da Artelegno srl e non da BPC in favore di Sciri Design.

E di più la sentenza impugnata sarebbe viziata per violazione dell’art. 115 c.p.c. per non avere la Corte di merito posto a fondamento della propria decisione le prove offerte in giudizio e i fatti non specificamente contestati.

b) con il secondo motivo la ricorrente lamenta, come da rubrica: variante ordinate ed accette da Sciri Design e riconoscimento del debito di Euro 15.000,00 oltre Iva art. 360, comma 1, n. 5. Omesso esame circa un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Secondo la ricorrente la Corte distrettuale avrebbe omesso di esaminare il fatto che Sciri Design avesse ordinato ad Artelegno che avrebbe accettato le seguenti varianti e/o aggiunte rispetto al contratto inizialmente sottoscritto. L’esistenza di questo fatto storico risulterebbe da dati extratestuali e testuali.

Specifica altresì la ricorrente che la Corte di Appello avrebbe richiamato nella narrativa in fatto e in diritto il fatto storico ma avrebbe completamente omesso di esaminare nella parte motiva tale fatto storico emergente dal documento richiamato.

1.1. = I motivi, che per la loro innegabile connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

Giova osservare che il creditore per poter dimostrare l’esistenza del credito (e del conseguente debito) deve avere un titolo: ad esempio, un atto (contratto) se il credito ha la sua fonte in una obbligazione contrattuale, oppure il titolo può essere un atto illecito (risarcimento del danno) se il credito ha la sua fonte in una obbligazione extra contrattuale. Tuttavia, è possibile che il debitore, riconosca l’esistenza del debito oppure attui una ricognizione del debito (art. 1988 c.c.). La differenza tra le due ipotesi è essenzialmente teorica, perchè entrambe le ipotesi hanno i medesimi effetti: infatti, con il riconoscimento del debito il debitore manifesta una volontà diretta a confermare l’esistenza del debito, con la ricognizione del debito il debitore riconosce il debito, indirettamente, poichè l’intento (diretto) del debitore è quello di procedere ad una mera ricognizione (inventario) del debito.

In particolare, poi, va qui osservato che la “ricognizione di debito, come qualsiasi altra manifestazione di volontà negoziale, può risultare anche da un comportamento tacito, purchè inequivoco, tale essendo il contegno che nessuno terrebbe se non al fine di riconoscersi debitore, e senza altro scopo se non quest’ultimo” (Cass. sent. n. 14993 del 21 luglio 2016), dovendo inoltre compiersi, nell’interpretazione dell’atto ricognitivo, “una ricostruzione dell'”intenzione delle parti” (rilevante sotto il profilo di cui all’art. 1362 c.c.) afferente, in via esclusiva, alla volontà espressa dal dichiarante, e non certamente a quella – peraltro, del tutto ipotetica – del destinatario di quelle dichiarazioni” (Cass. n. 11433 del 10 agosto 2002).

In entrambe le ipotesi, comunque, il creditore risulta sollevato dal provare l’esistenza del suo credito e ad un tempo l’esistenza di un titolo fonte del suo credito, perchè il riconoscimento, e la ricognizione, del debito in se comportano non solo la dimostrazione dell’esistenza del credito (o se si vuole del debito) ma anche la prova dell’esistenza di una legittima fonte della obbligazione correlata al debito riconosciuto.

Ora, la sentenza impugnata non ha tenuto conto di questi principi e, nonostante, la Sciri Design abbia riconosciuto il proprio debito per le opere extra contratto in favore di Artelegno srl ha respinto la domanda di Artelegno di pagamento delle opere che aveva eseguito a vantaggio della società Sciri Design.

Infatti come risulta dalla sentenza impugnata (pag. 2) e come meglio viene specificato dalla ricorrente Sciri Design srl con lettera del 20 marzo 2006 diretta ad Artelegno la società Sciri Design specificava “(….) a conferma degli accordi raggiunti a chiusura dei lavori di allestimento ns show room restiamo in attesa vostra fattura Euro 15.000,00 + Iva relativa alle seguenti voci fornitura sedie, posa parqcolor, posa lana di vetro, muretto zona sanitari, bocchettone, banco reception, smantellamento, cassettiera, mobiletti che come da accordi sarà a saldo di ogni sospeso con la Vs società (…)”.

In definitiva il ricorso va accolto la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Milano anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile di questa Corte di Cassazione, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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