Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27513 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 30/12/2016, (ud. 06/10/2016, dep.30/12/2016),  n. 27513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19930-2015 proposto da:

R.I. (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ELIO ANTONIO CORSARO;

– ricorrente –

contro

D.B.A. (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO AMATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1657/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 02/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato FRANCESCO AMATO, difensore del controricorrente, che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO che ha concluso per l’inammissibilità o comunque per

il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

D.B.A. conveniva nel 1998 in giudizio R.I. innanzi al Tribunale di Catania al fine di sentir condannare il convenuto ad ultimare le forniture e le rifiniture già pattuite con scrittura privata del 31 dicembre 1997, a mezzo della quale era stato promesso in vendita, per il prezzo complessivo di 385 milioni Lire, una villa a schiera in (OMISSIS), di poi non ultimata.

L’attore precisava il tipo di mancate rifiniture (vetri alle finestre della cantina, maniglie ed inottemperanza a lievi modifiche richieste) e chiedeva, inoltre, che il convenuto fosse condannato alla stipula dell’atto pubblico entro un termine e, in mancanza, domandava l’emissione di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c..

Il R., costituitosi in giudizio, contestava l’avversa domanda, chiedendone il rigetto, e – deducendo che il D.B. non aveva pagato la quota di prezzo di Lire 125 milioni, occupando l’immobile dopo averne ottenuto le chiavi – domandava in via riconvenzionale la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento dell’attore, con condanna di quest’ultimo al risarcimento danni.

L’adito Tribunale, con sentenza dell’8 giugno 2000, dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attore, condannato al rilascio dell’immobile ed al pagamento della somma di nove milioni Lire, oltre che delle spese del giudizio. Avverso la suddetta decisione del Tribunale di prima istanza il D.B. interponeva appello, resistito dal R., che proponeva appello incidentale.

La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 1^ agosto 2003, rigettava entrambi i gravami.

Avverso tale decisione della Corte etnea ricorreva per cassazione il D.B..

Questa Corte, con sentenza n. 24451/2009, annullava con rinvio la citata decisione della Corte territoriale.

Con la detta sentenza veniva statuito che si imponeva una nuova valutazione dei comportamenti delle parti avendo la prima cassata sentenza della Corte territoriale negato al D.B. la possibilità di avvalersi dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e, quindi, valutato l’irrilevanza degli inadempimenti dedotti a carico del R. con insufficiente valutazione delle postille aggiuntive al preliminare inter partes e del conseguente venir meno della perentorietà dei termini fissati con lo stesso.

Il D.B. riassumeva il giudizio insistendo nella originaria domanda.

Il R., costituitosi, chiedeva il rigetto dell’appello e la conferma della decisione di primo grado.

Con sentenza n. 1657/2014 la Corte di Appello di Catania, all’esito del giudizio di rinvio, accoglieva l’appello proposto dal D.B. e statuiva il trasferimento in suo favore, ai sensi dell’art. 2932 c.c., dell’unità immobiliare di cui in atti in virtù del succitato preliminare del 31 dicembre 1997, condannando il R. al completamento dei lavori di cui al punto n. 3 del preliminare, subordinando l’efficacia del trasferimento al pagamento – da parte dell’appellante – al residuo del prezzo di Euro 196.531,94 entro giorni sessanta dal passaggio in giudicato della sentenza e con condanna del R. alla restituzione delle somme versate dal D.B. in esecuzione di precedenti sentenze, noinchè al pagamento delle spese processuali.

Per la cassazione della decisione della Corte di Appello di Catania ricorre il R. con atto affidato a sei ordini di motivi.

Resiste con controricorso il D.B..

Nell’approssimarsi dell’udienza ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., il R..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. – Con il primo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il vizio di violazione dell’art. 190 c.p.c. per aver la Corte distrettuale ammesso quale memoria di replica uno scritto difensivo costituente vera e sostanziale comparsa conclusionale.

Il motivo non può essere accolto.

Con la gravata decisione la Corte territoriale rende conto della decisione in punto adottata.

In proposito appare corretto il riferimento alla pronuncia di questa Corte (Cass. civ., Sez. Terza 25 marzo 2002, n. 4211), secondo la quale “la memoria di replica di cui all’art. 190 c.p.c. va considerata… come tale alla sola condizione che la parte la abbia comunicata all’avversario” in termini.

Parte ricorrente non adduce alcun motivo e argomentazione idonei a mutare l’orientamento giurisprudenziale di cui alla predetta pronuncia.

Per di più l’eventuale violazione avrebbe natura di carattere processuale senza dimostrata incidenza ed incisività sulla pronuncia oggetto impugnazione.

Il motivo deve, dunque, essere respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si prospetta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del disposto della S.C..

Il motivo deduce, infondatamente, che la Corte distrettuale avrebbe statuito partendo dal presupposto che questa Corte aveva già determinato inadempimento del R..

Questa Corte, invece, ebbe a suo tempo con la succitata sentenza del 2009 a rinviare per una nuova valutazione e comparazione degli inadempimenti delle parti in causa.

Tale compito è stato svolto correttamente da Corte territoriale.

Il motivo, perciò, va rigettato in quanto infondato.

3.- Con il terzo motivo parte ricorrente, ex art. 360 c.p.c., n. 3, lamenta – testualmente- “errata interpretazione ed applicazione degli artt. 1455 e 1460 c.c. ritenendo di maggior gravità inadempimento del Sig. R. a fronte di quello del Sig. D.B., il quale merita il premio che la sentenza impugnata ha dato”.

Col motivo (al di là di un probabile refuso quanto al fatto se il D.B. meriti o non meriti il detto “premio”) si aggredisce la gravata decisione facendo in sostanza leva sulla dedotta errata comparazione degli inadempimenti contrattuali.

La censura involge certamente un apprezzamento squisitamente di merito.

L’effettuata comparazione per di più non risulta censurata adeguatamente per mancanza di specificità delle contestazioni enunciate, per la genericità delle stesse basata sostanzialmente solo su una mera affermazione apodittica.

Il motivo va, quindi, respinto.

4. – Con il quarto motivo del ricorso si prospetta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il vizio di “errata interpretazione delle clausole contrattuali”.

Il motivo si risolve in una generica contestazione della detta interpretazione demandata in primis dall’ordinamento al Giudice del merito, svolta correttamente nella specifica ipotesi per cui è causa e, come tale, non sindacabile innanzi a questa Corte in assenza – per di più – di addotte rilevanti incongruenze logiche in cui sarebbe incorsa la Corte di merito 1 motivo va, pertanto, respinto.

5.- Con il quinto motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione dell’art. 1363 c.c. in ordine all’interpretazione del contratto inter partes (postilla 3).

Il motivo qui in esame, in quanto consistente in uno sviluppo della prospettazione di cui al motivo che precede, può essere respinto in ragione della stessa argomentazione di cui innanzi, stante la già ritenuta correttezza della interpretazione svolta.

6.- Con il sesto ed ultimo motivo si deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1366 e 1367 c.c. per errata interpretazione della clausola contrattuale n. 9.

Anche tale motivo va respinto per il medesimo ordine di ragioni innanzi esposte.

7.- Alla stregua di quanto innanzi esposto; affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

8.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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