Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27511 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. II, 19/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 19/12/2011), n.27511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7281/2006 proposto da:

B.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIUSEPPE MANGILI 36/A, presso lo studio dell’avvocato

MONACO SORGE Carmine, che rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ZONCA GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

H.S., F.S., N.C., L.

A., H.E., C.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II 229, presso lo studio

dell’avvocato BONFIGLIO RAFFAELE, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LENZINI GIANFRANCO;

CONDOR SRL (P.Iva (OMISSIS)) in persona dell’Amministratore Unico

Sig.ra B.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

UFENTE 12, presso lo studio dell’avvocato BRESMES FRANCESCO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato INTERNULLO ALFONSO;

– controricorrenti –

e contro

M.S., M.A., M.C., D.

U.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 110/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 23/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato BONFIGLIO Raffaele, difensore dei resistenti

CARRIERO Alfonsa + 5 che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.E., H.E. e H.S. vendevano a B.A. un appartamento ed un’autorimessa, nonchè la quota millesimale di un giardino situati nel complesso condominiale sito in (OMISSIS). Al punto 19, dell’atto in questione, le parti pattuivano quanto segue: “I venditori riservano a proprio favore, ed a favore dei propri aventi causa, a tempo indeterminato, il diritto di superficie al di sotto dell’area al mappale 2201 e precisamente sull’area da distinguersi (…) con il mappale definitivo (4247). Tale diritto è esteso anche al suolo del mappale 2201 nei limiti necessari all’esecuzioni di opere e manufatti al servizio delle costruzioni che verranno edificate nel sottosuolo.

Per l’accesso carraie e pedonale all’area mappale (4247) ed alle fiende costruzioni, viene costituita perpetua servitù di passaggio pedonale e carraie e con ogni mezzo nel portone di ingresso nella (OMISSIS). I venditori si riservano inoltre il diritto di occupare il cortile comune con materiale, attrezzature da cantiere e quant’altro al servizio dell’attività di impresa per tutto il tempo necessario all’esecuzione delle costruzioni al mappale (4247)”. In ragione di tale clausola, gli aventi causa dei suddetti venditori, costruirono sul sottosuolo delle autorimesse e a seguito dei lavori risultò: a) che la superficie del giardino era diminuita di mq. 76 essendovi stata costruita la rampa di accesso alle autorimesse sotterranee; b) che era stata demolita una preesistente tettoia di circa 13 mq per far posto alla suddetta rampa; c) che erano stati estirpati tre abeti rossi di circa m. 8 di altezza e una betulla alta circa 9 metri; d) che erano stati piantati nuovi alberi; e) che il giardino era stato ricostituito con uno strato di terra di cm. 70 che pur consentendo di ottenere ottimi risultati estetici, tuttavia, non consentiva la piantumazione di alberi di alto fusto (prima grandezza) ma solo alberi di terza grandezza e con le opportune cautele, anche piante di seconda grandezza.

B.A., lamentando la lesione del proprio diritto di comproprietà sul giardino, conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Bergamo gli aventi causa del venditore al fine di sentire dichiarare: a) la nullità della clausola n. 19 di cui si è detto, essendo il contenuto indeterminato e indeterminabile ex art. 1346 cod. civ., in quanto il diritto di superficie sul soprasuolo (ossia sul giardino) era stato limitato a quella parte dove avrebbero dovuto essere realizzate le opere e i manufatti al servizio delle costruzioni nel sottosuolo; b) la remissione in pristino dello stato dei luoghi in tutti i suoi elementi che lo costituivano Il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 853 del 2001, dichiarava la legittimazione attiva e passiva di tutte le parti in causa; b) dichiarava legittimamente costituitosi e successivamente trasmesso il diritto di superficie sul soprassuolo mapp. 2201; c) rigettava la domanda di nullità parziale della clausola n. 19; d) condannava i convenuti a ripristinare lo stato dei luoghi nei limiti indicati dal CTU; e) condannava i convenuti a risarcire alla B. il danno patrimoniale derivatole pro quota secondo la statuizione in parte motiva; f) rigettava la domanda di manleva proposta da uno dei convenuti (Condor srl) nei confronti dei venditori H..

Avverso tale sentenza interponeva appello B., davanti alla Corte di Appello di Brescia, cui si sono opposti gli appellati, aventi causa dagli originari proprietari ( C.A., N.C., L.A., F.S., H. S. e H.E. e la società Condor srl). La società Condor proponeva appello incidentale.

La Corte di Appello di Brescia con sentenza n. 110 del 2005 rigettava l’appello principale accoglieva parzialmente l’appello incidentale proposto dalla società Condor srl, condannava la Condor in solido con C.A., N.C., L.A., F.S., D.U., M.A., M. C., M.S., H.S. e H.E. a risarcire a B. del danno derivatole pro quota nella minor misura di Euro 13.427,88 condannava B. al pagamento delle spese processuale del giudizio d’appello.

A sostegno di questa decisione la Corte bresciana osservava: a) che il primo e il terzo motivo dell’appello erano inammissibili, quanto al primo motivo perchè la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata era del tutto diversa rispetto a quella censurata dall’appellante e quanto al terzo perchè il primo giudice non aveva affatto omesso la decisione ma al contrario aveva ritenuto che le autorimesse fossero state costruite legittimamente tanto è vero che ha concluso: di non poter ordinare la demolizione quand’anche al solo fine di consentire il ripristino di uno strato di terreno tale da consentire la piantumazione di piante di prima grandezza; b) che la rampa oggetto del giudizio integrava gli estremi di una vera e propria costruzione, c) andava riconosciuto alla B. il diritto al risarcimento danni conseguente alla perdita della possibilità di godere mq. 76 di giardino corrispondente alla superficie utilizzata per la costruzione della rampa di accesso all’autorimessa.

La cassazione della sentenza della Corte di appello di Brescia è stata chiesta da B.A. con atto di ricorso affidato a sei motivi, illustrati da memoria. C.A., N. C., L.A., F.S., H.S. e H.E. e separatamente, la società Condor hanno resistito con separati controricorsi, entrambi illustrati da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo B.A. lamenta ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5: la violazione e falsa applicazione di norme di legge, con riferimento all’art. 1421 cod. civ. e dell’art. 342 c.p.c..

Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti e rilevabile d’ufficio. Specifica la ricorrente che con il primo motivo di appello aveva censurato il ragionamento svolto nella sentenza del Tribunale di Bergamo per affermare la validità della clausola n. 19 del contratto di compravendita costitutiva del diritto di superficie sul soprassuolo del giardino ed aveva chiesto che in sua totale riforma ne fosse dichiarata la nullità. Il Giudice di appello invece di riesaminare tale punto della controversia, così confermando o riformando la decisione del primo giudice, ha dichiarato inammissibile l’appello ritenendolo privo della specificità richiesta dall’art. 342 c.p.c..

Secondo la Corte bresciana – scrive ancora la ricorrente – l’appellante non si sarebbe accorto che la ratio decidendi in base alla quale era stata respinta l’eccezione di nullità della clausola n. 19 non era quella della determinabilità dell’oggetto di quella clausola, dovendo, invece, essere ravvisata nel convincimento del giudice di Bergamo che la predetta clausola aveva esteso il diritto di superficie dei convenuti non ad una parte soltanto del giardino ma a tutta la sua area. Epperò -ritiene la ricorrente- in nessuna parte della sentenza del Tribunale di Bergamo sta scritto che il diritto di superficie era stato costituito su tutto il giardino, cosa per altro escluso, dato che il primo giudice aveva distinto gli alberi e i manufatti che i convenuti avevano legittimante eliminato (….) e alberi “da considerarsi di proprietà comune dei condomini” illegittimamente distrutti con conseguente obbligo risarcitorio perchè insistenti su aree che non era necessario manomettere per la realizzazione dall’autorimessa interrata. Dal che risulterebbe – sempre a giudizio della ricorrente – che anche il primo giudice riteneva che il diritto di superficie non era stato costituito su tutto il giardino perchè, se così fosse stato, nulla di quanto su quello insistente avrebbe potuto essere di proprietà dei condomini.

1.1.= La censura è infondata e non può essere accolta perchè la Corte bresciana ha correttamente individuato la ratio decidendi della sentenza del Tribunale, la quale aveva riconosciuto l’esistenza di un diritto di superficie sull’intero mappale 2201, relativo al sottosuolo e al soprasuolo, e non su una parte di esso, sia pure limitando l’utilizzazione della superficie alle opere a servizio delle costruzioni del sottosuolo; in tal senso, era la chiara indicazione contenuta nel dispositivo della sentenza del Tribunale, laddove -come indica la Corte di merito- si affermava che “dichiarava legittimamente costituitosi e, successivamente, trasmesso il diritto di superficie sul soprassuolo mapp. 2201 di are 3,60. e nel corso della motivazione laddove si affermava -come indica, ancora, la Corte di merito: “per altro il diritto di superficie assolutamente sussistente sul mappale n. 2201 (dunque su tutto il mappale e non solo su una parte di esso).

1.1.a).= Pertanto, la Corte bresciana, con la sentenza impugnata, non ha violato la disposizione di cui all’art. 342 c.p.c., perchè la censura in appello era fondata sul presupposto che il diritto di superficie fosse limitato ad una parte (non determinata e non determinabile) del giardino, con la conseguente nullità della clausola, non potendo il suddetto diritto esser individuato ex post e, cioè, con quella parte di giardino in cui era stata costruita la rampa.

1.1.b).= Resta assorbito il secondo profilo della censura perchè non vi è spazio per la rilevabilità di ufficio di una nullità per l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto, che è stata invece esclusa dal Tribunale e che aveva formato oggetto di specifica impugnazione della parte, sia pure per profili inammissibili. Come insegna questa Corte: il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità dell’atto va necessariamente coordinato con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e trova applicazione soltanto quando la nullità si ponga come ragione di rigetto della pretesa attorea (ad esempio: di esecuzione di un atto nullo), non anche quando sia, invece, la parte a chiedere la dichiarazione di invalidità di un atto ad essa pregiudizievole, dovendo in tal caso la pronuncia del giudice essere:

circoscritta alle ragioni di illegittimità denunciate dall’interessato, senza potersi fondare su elementi rilevati d’ufficio o tardivamente indicati, giacchè in tal caso l’invalidità dell’atto si pone come elemento costitutivo della domanda attorea (Sent. n. 20548 del 2004).

2= Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta: ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 112 c.p.c.. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 840, 952 e 955 cod. civ..

Art. 360, comma 1, n. 5 erroneità della motivazione. Secondo la ricorrente, la Corte bresciana statuendo “laddove si consideri che nessuno può seriamente mettere in dubbio il fatto che la rampa in questione debba essere considerata una costruzione a tutti gli effetti giuridici” e che “la rampa, quindi in quanto costruzione deve considerarsi legittimamente costruita in virtù del diritto di superficie costituito al di sotto dell’area in questione”, si sarebbe pronunziata su una questione non sollevata dalle parti in causa che mai avevano chiesto che si accertasse che lo scivolo era stato costruito in diritto di superficie del sottosuolo. Nessuno aveva scritto che la rampa non fosse una costruzione ciò che andava deciso era, secondo le allegazioni delle parti in causa se la rampa fosse opera costruita in conformità o in violazione del diritto di superficie costituito sul soprassuolo e se fosse corretta la pronuncia del giudice di primo grado che aveva stabilito che era opera costruita grazie al diritto di superficie costituito sul soprassuolo con la più volte citata clausola n. 19, perchè come da quella previsto, posta al servizio dell’autorimessa costruita sul sottosuolo.

2.1.= Il motivo è infondato e non merita di essere accolto perchè la Corte di merito ha correttamente interpretato la censura che l’appellante aveva formulato ed ha correttamente motivato la decisione di considerarsi legittimamente costruita la rampa di accesso all’autorimessa, in virtù del diritto di superficie costituito al di sotto dell’area di cui si dice. A ben vedere l’appellante aveva lamentato che la rampa di accesso realizzata con uno sbancamento di tre metri non poteva costituire costruzione nell’esercizio del diritto di superficie sul soprassuolo (perchè era stata realizzata nel sottosuolo mediante sbancamento di tre metri).

La motivazione della Corte bresciano, pertanto, si riferisce proprio alla realizzazione dello sbancamento e alla realizzazione della rampa la quale (in effetti, è stata realizzata nel sottosuolo e, quindi, nell’esercizio del diritto di superficie sul sottosuolo.

2.1.a).= Altra questione sarebbe, invece, se la realizzazione delle opere al servizio dell’autorimessa nel sottosuolo dovesse comportare o meno la definitiva occupazione e quindi la perdita di disponibilità dell’area sovrastante. Epperò, tale questione che attiene all’interpretazione della grandezza. D’altra parte il rigetto del secondo motivo consente di ritenere legittima la utilizzazione dei 70 mq di terreno per la rampa.

4= Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, insufficienza e contraddittorietà delle motivazioni. In particolare secondo il ricorrente la Corte di Appello di Brescia avrebbe travisato il motivo di appello proposto, relativo al fatto che il Tribunale pur autorizzando la signora B. a rimettete il giardino nel primitivo stato (sia pure nei termini specificati dal CTU) non si sarebbe, però, pronunciato sulla domanda di loro condanna ad anticipare dette spese previa determinazione del loro ammontare a mezzo di CTU. Sicchè, specifica la ricorrente il motivo di appello non era riferito alla mancata quantificazione delle spese occorrente per il ripristino ma alla mancata condanna dei convenuti al pagamento dell’importo corrispondente alle spese da sostenersi non determinate ma da determinarsi con CTU. 4.1.= Il motivo nella sua interezza è inammissibile per mancata indicazione delle norme di diritto in ipotesi violate e perchè il vizio di motivazione non è sufficientemente dedotto.

Tuttavia, va qui osservato che il Tribunale ha posto a carico dei convenuti le spese di ripristino, mentre è evidente che la quantificazione della spesa attiene alla fase dell’esecuzione, come ha correttamente stabilito la Corte bresciana.

5.= Con il quinto motivo la ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

Secondo la ricorrente, la Corte bresciana avrebbe travisato il motivo di appello con il quale la B. aveva censurato la sentenza di primo grado per la mancata pronuncia su parte delle sue domande e cioè quelle formulate per ottenere: a) il rimborso delle spese sostenute per la difesa in sede possessoria dei propri diritti; b) il risarcimento del danno provocato dalla mancata possibilità di godere del giardino nella sua originaria configurazione e consistenza; c) il risarcimento del danno morale causatole da comportamento penalmente perseguibili.

Epperò ritiene la ricorrente la Corte bresciana ha travisato il motivo di appello perchè avendo affermato che: 1) il giudizio possessorio è un giudizio a se stante rispetto a quello per cui è causa ed essendo risultata l’appellante soccombente, non è chiaro come sulla base di quel principio giuridico possa chiedere la ripetizione delle spese legali sostenute”; non avrebbe tenuto conto che la richiesta di rimborso delle spese legali era stata formulata a titolo di risarcimento danni conseguente alla accertata violazione dei diritti domenicali della B.; 2) “nulla spetta all’appellante perchè, dovendosi ritenere il giardino così come ricostruito, del tutto legittimo, la B. mai più avrà la possibilità che vi siano piantati alberi di prima grandezza, non ha tenuto conto che il giudice di primo grado aveva condannato i convenuti in via tra loro solidale a ripristinare lo stato dei luoghi nei limiti indicati dal Consulente Tecnico di Ufficio; 3) non essendo configurabile, neppure astrattamente, alcun reato neppure è dovuto il danno morale,non avrebbe tenuto conto che la cessione della proprietà del suolo del giardino alla signora B. e agli altri condomini, era stata ceduta anche la proprietà di quanto su quello esistente ed in particolare, delle piantagioni che ex art. 956 cod. civ. non possono essere trasferite separatamente dalla proprietà del suolo.

5.1.= Il motivo è inammissibile per mancata indicazione delle norme di diritto dichiarato dal giudice di primo grado. B) Avrebbe errato la Corte di Appello di Brescia, sempre secondo la ricorrente- nell’aver disposto che la Condor srl era tenuta in solido con gli altri appellati a risarcire B.A. del danno derivatole prò quota nella minor misura di Euro 13.427,88 quando invece nella parte motiva aveva affermato che solo la Condor srl sarà tenuta in solido con gli altri appellanti a pagare alla B. il risarcimento del danno nella minor misura di Euro 13.427,88 mentre i restanti appellanti non avendo proposto appello incidentale (…) continueranno ad essere tenuti in solido al pagamento della maggior somma di Euro 118.075,99.

6.1.= La censura è infondata e non può essere accolta perchè la sentenza non contiene le contraddizioni evidenziate dalla ricorrente, considerato che quelle contraddizioni sono dovute ad una erronea interpretazione della sentenza nella parte che qui interessa.

6.1.a).= A) Avuto riguardo al primo profilo del motivo, in esame, va qui osservato che non sussiste la contraddizione rilevata dalla ricorrente, essenzialmente perchè la ratio decidendi è sempre quella di considerare che il diritto di superficie, di cui si dice, vantato dai convenuti, si estende su tutto il sottosuolo e su tutto il soprassuolo. Nè tale affermazione può ritenersi smentita o contraddetta dall’affermazione, in altra parte della sentenza, secondo cui la rampa di accesso all’autorimessa doveva ritenersi legittimamente costruita in virtù del diritto di superficie costituito al di sotto dell’aerea in questione perchè la prima affermazione è più ampia della seconda e la seconda, in buona sostanza, può essere ricompresa nella, e/o, comunque, integrata dalla prima.

6.1.b).= B) neppure esiste la contraddizione evidenziata dalla ricorrente in merito al secondo dei profili del motivo in esame perchè la Condor srl era ed è rimasta obbligata solidale con gli altri salvo che la sua partecipazione in termini economici non dovrà essere calcolata in ragione dell’importo riportata dalla sentenza riformata ma in misura del nuovo importo che è stato determinato dal giudice dell’appello.

6.1.c).= A bene vedere nell’ipotesi in esame va rispettata la prescrizione di cui all’art. 1306 cod. civ. e al tempo stesso, quella di cui all’art. 2909 cod. civ.. In ragione dell’art. 1306 cod. civ. la sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori anche se gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore. In ragione dell’art. 2909 cod. civ. l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le1 parti, i loro eredi o aventi causa. Pertanto, una considerazione che coniughi le prescrizioni di queste disposizioni determina il risultato che è stato espresso dalla Corte bresciana e, cioè, che la Condor srl è coobbligata unitamente agli altri indicati dalla sentenza di primo grado a risarcire il danno prodotto alla B. con la specificazione che la stessa sarà obbligata pro quota secondo l’importo rideterminato dalla Corte di appello di Brescia corrispondente ad Euro Euro 13.427,88, anzichè ad Euro Euro 118.075, 99 sulla quale, invece, dovrà essere calcolata la quota di partecipazione degli altri condebitori in solido.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese giudiziali che liquida: a) a favore di C. più altri, in Euro 3000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre accessori come per legge; b) a favore della società Condor srl, in Euro 2800,00 oltre 200,00 per esborsi e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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