Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2751 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 05/02/2020), n.2751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11684-2019 proposto da:

A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANNA ROSA ODDONE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 16214/2018 del TRIBUNALE di TORINO,

depositato il 28/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto in data 28 febbraio 2019 il Tribunale di Torino rigettava il ricorso proposto da A.E. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex artt. 2 e 14, e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, una volta constatato come il racconto del richiedente asilo (il quale aveva riferito che, a seguito della morte della fidanzata nel tentativo di abortire, era stato costretto ad allontanarsi dalla Nigeria per sfuggire sia alla vendetta del padre della ragazza, sia ad un arresto) non fosse attendibile: i) osservava che nell’Edo State, zona da cui proveniva il migrante, non sussisteva una generalizzata situazione di violenza indiscriminata; ii) rilevava che il migrante non aveva allegato, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, alcuna situazione pregiudizievole afferente ai beni primari della persona; iii) riteneva, all’esito di una valutazione comparativa fra la situazione di integrazione in Italia e la situazione di rientro nel paese di origine, che non risultasse un’effettiva e incolmabile sproporzione fra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali; iv) rigettava, di conseguenza, le domande proposte;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia al fine di far valere due motivi di impugnazione;

il Ministero dell’Interno si è costituito, al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., allo scopo di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), o comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, denuncia l’intervenuta violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto il Tribunale non avrebbe valutato fonti aggiornate e specifiche sulla situazione in atto in Nigeria, fornendo inoltre un carente motivazione in merito a tale apprezzamento;

3.2 il secondo motivo di ricorso, sotto la rubrica “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, assume che il Tribunale avrebbe omesso di valutare la condizione di vulnerabilità del ricorrente, rappresentata in termini di stress emotivo e sofferenza psichica in atto, già positivamente considerata dalla medesima autorità giudiziaria al fine di concedere la protezione umanitaria;

4. il primo motivo risulta, nella sua prima parte, inammissibile;

il decreto impugnato infatti dà conto delle plurime fonti internazionali consultate (costituite dal sito Viaggiare Sicuri del Ministero degli Esteri, Human Rights Watch 2015, International Committee of the Red Cross 2015 e UNHCR) sulla specifica situazione esistente, anche in termini di attualità, nella specifica regione di provenienza del migrante;

la censura in esame prescinde dagli argomenti offerti dal giudice di merito e risulta così priva dei caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata che il ricorso per cassazione deve necessariamente avere (Cass. 6587/2017, Cass. 13066/2007);

5. la seconda parte del primo motivo, al pari della successiva censura, si parametra al vizio di motivazione che poteva essere dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, prima che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, limitasse tale motivo di ricorso al solo omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti;

in seguito a questa riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 23940/2017);

le carenze motivazionali denunciate dal ricorrente non sono riconducibili nell’alveo del vizio di motivazione così rimodellato, sia per la presenza di argomentazioni obbiettivamente idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., Sez. U., 22232/2016), sia per la mancata indicazione del dato, testuale o extratestuale, da cui il fatto storico che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare risultava esistente nonchè del come e del quando tale fatto fosse stato oggetto di discussione processuale tra le parti (Cass., Sez. U., 8053/2014);

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. e al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Al sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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