Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27508 del 10/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 27508 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 16975-2008 proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

I.N.P.S.
SOCIALE

C.F.

80078750587

in

persona

del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.,
2013
2658

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA
17,

presso

l’Avvocatura

Centrale

dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati MARITATO LELIO,
CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, giusta delega
in atti;

Data pubblicazione: 10/12/2013

- ricorrente contro

SOCIETA’
OCCUPAZIONE

COOPERATIVA
S.R.L.,

AGRIGENTINA
in

persona

GIOVANI
del

E

legale

rappresentante pro tempore, già elettivamente

l’abitazione del Sig. SALVATORE BATTAGLIA,
rappresentata e difesa dall’avvocato OLINDO DI
FRANCESCO, giusta delega in atti e da ultimo presso
la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

controricorrente

avverso la sentenza n. 390/2007 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 23/05/2007 R.G.N.
1922/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/09/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE per delega MARITATO
LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

domiciliata in ROMA, VIA DEI GONZAGA 37, presso

Udienza 24.9.2013, causa n. 13

R.G.

n. 16975/08

La Corte di appello di Palermo con sentenza del 15.3.2007 accoglieva l’appello della
Società cooperativa agrigentina giovani e occupazione nei confronti dell’INPS e
revocava il decreto ingiuntivo emesso dal Pretore di Agrigento in data 2.6.1000 su
istanza dell’INPS per il pagamento di contributi previdenziali omessi per il periodo
1990-1995. La Corte territoriale rilevava che — prima della novella del 2001- doveva
essere riconosciuta, alla luce della giurisprudenza di legittimità, la tutela previdenziale
propria del tipo di lavoro effettivamente prestato e, nel caso di specie, l’attività cui si
riferiva il decreto ingiuntivo non era stata prestata con modalità tali da poterla ritenere
di natura subordinata, come emerso dalla prova per testi che avevano dimostrato la
natura saltuaria ed autonoma delle prestazioni svolte.
Avverso detta decisione propone ricorso l’INPS con un motivo corredato da memoria
difensiva ex art. 378 c.p.c.; resiste la cooperativa con controricorso, illustrato con
memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Circa la sollevata eccezione di tardività del ricorso la stessa appare infondata in quanto
la prima notifica è stata attivata nel termine il 23 Maggio del 2008 e non è andata a buon
fine essendosi il procuratore della parte intimata, presso cui la stessa era domiciliata,
trasferito. A breve distanza di tempo è stata effettuata una nuova notifica 1’11 Giugno
2008 con esito positivo che ha sanato la precedente irregolarità essendo intervenuta in”
un termine ragionevolmente contenuto” tenuto conto dei tempi necessari secondo la
comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le
informazioni ulteriori conseguentemente necessarie ( cfr. cass. n. 17352/2008).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il motivo proposto di allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 terzo
comma R.D. 28.8.1924 etc. La Cassazione ha affermato con una giurisprudenza ormai
consolidata che le cooperative, anche prima della novella del 2001, devono considerarsi
ai fini assicurativi datori di lavoro riguardo soci impiegati in lavori assunti dalla stessa
cooperativa, operandosi una fletto juris che assicura a queseultimi la medesima
copertura assicurativa dei lavoratori subordinati.
Il motivo appare fondato e pertanto va accolto. Questa Corte con sentenze nn. 9705 .4_
9706/ del 2010 ( ma anche già con la sentenza n. 13818/08 e con la n. 164/2009íTiann
e’ o
43554/9
rivisitato il principio di diritto precedentemente affermato dalle Sezioni unite con la
decisione n. 13697/2004 affermando il diverso orientamento per cui sotto il vigore del

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R.D. 28.8.1924 la tutela previdenziale dei soci che vengono ad essere impiegati in lavori
assunti dalla cooperativa è quella dei lavoratori subordinati non rilevando, invece, che il
rapporto sia qualificabile come di lavoro autonomo ( come emerge dalla motivazione
della sentenza impugnata secondo la quale i testi avrebbero confermato la natura
autonoma delle prestazioni). La Corte ha infatti precisato “Il ravvisato obbligo di
pagare la contribuzione sui compensi erogati ai soci lavoratori grava sulla cooperativa,
in forza, come più volte si è affermato, di una disposizione remota nel tempo ma ancora
vigente (per il periodo anteriore all’entrata in vigore della L. n. 142 del 2001) costituita
dal R.D.L. 28 agosto 1924, n. 1422, art. 2 il quale prevede che “Le società cooperative
sono datori di lavoro anche nei riguardi dei loro soci che impiegano in lavori da essa
assunti”. (Analogo è il tenore del R.D. 7 dicembre 1924, n. 2270, art. 2, comma 2,
regolamento per l’esecuzione del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3158 concernente
provvedimenti per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria; il
D.P.R. n. 797 del 1955, attribuisce ai medesimi soci gli assegni familiari, il R.D. n.
1343 del 1928, assicura i soci contro il rischio della tubercolosi, e il DPR 30 giugno
1965, n. 1224, art. 4, nn. 7 e 9 garantisce ai soci la tutela antinfortunistica). Una volta
confermato che l’obbligo contributivo grava sulla cooperativa, si pone l’ulteriore
problema di decidere quale ne sia la disciplina e cioè se, anche per i soci lavoratori,
debba essere applicato il regime previsto per i lavoratori dipendenti. Invero, prima
dell’intervento della sentenza delle Sezioni unite n. 13967/2004 invocata dalla
Cooperativa, la lesi largamente maggioritaria era quella secondo cui il R.D. n. 1422 del
1924, art. 2 regolamento attuativo della legge delegata R.D. 30 dicembre 1923, n. 3184,
equipara con una gnzione, e per i fini assicurativi, la posizione dei soci lavoratori di
società cooperative a quella dei lavoratori subordinati, con conseguente sussistenza
dell’obbligazione contributiva a carico di tali società, a prescindere dalla sussistenza
degli estremi della subordinazione e dfatto chqa cooperativa svolga attività per conto
proprio o per conto terzi. In questo stesso senso si sono pronunciate, tra le tante. Cass.
25 maggio 2002 n. 7668. 14 dicembre 2002 n. 1.7915. 1 agosto 2003 n. 3053, 7 marzo
2003 n. 3491. 28 marzo 2003 n. 4767. Le Sezioni unite, con la citata sentenza
13967/2004, hanno invece affermato che, considerata in varietà degli orientamenti
giurisprudenziali e dottrinali, il significato del R.D. n. 1422 del 1924, art. 2, comma 3
non possa essere definito senza tener conto della successiva evoluzione legislativa, a
partire dall’art. 45 Cost. e fino alle leggi successive ai fatti di causa e cioè alla L. n. 42
del 2001. cosi praticamente applicando quest’ultima anche ai periodi anteriori alla sua
entrata in vigore. Poiché la nuova legge (come più oltre si vedrà) prevede che oltre al
rapporto associativo deve intercorrere, tra socio e cooperativa, anche un altro e diverso
tipo di rapporto di lavoro, che può essere autonomo o subordinato, i soci, anche per il
passato, dovrebbero essere assicurati come lavoratori dipendenti solo in presenza di un
rapporto di lavoro subordinato con la cooperativa, che affianchi quello associativo,
mentre, se così non era, e cioè se al rapporto associativo si affiancava un rapporto di
lavoro autonomo, il regime assicurativo da instaurare era quello proprio del lavoro
autonomo. La tesi non può essere condivisa, come hanno affermato molteplici sentenze
successive della sezione lavoro, per la considerazione che la nuova legge ha un impianto

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del tutto diverso rispetto alla previgente regolamentazione ed è quindi con essa
inconciliabile. (Cass. n. 14073/2007, n. 222/2008, n. 10543/2008, n. 11371/2008, n. 164
del 1’8 gennaio 2009). È indubbio che, con la disposizione sopra riportata del 1924 si
intesero attrarre nell’orbita della tutela previdenziale, che all’epoca era ai primordi,
anche i soci di cooperativa, sia pure ricorrendo ad una formula peculiare, che non
estendeva direttamente la protezione, ma faceva riferimento alla cooperativa come
datore di lavoro. Ebbene, nessuna delle disposizioni citate condizionava l’assicurazione
del socio lavoratore alla contemporanea sussistenza di un rapporto di altro genere con la
cooperativa al contrario, come è a stato osservato, la norma in esame sarebbe stata del
tutto pleonastica se presupposto della sua ‘ applicazione fosse stata l’esistenza di un
rapporto di lavoro subordinato, in quanto, in quest’ultimo caso, l’obbligazione
contributiva sarebbe sorta ex se, a prescindere dal fatto che il datore di lavoro assumesse
la veste di cooperativa. La normativa ricollegava quindi la tutela previdenziale per il
lavoro subordinato a due soli elementi: al fatto di essere socio ed al fatto di prestare
attivita’ lavorativa per conto della società, traendone un compenso.
A queste disposizioni si sono aggiunte successivamente, in ordine sparso, norme che
hanno progressivamente esteso ai soci di cooperative di lavoro, regole previdenziali
tipiche del rapporto di lavoro subordinato, estensione che ne presuppone
necessariamente la iscrizione all’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori
dipendenti (AGO). La tendenziale equiparazione tra le due figure si giustifica per il fatto
di condividere due elementi fondamentali: la “alienità” (nel senso di destinazione ad
altri) del risultato per il cui conseguimento la prestazione di lavoro è utilizzata (il bene
prodotto appartiene alla cooperativa, avente personalità distinta da quella dei soci,
ancorché costoro partecipino poi alla divisione degli utili), l’alienità dell’organizzazione
produttiva in cui la prestazione si inserisce, giacché i criteri di gestione fanno capo agli
organi della cooperativa. Tra queste nuove norma si annovera il D.Lgs. 2 settembre
1997, n. 314, art. 6, comma 7 il quale – ridisegnando la struttura della retribuzione
imponibile e innovando la previgente regolamentazione di cui alla L. n. 153 del 1969,
art. 12 – prevede che la base imponibile per le contribuzione dei soci di cooperative di
lavoro è uguale a quella dei lavoratori dipendenti. Inoltre (L. 24 giugno 1997, n. 196,
art. 24, commi 1, 2, e 4) sono state estese ai soci delle cooperative di lavoro sia le
disposizioni sul Fondo di garanzia Inps sul trattamento di fine rapporto (L. 29 maggio
1982, n. 297, art. 2) e sulle ultime tre mensilità di retribuzione in caso di insolvenza del
datore di lavoro di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80), sia l’assicurazione per la
disoccupazione. Le suddette prestazioni e garanzie presuppongono ovviamente una
provvista contributiva. Ebbene, la gestione dei lavoratori autonomi artigiani di cui alla
citata L. n. 233 del 1990, non contempla alcun obbligo al riguardo: sarebbe incongruo
ipotizzare l’obbligo contributivo a carico dell’artigiano, che gestisce autonomamente la
sua impresa, per garantirsi dalla disoccupazione, ovvero dall’insolvenza di se stesso. Si
tratta invece di disposizioni che presuppongono la diversità tra soggetto obbligato al
pagamento dei contributi e soggetto beneficiario (il soggetto obbligato è la cooperativa
di lavoro ed i beneficiari sono i suoi soci) così riconfermando che la gestione di
appartenenza è quella generale dei lavoratori dipendenti. Nessuna di queste disposizioni,

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sicuramente prive di sistematicità, ma fortemente sintomatiche della volontà di
estendere, anche ai soci lavoratori, le garanzie assicurative progressivamente introdotte
nell’ordinamento a favore dei subordinati, condiziona in alcun modo questa più ampia
tutela del socio alla sussistenza di un ulteriore rapporto con la cooperativa, ovvero alla
circostanza che il lavoro venga reso in regime di subordinazione. Eppure in quella fase,
a differenza di quanto accadeva nel 1924, stava diventando ben nota e praticata la
distinzione tra lavoro subordinato, lavoro autonomo, lavoro subordinato coordinato e
continuativo ecc.. La peculiarità è che, attraverso questa molteplicità di disposizioni, la
tutela del socio lavoratore si è progressivamente implementata nel corso del tempo in
stretta connessione con quella del lavoratore subordinato, ma il fondamento normativo è
pur sempre rimasto quello delle remote e non appaganti disposizioni del 1924 per cui
“Le società cooperative sono datori di lavoro anche nei riguardi dei loro soci che
impiegano in lavori da esse assunti”. La ragione di questa discrasia tra complessità di
tutela, da una parte, e vaghezza del dato normativo dall’altra, verosimilmente si spiega
considerando la difficoltà di distinguere, tra i soci – tutti impiegati, su incarico della
cooperativa, in attività di lavoro – quelli operanti in regime di subordinazione e quelli
operanti in autonomia; sarebbe stato, cioè, oltremodo difficoltoso, se non a prezzo di
analisi complicate, non esigibili da soggetti come le cooperative, e ardue anche per
l’ente previdenziale, sceverare, all’interno della cooperativa, tra chi lavorava in regime
di subordinazione giuridica e chi, invece, lavorava in regime di subordinazione
meramente tecnico funzionale, per assicurare solo ai primi la tutela previdenziale del
lavoro dipendente. Peraltro, alla difficoltà di cogliere il dato oggettivo di cui sopra,
faceva riscontro anche la mancanza, in capo alla cooperativa, dell’obbligo di approntare
idonea documentazione attestante i diversi tipi di lavoro svolti dai soci e poter
distinguere tra essi. E questa mancanza di prescrizioni sul piano amministrativo nonostante fin da tempi remoti fossero previsti numerosi controlli sulle cooperative appare significativa del disinteresse del legislatore in ordine alle caratteristiche con cui
il socio prestava l’attività lavorativa su incarico della cooperativa, evidentemente perché
la tutela previdenziale non veniva condizionata ad esse.
Il quadro così delineato per quanto riguarda il passato non si presta ad essere
reinterpretato, sul piano previdenziale, alla luce dei nuovi criteri di cui alla L. n. 142 del
2001, per una molteplicità di motivi, che vertono sia sulla assoluta novità che la nuova
legge apporta alla struttura organizzativa della cooperativa, la quale incide anche sulla
tutela assicurativa, sia sul fatto che essa, necessariamente, tiene conto dell’assetto
previdenziale complessivo vigente nel 2001, che non è comparabile con quello esistente
negli anni venti, quando fu introdotta la tutela per i soci di cooperativa, per cui ciò che è
stato dettato alla luce della nuova legge non appare applicabile per il passato. In primo
luogo questa fornisce opportunamente gli strumenti per distinguere, tra i soci, coloro
che lavorano in regime di subordinazione e quelli che lavorano in regime di autonomia,
dal momento che il suo cardine, sconosciuto nell’assetto precedente, è che il socio,
all’atto dell’adesione alla cooperativa, o successivamente, instauri un ulteriore e distinto
rapporto di lavoro, finalizzato al raggiungimento degli scopi sociali, in forma
subordinata o autonoma, a cui è applicabile la tutela previdenziale prevista per l’una o
4

IPAkr,i;

5

per l’altra forma. Dispone infatti la L. n. 142 del 2001, art. 4 che “Ai fini della
contribuzione previdenziale ad assicurativa, si fa riferimento alle normative vigenti
previste per le diverse tipologie di rapporto di lavoro adottabili dal regolamento delle
società cooperative nei limiti di quanto previsto dall’art. 6”.
Inoltre, principio altrettanto rilevante è che la tipologia dei rapporti di lavoro, autonomo
o subordinato, che si intendono attuare con i soci, devono essere indicati nel
regolamento interno, che diventa così la fonte normativa fondamentale.
La nuova legge fa quindi indubbia chiarezza: la tutela previdenziale non viene ancorata
al rapporto associativo, ma al rapporto di lavoro, autonomo o subordinato, chiaramente
indicato nel regolamento, che si affianca a quello associativo.
Ma così non era nell’assetto precedente, in cui, come già rilevato, l’unico rapporto del
socio con la cooperativa era quello associativo, che era sufficiente per l’insorgenza della
tutela assicurativa, e non erano previste distinzioni di sorta sulle modalità di
svolgimento del lavoro per l’inclusione nell’una o nell’altra categoria.,3*. Vi è anche da
considerare che – per moltissimi anni – la attività lavorativa svolta in autonomia, ed al di
fuori della titolarità di un’impresa, non veniva in alcun modo tutelata dal punto di vista
assicurativo. Invero nel 1924, epoca a cui risale la citata disposizione sui soci di
cooperativa, l’unica tutela assicurativa era quella del lavoro subordinato, mentre non
esisteva alcuna tutela per il lavoro autonomo di qualunque specie (dovendosi attendere
gli anni cinquanta per le prime assicurazioni di lavoratori autonomi come coltivatori
diretti, artigiani e commercianti). Applicando la nuova legge anche per il passato, i soci
di cooperativa svolgenti per essa attività lavorativa, non in regime di subordinazione,
ma in regime di autonomia, non riceverebbero tutela previdenziale di sorta.
Nè, in prosieguo, costoro avrebbero potuto essere iscritti presso le gestioni Inps per i
lavoratori autonomi, ossia artigiani, commercianti e coltivatori diretti, non avendo la
titolarità dell’impresa, o comunque gli altri requisiti imprescindibili previsti dalla legge
per l’accesso a questo tipo di tutela (cfr. per gli artigiani L. 29 dicembre 1956, n. 1533 e
L. 4 luglio 1959, n. 463; per i commercianti L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1 e L.
22 luglio 1966, n. 613; per i coltivatori diretti L. 22 novembre 1954, n. 1136, art. 1, e L.
26 ottobre 1957, n. 1047). Invero la L. n. 142 del 2001 – la quale, come rilevato,
ricollega la tutela previdenziale a quella propria del rapporto di lavoro, che può essere
subordinato o autonomo, che si affianca a quello associativo – interviene in epoca in cui
a “tutte” le attività lavorative viene garantita la tutela previdenziale, nel quadro della cd.
“universali7zazione” delle tutele, che prima non esisteva. La tutela previdenziale del
lavoro autonomo, inteso come lavoro parasubordinato, al di fuori della titolarità
dell’impresa, di prestazione coordinata e continuativa ex art. 409 cod. proc. civ. sorse
solo con la L. 8 agosto 1995, n. 335. La disposizione fondativa si trova alla L. 8 agosto
1995, n. 335, art. 2, comma 26 il quale prevede la costituzione presso l’Inps di una cd.
gestione separata (ovvero quarta gestione) in cui devono essere iscritti quei lavoratori
autonomi che svolgono attività professionale per la quale non è prevista l’iscrizione in
albi o in elenchi.I1 medesimo comma 26, ai fini della individuazione dei soggetti tenuti
all’iscrizione a detta gestione separata, traccia poi una fondamentale bipartizione: a) i
“lavoratori parasubordinati” in senso proprio, e cioè coloro che percepiscono redditi da

frteit tN

collaborazione continuativa e coordinata (ultima parte del citato comma 26); b) i
“lavoratori autonomi” in senso stretto e cioè coloro che, ai sensi dell’art. 49 del t.u.i.r.,
godono di redditi derivanti da attività di lavoro autonomo, svolta come professione
abituale, ancorché non esclusiva, si tratta cioè di quelli che la vulgata definisce come il
popolo delle partite Iva. Seguendo l’indirizzo delle Sezioni unite conseguirebbe che i
soci di cooperativa lavoratori autonomi dovrebbero essere assicurati nelle forme
previste per la gestione separata presso l’Inps (la L. n. 335 del 1995, citato comma 26,
art. 2), ma ciò è possibile solo a partire dalla data di entrata in vigore di quella
disposizione, e quindi dal gennaio 1996, mentre per tutto il lungo periodo precedente,
costoro, pur lavorando per la cooperativa e quindi, essendo astretti ad una
subordinazione tecnico funzionale, sarebbero stati privi di ogni tutela, a causa della
mancanza di subordinazione in termini giuridici. In definitiva, le precedenti
argomentazioni dimostrano che il sistema previgente, che ancora non conosceva la
articolazione e la complessità delle tutele introdotte nel corso di quasi sessant’anni di
storia, non si presta in alcun modo alla sussunzione nel sistema introdotto dalla nuova
L. n. 142 del 2001.Conclusivamente, si deve confermare l’indirizzo giurisprudenziale
precedente enunciando il seguente principio” In riferimento al regime anteriore
all’entrata in vigore della L. n. 142 del 2001, le società cooperative, in virtù del R.D. n.
1422 del 1924, art. 2, comma 3, – il quale dispone che dette società “sono datori di
lavoro anche nei riguardi dei loro soci che impiegano in lavori da esse assunti”- sono da
considerare ai fini previdenziali come datrici di lavoro rispetto ai soci assegnati a lavori
dalle stesse assunti, con la conseguenza dell’assoggettamento a contribuzione
previdenziale presso la gestione lavoratori dipendenti dei compensi corrisposti ai propri
soci che abbiano svolto attività lavorativa, indipendentemente dalla sussistenza degli
estremi della subordinazione” ( cass. n. 9707/2009).
Tali considerazioni appaiono in toto condivisibili in quanto mostrano le ragioni di
ordine storico – sistematico che portano a preferire l’ orientamento della stessa
giurisprudenza di legittimità prima della decisione a sezioni unite del 2004.
Si impone quindi la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alle
spese di lite, alla Corte di appello di Palermo che si atterrà al seguente principio di
diritto “la tutela previdenziale dei soci lavoratori sono il vigore del r.d. 28 agosto 1924,
n. 1422 impiegati in lavori assunti dalla cooperativa è quello dei lavoratori subordinati,
indipendentemente dalla natura autonoma o subordinata del rapporto”.

P.Q.M.

La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di
appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese.

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11191110::

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24.9.2013

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