Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27503 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 30/12/2016, (ud. 12/07/2016, dep.30/12/2016),  n. 27503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6551-2012 proposto da:

G.C. (OMISSIS), S.R. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in Roma, Via di Porta Pinciana n. 6,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO PARLATO, che li rappresenta e

difende, come da procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.G., elettivamente domiciliata in Roma, V. Giuseppe

Avezzana 51, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA LA VIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELO SCALA, come da procura

speciale a margine del ricorso;

– controricorrente –

contro

R.C., R.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3690/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 01/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

udito il sostituto procuratore generale, Gianfranco Servello, che

conclude per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’odierno giudizio ha inizio tra il 1992 e il 1993 in conseguenza di un preliminare di vendita tra S.R. e G.C., quali promittenti acquirenti e R.C., G. e T. (che stipulavano in nome e per conto del padre R.A.), quali promittenti venditori, contratto concluso per l’immobile sito in (OMISSIS).

La stipula del definitivo era prevista per il 29.05.1992 e, successivamente, per il 5.06.1992 innanzi al Notaio Trinchillo. I promittenti venditori non si presentavano innanzi al Notaio e il contratto non si concludeva.

Di qui la domanda ex art. 2932 cod. civ. avanzata dai promittenti acquirenti con richiesta anche di risarcimento danni anche ai sensi dell’art. 1381 cod. civ..

2. Nelle more del giudizio di primo grado, nel quale alcuni dei convenuti avevano eccepito la loro carenza di legittimazione ed era stata sollevata eccezione di nullità del preliminare per le condizioni psicofisiche del Sig. R.A. tali da rendere impossibile il conferimento del mandato di rappresentanza, l’immobile veniva venduto con atto notaio Chiari del 15.06.2000 a terzi.

3. I promittenti acquirenti iniziavano altro giudizio per ottenere la revoca, ai sensi dell’art. 2091 cod. civ., dell’atto di vendita da R.A. in favore dei Sig.ri R.R.A. e G., perchè in frode alle ragioni degli attori, titolari del diritto al trasferimento dell’immobile in questione. In ragione di tale diverso giudizio pendente, i promittenti acquirenti chiedevano la sospensione del giudizio fino all’esito del (diverso) giudizio revocatorio.

4. Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda con sentenza del n. 7995/2004.

5. La Corte di appello di Napoli rigettava l’appello dei promittenti acquirenti.

5.1 – Osserva la Corte locale, quanto agli effetti dell’ordinanza che aveva affermato il nesso di dipendenza del giudizio ex art. 2932 cod. civ. con quello concernente l’azione revocatoria del contratto di compravendita per il notaio Chiari del 15.06.2000, che “non è configurabile, nel nostro ordinamento processuale, un vizio di nullità della sentenza, per contrasto con una precedente ordinanza”. La sentenza del Tribunale aveva comportato la revoca implicita delle ordinanze precedentemente emesse che non potevano comunque influire su di essa.

5.2 – Riteneva poi la Corte locale insussistente ogni vincolo di pregiudizialità tra il giudizio di esecuzione dell’obbligo a contrarre e quello di revocazione della vendita a terzi, osservando anche che la domanda ex art. 2932 cod. civ. non risultava trascritta prima della vendita del 15.06.2000 con conseguente inapplicabilità dell’art. 2652 cod. civ..

6. Impugnano tale decisione G.C. e S.R., che formulano due motivi di ricorso. Resiste con controricorso la sola R.G.. La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo si deduce: (falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. in dipendenza degli fletti restitutori del bene alienato ai fini della esecuzione in forma specifica”.

Ha errato la Corte Napoletana a ritenere che “l’azione revocatoria possa avere solo l’effetto della inefficacia nei confronti del creditore dell’atto sottoposto a tale azione e che possa avere l’unico effetto di tutelare il diritto di credito preteso da chi agisce con tale rimedio”, mentre) revocatoria contiene una azione di nullità relativa dell’atto compiuto in dispregio dei diritti del creditore”.

Chiarisce che “il contenuto di cui all’art. 2901 c.c. produce effetti formi in dipendenza del diritto invocato da chi agisce in revocatoria”. I ricorrenti non avevano agito “a tutela di un credito pecuniario”, ma per “ottenere la esecuzione in forma specifica del contratto preliminare inadempiuto dagli attuali resistenti”. In tal caso “l’adone revocatoria assume i contorni specifici della nullità partitale dell’atto che a tutela delle ragioni del creditore non può non tradursi in un effetto restitutorio e reintegratorio del patrimonio del “debitore” onde consentire il rimedio di cui all’art. 2932 c.c. a chi non altrimenti potrebbe sentire tutelate le sue ragioni”.

Di qui “l’errore della falsa applicatone della portata dell’art. 2901 c.c. commesso dalla Corte di Appello di Napoli” posto che “l’azione proposta dagli attuali ricorrenti non poteva risolversi in una mera dichiarazione di inefficacia dell’atto dispositivo, non essendo le loro ragioni tutelabili con alcuna afone esecutiva che rappresenta la fonte del rimedio di cui alla predetta norma, ma con l’unico rimedio di cui avevano chiesto tutela rappresentato dal diritto di ottenere la esecuzione specifica del contratto preliminare inadempiuto e quindi con il rimedio denegato, ex art. 2932 c.c.”.

I ricorrenti non erano titolari di un credito fungibile ma di un diritto volto alla stipula dell’atto definitivo, da svolgersi secondo le norme di cui all’art. 2932 c.c. come innanzi indicato.

1.2 – Col secondo motivo si deduce: (falsa applicazione della censura relativa al superamento della portata della ordinanza ex art. 177 cod. proc. civ.”. Ha errato la Corte di appello a ritenere che “la ordinanza… a mezzo della quale il Giudice di primo grado aveva subordinato la decisione del primo grado di giudizio, all’esito del giudizio revocatorio” non avesse “già contenuto decisorio, di guisa che la emissione successiva della sentenza senza alcuna motivazione sulla implicita revoca della ordinanza resa in corso di causa determina un vizio della sentenza che, lamentato in sede di gravame, è stato ritenuto infondato”.

2. Il ricorso è infondato e va rigettato.

2.1 – La prospettata complessiva interpretazione che i ricorrenti illustrano circa il contenuto e l’ambito di operatività dell’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. non può essere condivisa.

2.2 – I ricorrenti erano parti di un preliminare di vendita non adempiuto. Avevano interesse all’adempimento e potevano, quindi, come del resto hanno fatto, agire in giudizio ex art. 2932 c.c., provvedendo, però, alla trascrizione della domanda giudiziale per evitare il possibile conflitto di titoli derivante dal trasferimento a terzi, in corso di causa, del diritto di proprietà da parte dei promettenti venditori.

2.3 – L’azione revocatoria di quell’art. 2901 c.c. ha una finalità ed un ambito operativo completamente diversi, come del resto chiaramente e condivisibilmente affermato dalla sentenza impugnata, avendo l’esclusivo effetto di rendere inefficace e inopponibile a chi agisce in revocatoria il trasferimento effettuato a terzi e non già nullo o annullabile. Nessun effetto restitutorio era, quindi, possibile ottenere con l’azione esercitata.

2.4 – E’, quindi, infondato il primo motivo, non sussistendo la violazione di legge denunciata, avendo la corte locale fatto applicazione dei principi di principi costantemente affermati da questa corte al riguardo.

2.5 – Parimenti infondato è anche il secondo motivo, avendo anche in questo caso la corte locale fatto corretta applicazione dei principi costantemente affermati in sede di legittimità.

3. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 2.500,00 (duemilacinquecento) Euro per compensi e 200,00 (duecento) Euro per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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