Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27503 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 28/10/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 28/10/2019), n.27503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13304-2014 proposto da:

CAMICERIA CARUCCI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN MARTINO DELLA

BATTAGLIA 15, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO BOLOGNA, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO MARANELLA;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati GIANDOMENICO

CATALANO e LORELLA FRASCONA’, che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

CARLA D’ALOISIO;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 136/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 24/02/2014 r.g.n. 2214/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Camiceria Carucci Srl proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale emessa per il pagamento della contribuzione dovuta per la mancata ottemperanza alle condizioni per il riallineamento contributivo di cui alla L. n. 608 del 1996, art. 5 per non avere la società rispettato il termine di 36 mesi per adeguarsi al 100% dei minimali retributivi di legge.

2. La Corte d’appello confermava la sentenza del Tribunale che aveva disatteso la tesi della società, che assumeva di aver ottemperato alla normativa, avendo raggiunto il riallineamento nel gennaio 2002 con riferimento al c.c.n.l. per le imprese artigiane lavorazioni conto terzi “a faon”. Argomentava che non era fondata la contestazione mossa dalla società all’inquadramento nell’attività tessile, in quanto era la stessa appellante che aveva fatto riferimento all’attività tessile e al relativo contratto collettivo sia nel contratto di adesione, sia nell’iscrizione alla Camera di Commercio, sia nei modelli emens, sia nelle operazioni di marketing.

3. Per la cassazione della sentenza Camiceria Carucci Srl ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui l’Inail ha resistito con controricorso, mentre l’Inps – SCCI ha depositato procura speciale in calce al ricorso notificato. Camiceria Carucci Srl ha depositato anche memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. come primo motivo di ricorso la società deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2070 c.c., della L. n. 608 del 1996, art. 5 della L. n. 389 del 1989, art. 1 nonchè vizio di omesso esame e motivazione inadeguata. Sostiene che nell’attività tessile non esiste un unico c.c.n.l., bensì diversi c.c.n.l. (per l’industria tessile, per la media e piccola industria, per le aziende tessili artigianali e per le aziende che effettuano lavorazioni per conto terzi) e che la società applica l’ultimo di questi, che del resto è coerente con l’attività svolta, che consiste nel ricevere le stoffe già tagliate, provvedere alla cucitura di camicie, alla stiratura e all’inscatolamento delle stesse che riconsegna al committente. Sostiene che la Corte leccese non avrebbe compreso la distinzione tra l’industria tessile, caratterizzata dalla trasformazione delle fibre (cotone, lino, nylon e altre fibre artificiali) in tessuto, e le altre imprese manifatturiere che utilizzano il tessuto per realizzare capi di abbigliamento. E nemmeno avrebbe posto attenzione alla variegata contrattazione collettiva, che è intervenuta distinguendo le attività del settore tessile. Sostiene che la Corte territoriale avrebbe valorizzato elementi irrilevanti, in quanto l’inquadramento in un determinato settore ai fini previdenziali deve fare riferimento al settore di appartenenza.

6. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2070 c.c., della L. n. 608 del 1996, art. 5, della L. n. 389 del 1989, art. 1 nonchè vizio di omesso esame e sostiene che il percorso di riallineamento contrattuale si è concluso nel gennaio 2002 mentre il verbale dell’Inps menziona periodi successivi (dal 2002 a 2006) senza alcuna specifica motivazione. Sostiene che l’istituto non poteva pretendere le differenze contributive per i periodi successivi e in base ad un c.c.n.l. non applicato e non applicabile alla fattispecie.

7. Il primo motivo di ricorso è in primo luogo ammissibile.

L’omissione motivazionale in cui sarebbe incorso il giudice di merito viene censurata richiamandosi l’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, mentre il vizio dev’essere qualificato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.; dallo sviluppo delle argomentazioni si ricava comunque il riferimento alla nullità della decisione derivante dal vizio denunciato (v. Cass. S.U. n. 17931 del 24/07/2013).

8. In tal senso, il motivo è altresì fondato.

La società ricorrente riferisce di avere aderito all’accordo provinciale di riallineamento retributivo D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, ex art. 5 conv. in L. n. 608 del 1996, e succ. mod. sottoscritto in data 3.7.1996 per le aziende del settore tessile, abbigliamento e calzaturiero della provincia di (OMISSIS), il cui programma individua la percentuale dell’elemento retributivo nazionale previsto dal CCNL che nei successivi anni dev’essere corrisposta sino ad arrivare al 100%.

9. Oggetto del contendere era quale fosse il contratto del settore tessile che il datore di lavoro doveva applicare secondo il detto programma di riallineamento, ma la sentenza fa riferimento genericamente al contratto collettivo per “l’attività tessile”, a fronte di una pluralità di contratti relativi a tale settore.

10. La motivazione, riportata nello storico di lite, neppure consente di comprendere quali siano stati gli elementi valorizzati dal giudice di merito, attesa le genericità dei richiami che si riferiscono operati dalla società all'”attività tessile” e al “relativo contratto collettivo”.

11. Nella materia oggetto di lite opera il principio, già affermato da questa Corte, secondo il quale quando si tratti di fare applicazione di benefici contributivi, destinati ad operare nell’area pubblica dell’economia, il riconoscimento di dette agevolazioni passa attraverso l’applicazione da parte dell’impresa ai propri dipendenti dei contratti collettivi nazionali vigenti per il settore di appartenenza e corrispondente all’attività in concreto svolta dall’azienda, o anche al contratto collettivo previsto per un diverso settore in concreto applicato, se comunque più vantaggioso per i lavoratori rispetto a quello che avrebbe dovuto essere applicato in base all’inquadramento dell’azienda (v. Cass. n. 6950 del 7/5/2003 e Cass. n. 12345 del 05/11/1999). Tale è la valutazione che la Corte territoriale avrebbe dovuto compiere, rendendo contezza del percorso logico seguito e del relativo risultato, il che non è stato fatto.

12. Il ricorso deve quindi essere accolto in relazione al primo motivo, assorbito il secondo motivo, e la sentenza cassata, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Bari.

13. Al giudice designato competerà anche la regolamentazione i n delle spese del presente giudizio.

14. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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