Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2750 del 05/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 2750 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 20932-2014 proposto da:
FABBIAN ILLUMINAZIONE S.p.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio
dell’avvocato GOFFREDO GOBBI, rappresentata e difesa
dall’avvocato LUCIANO GAZZOLA;
– ricorrente contro

LOVISETTO

ELSA,

LOVISETTO

DINO,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LORENZO VALLA 2, presso lo
studio dell’avvocato FRANCESCO DELLA PORTA, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato RIZZARDO
DEL GIUDICE;
– controricorrenti –

Data pubblicazione: 05/02/2018

avverso la sentenza n. 577/2014 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 06/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 11/10/2017 dal Consigliere GIUSEPPE

GRASSO.

Ritenuto che la Corte d’appello di Venezia, con sentenza
pubblicata il 6 marzo 2014, confermò quella emessa dal Tribunale di
Treviso, Sezione Distaccata di Castelfranco Veneto, il 2 agosto 2012,
appellata in vi principale dalla s.p.a. Fabbian Illuminazione e, in via
incidentale, da Elsa Lovisetto e Dino Lovisetto;
che con quest’ultima sentenza era stata rigettata la domanda

in vendita dai Lovisetto un compendio immobiliare costituito da due
edifici, per il pattuito prezzo complessivo di 2.500.000 euro, di cui
2.200.000 euro riferiti all’immobile denominato “A” e i restanti
300.000, all’immobile denominato “B”, e che dopo l’esercizio del
diritto di prelazione da parte della società conduttrice dello stabile
“A”, essa promissaria acquirente avrebbe avuto diritto al
trasferimento dell’edificio “B” per il pattuito corrispettivo di 300.000
euro e che, per contro, i promittenti alienanti avevano rifiutato la
stipula del definitivo, adducendo che l’esercizio della prelazione, come
da previsione di contratto, aveva risolto il contratto preliminare, si era
rivolta al giudice chiedendo, in primo luogo, l’emissione di sentenza
che facesse luogo del consenso mancante, ai sensi dell’art. 2932, cod.
civ., in relazione all’edificio “B” e che condannasse la controparte al
risarcimento del procurato danno e, in via subordinata, affermarsi il
grave inadempimento dei promittenti, risolversi il contratto e
condannarsi i Lovisetto al pagamento di 200.000 euro, corrispondenti
al doppio della versata caparra, oltre al risarcimento del danno;
che i convenuti, con domanda riconvenzionale, avevano chiesto
dichiararsi il contratto preliminare nullo per mancanza di causa ed
oggetto (corrispettivo determinato o determinabile), ovvero
l’inefficacia dello stesso per essersi verificata la condizione risolutiva
ivi prevista;

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della Fabbian, la quale, dopo aver premesso di aver avuto promesso

ritenuto che avverso la sentenza d’appello la Fabbian propone
ricorso per cassazione corredato da due motivi di censura e che la
controparte resiste con controricorso;
che entrambe le Miti hanno depositato memoria;
che il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto Lucio
Capasso, ha depositato requisitoria con la quale chiede il rigetto del

considerato che il primo motivo, con il quale si deduce la
violazione falsa applicazione degli artt. 1362 e 1366, cod. civ., non
merita di essere accolto, in quanto:
a) nonostante gli sforzi argomentativi della ricorrente la vicenda
resta confinata negli apprezzamenti di merito, trovando, peraltro, qui
applicazione il testo del n. 5 dell’art. 360, cod. proc. civ., siccome
restrittivamente riscritto con la novella apportata dall’art. 54, comma
1, lett. b), del d. I. 22/6/2012, n. 83, convertito con modificazioni
nella I. 7/8/2012, n. 134, non bastando, come più volte chiarito in
questa sede, la enunciazione della pretesa violazione di legge in
relazione al risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice
del merito, occorrendo individuare, con puntualità, il canone
ermeneutico violato correlato al materiale probatorio acquisito. In
quanto, «L’opera dell’interprete, mirando a determinare una realtà
storica ed obiettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel
contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al
giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per
violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt.
1362 ss. c.c., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di
essi: pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due
cennati profili [il secondo, ovviamente, sotto il regime del vecchio
testo del n. 5 dell’art. 360, cod. proc. civ.], il ricorrente per
cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali
d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme

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primo motivo e l’accoglimento del secondo;

asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto,
altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice
del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o
questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od
insufficienti. Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di
ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata

implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel giudice
sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed
apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella
desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi
d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della
controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità (ex
pluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839,
21.7.04 n. 13579. 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753)» (Sez. 2, n.
18587, 29/10/2012; si veda anche, per la ricchezza di richiami, Sez.
6-3, n. 2988, 7/2/2013);
b) va comunque considerato che la Corte locale ha preso in
esame tutte le emergenze fattuali evidenziate dalla ricorrente,
smentendone l’assunto, qui riproposto: la circostanza che nella
comunicazione inviata alla conduttrice dell’immobile “A”, ai sensi
dell’art. 38 della I. n. 392/1978, fosse stato indicato il prezzo di quel
singolo bene, in relazione al quale questa godeva del diritto di
prelazione, non dimostra affatto l’asserita volontà negoziale di
considerare le due cessioni indipendenti, essendo del tutto evidente
che la prelazione poteva essere esercitata solo a riguardo
dell’immobile condotto in locazione; le due bozze di contratto
preliminare vennero redatte da un legale solo dopo l’insorgere dei
contrasti e non corroborano la tesi della odierna ricorrente; la
circostanza che i Lovisetto, dopo aver offerto la restituzione della
caparra, successivamente non hanno rinnovato una tale prontezza è

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idonea – anche ammesso ma non concesso lo si possa fare

certamente neutra; la chiesta prova testimoniale venne qualificata
inammissibile poiché «finalizzata a dimostrare che le parti prima o
al momento della firma volessero cosa diversa da quella risultante dal
documento», in contrasto con l’atto scritto e l’argomento non risulta
essere stato specificamente censurato (alle pagg. 24-26 il ricorso si
spende a dimostrare l’utilità di una tale prova, ma non si confronta

considerato che il secondo motivo con il quale la ricorrente
denunzia la violazione degli artt. 112, cod. proc. civ., 1453 e 1456,
cod. civ., si dimostra fondato per le seguenti ragioni:
a) il Giudice dell’appello ha rilevato «l’assoluta novità» della
domanda di restituzione della caparra, osservando che in primo grado
tale restituzione era stata correlata «al preteso inadempimento
colpevole dei Lovisetto», sicché, «una volkta escluso tale
inadempimento è venuta meno la causa stessa della pretesa
restituzione onde giustamente il tribunale ha omesso di pronunciare
condanna» (pag. 18 della sentenza); per contro, questa Corte ha
più volte chiarito che qualora venga acclarata la mancanza di una

causa adquirendi

tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione

o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa
che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente – l’azione
accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato
in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito
oggettivo; ne consegue che, ove sia proposta una domanda di
risoluzione del contratto per inadempimento e il giudice rilevi,
d’ufficio, la nullità del medesimo, l’accoglimento della richiesta
restitutoria conseguente alla declaratoria di nullità non viola il
principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Sez. 3, n. 2956,
7/2/2011, Rv., 616616), dovendosi constatare che la pronuncia
dichiarativa o estintiva del giudice, avente portata estintiva del
contratto, costituisce l’evenienza che priva di causa giustificativa le

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con la motivazione d’appello);

reciproche obbligazioni dei contraenti e dà fondamento alla domanda
del solvens di restituzione della prestazione senza causa (Sez. 2, n.
14013, 6/6/2017, Rv. 644476); difatti, il giudice, qualificando
giuridicamente in modo diverso rispetto alla prospettazione della
parte i fatti da questa posti a fondamento della domanda, le
attribuisce un bene della vita omogeneo, ma ridimensionato, rispetto

n. 19502, 30/9/2015, Rv. 636568);
b) diversamente si sarebbe dovuto affermare ove fosse mancata
la domanda di restituzione; difatti, pur comportando la risoluzione del
contratto, per l’effetto retroattivo sancito dall’art. 1458, cod. civ.,
l’obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, il giudice
non può emettere il provvedimento restitutorio in assenza di
domanda dell’altro contraente, atteso che rientra nell’autonomia delle
parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo, o meno, la
restituzione della prestazione rimasta senza causa (Sez. 3, n. 2075,
29/1/2013, Rv. 624949);
che, pertanto, la sentenza deve essere cassata con rinvio sul
punto, assegnandosi al giudice del rinvio anche il compito di regolare
le spese di questo giudizio.
P.Q.M.

rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa e—ritu4a la
sentenza impugnataYad altra Sezione della Corte d’appello di Venezia,
anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il giorno 11 ottobre 2017.

a quello richiesto (Sez. 2, n. 23490, 5/11/2009, Rv. 610624; Sez. 2,

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