Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 275 del 12/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/01/2010, (ud. 16/11/2009, dep. 12/01/2010), n.275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA (ENTE CASSA

RISPARMIO PISTOIA PESCIA), in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 11 presso lo STUDIO SALVINI & BRANDA, rappresentata e

difesa

dagli Avvocati SALVINI Livia e GIANCARLA BRANDA giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 37/2003 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di FIRENZE, depositata il 04/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

16/11/2009 dal Consigliere Dott. BERNARDI Sergio;

udito per il ricorrente l’Avvocato Paolo GENTILI, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nella dichiarazione Irpeg relativa all’esercizio 1.10.1995 – 30.09.1996, la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, che in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 11 aveva conferito l’azienda di credito nella omonima societa’ per azioni, espose il debito di imposta risultante dalla applicazione dell’ordinaria aliquota del 37% al reddito costituito dai dividendi percepiti dalla suddetta s.p.a. e dal credito di imposta sui dividendi stessi di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 14. Successivamente, sul presupposto che ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 avesse diritto alla riduzione del 50% della aliquota irpeg, presento’ istanza di rimborso della somma di L. 464.654.000 pagata oltre il dovuto sul reddito percepito. Formatosi il silenzio rifiuto, adi’ la Commissione tributaria provinciale di Pistoia insistendo nella pretesa.

L’Ufficio resistette invocando gli argomenti esposti nei parere n. 103/1995 del Consiglio di Stato, che aveva escluso la spettanza alle fondazioni bancarie del beneficio del dimezzamento dell’Irpeg. La commissione provinciale respinse il ricorso. Osservo’ che il D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 riconosceva, al comma 2, la spettanza alle fondazioni bancarie del beneficio della riduzione alla meta’ dell’Irpeg previsto dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 ma escludeva al comma 6 il diritto al rimborso del credito di imposta sui dividendi da esse percepiti.

La normativa aveva carattere interpretativo, ed era dunque applicabile anche ai periodi di imposta pregressi. La Fondazione ricorse in appello, dove entrambe le parti riproposero gli argomenti difensivi sviluppati in primo grado. La CTR ha accolto l’impugnazione, osservando che il beneficio della riduzione alla meta’ dell’Irpeg doveva considerarsi spettante per gli scopi di natura sociale, culturale ed assistenziale che risultavano dallo statuto dell’ente, ma che il carattere di norma interpretativa e quindi retroattiva doveva bene riconoscersi al D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 2 ma non anche al comma 6 di quell’articolo, che aveva invece introdotto un principio che innovava completamente la normativa tributaria precedente. Per l’annualita’ di imposta in contestazione non valeva dunque il divieto di rimborso del credito di imposta sui dividendi, ed il rifiuto di restituire la maggior Irpeg pagata era illegittimo.

L’Amministrazione finanziaria ricorre avverso la decisione con un motivo. L’Ente Cassa di Risparmio di Pistola e Pescia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 e dell’art. 12 disp. gen.; falsa applicazione del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 1; omessa motivazione su punto decisivo prospettato dalle parti, in relazione al D.Lgs. n. 5646 del 1992, art. 62 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. L’affermazione che il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 che non menziona espressamente le fondazioni bancarie, sia applicabile anche ad esse, sarebbe in contrasto col principio secondo il quale le norme agevolative sono di stretta interpretazione, perche’ derogano alla regola della parita’ contributiva. Nella lettera del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 la mancanza di un fine di lucro deve intendersi riferita agli “istituti di istruzione, studio e sperimentazione”, e non anche alle fondazioni, per le quali la spettanza della riduzione dell’aliquota Irpeg presuppone che esse abbiano “scopi esclusivamente culturali”. Cosa non predicabile per le fondazioni bancarie.

Erroneamente la CTR avrebbe pertanto ritenuto che il D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 6 in quanto esclude per il futuro il rimborso del credito di imposta percepito dalle fondazioni sui dividendi, abbia significato di conferma che alle fondazioni bancarie tale beneficio spettasse per il passato: al contrario, quella disposizione avrebbe escluso il diritto al rimborso del credito di imposta sui dividendi nella nuova situazione normativa costituita dalla attribuzione del beneficio della riduzione alla meta’ dell’Irpeg alle fondazioni bancarie che per il passato non spettava, ma era contestualmente introdotta dallo stesso art. 12, comma 6.

Osserva il collegio che la causa ripropone una problematica a lungo dibattuta nella giurisprudenza di questa corte, che, come ricordato nella sentenza impugnata, si era ripetutamente pronunciata nel senso prospettato dalla parte contribuente (6607/02, 19445/2003, 129/2004).

Piu’ recentemente, peraltro, ha prevalso l’indirizzo alternativo (10253/2007, 5963/2008), convalidato da ultimo dalla sentenza 1576/2009 delle sezioni unite.

Deve ora ritenersi chiarito che enti di gestione delle partecipazioni bancarie risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite societa’ per azioni, ai sensi della L. n. 218 del 1990 ed in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12 non costituivano delle fondazioni private, ma appartenevano al settore pubblico creditizio.

Non erano assimilabili, ai fini della riduzione a meta’ dell’aliquota Irpeg, agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6.

La predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati ne’ in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, ne’ in via estensiva, poiche’ la sua “ratio” va ricercata nella esclusivita’ e tipicita’ del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale gia’ esistente al momento dell’entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell’attribuire a tali enti, ai sensi del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalita’ giuridica di diritto privato, cosi’ estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, “ex” art. 87, comma 1, lett. c) T.U.I.R., non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all’attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti. “Ne consegue l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entita’ della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attivita’ dell’ente creditizio e, dall’altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c., di aver in concreto svolto un’attivita’, per l’anno d’imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un’attivita’ di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anziche’ quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni”.

Nella specie, e’ pacifico che la controricorrente, fra il 1.10.1995 – 30.09.1996, non svolgeva un attivita’ diversa da quella delineata come propria degli “enti conferenti” per il periodo transitorio dalla riforma del settore bancario introdotta con la L. 218 ed il D.Lgs. n. 356 del 1990. Risulta dallo stesso controricorso che deteneva, in quell’esercizio sociale, il 38,74% della neo costituita s.p.a. Cassa di Risparmio. E’ pertanto indiscutibile che abbia potuto influire sulla nomina degli organi sociali, e dunque sull’attivita’, di tale ente creditizio, ed e’ pacifico che nemmeno si sia proposta di dimostrare in giudizio di aver svolto in quell’esercizio un’attivita’ di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale, incompatibile con quella di controllo e governo della partecipazione bancaria.

La sentenza impugnata va dunque cassata. Non si pone la necessita’ di altri accertamenti di fatto. La causa puo’ decidersi nel merito – ex art. 384 c.p.c. – col rigetto dell’originario ricorso, introduttivo della lite. La difficolta’ della materia e le oscillazioni della giurisprudenza, anche di questa corte, giustificano la compensazione delle spese per tutto il processo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e – decidendo nel merito – rigetta l’originario ricorso della contribuente, introduttivo della lite. Dichiara compensate fra le parti le spese di tutto il processo.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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