Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27493 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 30/12/2016, (ud. 20/12/2016, dep.30/12/2016),  n. 27493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SABATO Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30026/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA E.Q.

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANGELO PETRONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIO MODESTO MARIA ROSSI con

studio in CASERTA C.SO TRIESTE 63 (avviso postale ex art. 135)

giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 138/2009 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 28/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che si riporta e

chiede l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROSSI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle Entrate, sulla base di processo verbale di constatazione, ha notificato in data 3.7.2007 avviso di accertamento alla ditta individuale P.R., esercente attività di lavori generali di costruzione di edifici, rettificando il modello Unico 760 e determinando maggiori Irpef, Irap e Iva con riferimento all’anno di imposta 2003.

La commissione tributaria provinciale di Caserta ha accolto parzialmente il ricorso proposto dal contribuente, annullando rilievi per omessa annotazione di ricavi e per indebito recupero di costi per carburanti. Avverso tale sentenza hanno proposto appello principale il contribuente e appello incidentale l’agenzia. La commissione tributaria regionale della Campania in Napoli ha accolto il primo e rigettato il secondo.

Avverso questa decisione l’agenzia propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, rispetto al quale il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente si dà atto che è stata autorizzata la redazione della sentenza in forma semplificata ai sensi del decreto del primo presidente del 14 settembre 2016.

2. – Sempre in via preliminare va affermata l’infondatezza dell’eccezione della parte contribuente, secondo cui il ricorso conterrebbe un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione del requisito dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Invero l’inserimento, sia nell’esposizione dei fatti che nella trattazione dei motivi, di fotocopie degli atti processuali non comporta un mascheramento dei dati processuali effettivamente rilevanti, e quindi non si risolve in un difetto di autosufficienza del ricorso (cfr. ad es. sez. 5, n. 18363 del 2015).

3. – Con il primo motivo di ricorso, in effetti risolventesi in due separate censure, l’agenzia deduce: a) da un lato, insufficiente motivazione sui fatti decisivi di cui ai punti 1, 2, 3 e 6 corrispondenti ai rilievi dell’avviso di accertamento, nella parte in cui in ordine a tutti detti rilievi si afferma che la mancanza di corrispondenza dei movimenti finanziari negli estratti conto bancari non corrisponde necessariamente a ricavi non registrati, nonchè che il mancato inserimento tra i costi di quelli relativi a serbatoio per gasolio, l’inesistenza di autorizzazioni amministrative e l’assenza di una dichiarazione relativa a un deposito carburanti in (OMISSIS) non annullano i costi carburante sostenuti; b) d’altro lato, violazione di norma di legge – indicata nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 – nella parte in cui nella sentenza impugnata si è ritenuto che la presunzione ivi contenuta sia applicabile “solo ai movimenti bancari”, non ai movimenti per contanti, a fronte dell’essere la contestazione relativa a tre prelevamenti da conti presso tre diverse banche.

4. – Con il secondo motivo, risolventesi anch’esso in due separate censure, l’agenzia deduce: a) da un lato, insufficiente motivazione sul fatto decisivo di cui al rilievo dell’avviso di accertamento circa l’essere i versamenti ingenti di contanti sul conto “soci c/finanziamenti” senza corrispondenti prelievi da conti bancari nonchè i prelievi da conti aziendali per esigenze personali e familiari indicativi di occultamento di ricavi, nella parte in cui si afferma la non necessaria valenza probatoria; b) d’altro lato, violazione di norme di legge – indicate nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 comma 1, n. 2, D.P.R. n. 533 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, art. 2697 c.c., nonchè nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e art. 2697 c.c. – nella parte in cui nella sentenza impugnata non si è fatta applicazione del regime probatorio presuntivo risultante dalla citata disciplina.

5. – Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge processuale indicata nell’art. 112 c.p.c., per ultrapetizione nella parte in cui, in ordine al rilievo n. 4, si riforma la sentenza di prime cure senza che sul punto fosse stata proposta impugnazione in primo grado.

6. – Con il quarto motivo, come i precedenti in effetti risolventesi in due separate censure, l’agenzia deduce: a) da un lato, insufficiente motivazione sul fatto decisivo di cui al rilievo n. 5 circa i costi per carburante, nella parte in cui si afferma la deducibilità senza indicare elementi probatori idonei a far dubitare del rilievo circa la mancanza di certezza e inerenza; b) d’altro lato, violazione di norme di legge – indicate nell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109) – nella parte in cui nella sentenza impugnata non si è fatta applicazione del regime probatorio di legge, desumendo il sostenimento dei costi predetti per il mero fatto del possesso di automezzi (“non annullano i costi necessariamente sostenuti per i numerosi automezzi posseduti”).

7. – Con il quinto e ultimo motivo, ancora una volta in effetti risolventesi in due separate censure, l’agenzia deduce: a) da un lato, insufficiente motivazione sul fatto decisivo di cui al capo n. 6 circa la somma di Euro 45.682,47 prelevata da istituti di credito e versata nel conto “cassa e cassa assegni”, di cui non viene indicata la ragione di imputazione quali costi a fronte della ritenuta non deducibilità da parte degli accertatori (rilievo n. 15 nell’avviso di accertamento), cui la sentenza impugnata ha dedicato il solo asserto “non si può dedurre l’esistenza di ricavi non registrati”; b) d’altro lato, violazione di norme di legge – indicate nell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 64 (ora art. 75) – nella parte in cui nella sentenza impugnata non si è fatta applicazione del regime probatorio di legge, meramente affermandosi non potersi dedurre dal prelevamento e versamento l’esistenza di ricavi non registrati.

8. – Il primo, secondo, quarto e quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente e accolti, in quanto fondati, nelle formulazioni attinenti ai denunciati vizi di motivazione, con assorbimento dell’esame delle censure di violazione di legge (le quali, stante quanto in appresso circa le effettive carenze dell’impianto motivazionale, risulterebbero anche di difficile apprezzamento).

Sussistono in effetti i denunciati vizi di insufficiente motivazione (denunciabili con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), atteso che nel ragionamento dei giudici di merito, quale risulta dalla sentenza, è riscontrabile una obiettiva deficienza dei criteri logici che hanno condotto la commissione regionale alla formazione del proprio convincimento. Invero, individuate le fonti del proprio convincimento, nel valutare le prove e controllarne l’attendibilità e la concludenza alla luce dei criteri di legge anzidetti, che non vengono chiaramente nè affermati nè smentiti, la commissione tributaria regionale incide sugli invece coerenti criteri presuntivi evincibili dall’avviso di accertamento tentando di svilirne la validità semplicemente negando che le inferenze “port(ino) necessariamente” (questione n. 1) o “in modo automatico” (questione n. 2) ad accertare l’omissione di ricavi, o che questi si possano “ricavare” a fronte di movimentazioni che possono corrispondere ai “pagamenti più diversi” (questione n. 3), ovvero ancora affermando che “non rilev(i)” il complesso quadro indiziario (questione n. 5) o che da esso “non si può dedurre l’esistenza di ricavi non registrati” (questione n. 6). La difformità di dette valutazioni dai canoni logico-giuridici emerge ancor più ove si consideri che, come noto, la prova presuntiva non esige che gli elementi noti portino alla conoscenza del fatto ignoto come unica conseguenza possibile, essendo sufficiente che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (cfr. ad es. sez. 1, n. 16993 del 2007); tanto sul piano della sola logica e a tacere dall’applicazione dei criteri presuntivi di legge rilevanti in materia, dedotti in base alle censure dichiarate assorbite. A fronte del sussistere di risultanze processuali, quali emergono dagli atti, non valutate o mal valutate, che sono dunque tali da invalidare l’efficacia del ragionamento sul quale il convincimento si è formato, informato alla mera dichiarazione di irrilevanza di ogni elemento presuntivo, le “rationes decidendi” circa i singoli punti anzidetti della sentenza impugnata vengono a trovarsi prive di base, onde a seguito della cassazione il giudice del rinvio, riesaminate le fonti di prova e pervenendo a nuove determinazioni circa l’esito della controversia, dovrà fornire – indipendentemente dal risultato cui pervenga – più congrue motivazioni, applicando altresì le presunzioni di legge di cui ai motivi assorbiti.

9. – Va altresì accolto il terzo motivo, atteso che effettivamente con il ricorso introduttivo il P. aveva dichiarato (cfr. p. 2 dell’atto nella riproduzione nel ricorso in cassazione) di aver definito i rilievi da 6 a 14, mentre solo con l’atto di appello aveva dichiarato (cfr. p. 2 dell’atto come riprodotto) di aver definito anche il rilievo n. 4 in tema di costi indeducibili. D’altro canto, nel ricorso di prime cure non vi era alcuna domanda al riguardo, mentre in appello il P. formulava motivo di appello (p. 10) teso alla correzione della sentenza della CTP che aveva confermato il rilievo n. 4 “non oggetto di contestazione da parte del ricorrente”. Ne deriva che, dando atto di una definizione di rilievo non oggetto di istanza di declaratoria in prime cure, il giudice d’appello, accogliendo il relativo motivo, ha travalicato l’ambito del “thema decidendum” tracciato dal ricorso introduttivo.

10. – L’impugnata sentenza va dunque cassata, in relazione ai motivi accolti. Segue il rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, in diversa composizione, la quale provvederà a nuovo esame. La commissione regionale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

La corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla commissione tributaria regionale della Campania in Napoli in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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