Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27491 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. II, 28/10/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 28/10/2019), n.27491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26963/2015 proposto da:

A.P., NIZZA SRL, IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

M. CLEMENTI 58, presso lo studio dell’avvocato ALBA GIORDANO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO ALBERTO

VILLATA;

– ricorrenti –

contro

P.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIA

CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOFFREDO GOBBI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO ZAZZERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3465/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 01/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/09/2019 dal Consigliere LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La presente controversia trae origine da tre contratti preliminari di compravendita stipulati il 26/11/2008, con i quali la società Nizza s.r.l. si obbligò a vendere a P.V., che si obbligò ad acquistare, tre unità immobiliari site in (OMISSIS). All’atto della stipulazione dei preliminari, il P. versò alla promittente venditrice, a titolo di caparra ed acconto sul prezzo, la somma di un milione di Euro. Contestualmente, il P. chiese e ottenne da A.P. (amministratore e socio unico della Nizza s.r.l.) garanzia personale per l’adempimento, da parte della Nizza, degli obblighi nascenti dai preliminari.

A seguito della mancata stipulazione dei contratti definitivi di compravendita nei termini pattuiti, P.V. notificò alla Nizza e all’ A. atto stragiudiziale, col quale contestò l’inadempimento della promittente venditrice, dichiarò l’avvenuta risoluzione dei contratti per colpa della medesima e intimò il pagamento del doppio della caparra ai sensi dell’art. 1385 c.c., comma 2; successivamente, chiese ed ottenne dal Tribunale di Milano l’emissione di un decreto che ingiunse alla società Nizza s.r.l. e ad A.P., il pagamento, in suo favore, della somma di due milioni di Euro (oltre accessori e interessi legali), corrispondente al doppio della caparra versata.

La Nizza s.r.l. ed A.P. proposero separate opposizioni avverso il detto decreto ingiuntivo: la prima chiese la revoca del decreto, la pronuncia di risoluzione dei contratti preliminari per colpa del P., la declaratoria del proprio diritto di trattenere la caparra e la condanna del promissario acquirente al risarcimento dei danni; il secondo chiese la revoca del decreto ingiuntivo e la reiezione delle domande proposte nei suoi confronti.

Nel costituirsi nei due giudizi di opposizione, il P. chiese la conferma del decreto ingiuntivo opposto e comunque la condanna dei convenuti-opponenti al pagamento in suo favore della somma di due milioni di Euro, pari al doppio della caparra versata.

Riuniti i due giudizi di opposizione, il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento delle domande del P., pronunciò la risoluzione dei contratti per colpa della Nizza s.r.l. e condannò quest’ultima e lo A., in solido, al pagamento, in favore del P., della somma di un milione di Euro, pari all’importo versato dal promissario acquirente alla Nizza in sede di stipulazione dei preliminari. Ritenne il primo giudice che le somme versate dal P. alla Nizza, all’atto della stipula dei preliminari, fossero state corrisposte a mero titolo di acconto e non a titolo di caparra.

2. – Sui gravami proposti in via principale da P.V. e in via incidentale dalla Nizza s.r.l. e da A.P., la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarò il diritto del P. ad ottenere il doppio della caparra versata, condannando i convenuti al pagamento del residuo importo di un milione di Euro non ancora versato (un milione era stato già versato in esecuzione della sentenza di primo grado), maggiorato degli interessi legali.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello hanno proposto ricorso la società Nizza s.r.l. e A.P. sulla base di quattro motivi.

Ha resistito con controricorso P.V..

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con la memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale, il controricorrente ha dedotto l’improcedibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., per il mancato tempestivo deposito di copia della sentenza impugnata, notificata via pec, munita dell’attestazione di conformità all’originale.

Rileva la Corte che, dovendo il ricorso essere rigettato per infondatezza dei motivi (per le ragioni che andranno ad esporsi a par. 2), la questione sollevata con l’eccezione in esame risulta assorbita; e ciò sulla base del principio della c.d. “ragione più liquida”, per cui è consentito al giudice esaminare i motivi, suscettibili di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale (Sez. Un., n. 9936 del 08/05/2014; Sez. Un., n. 6826 del 22/03/2010; Sez. 6-L, n. 12002 del 28/05/2014; Sez. 2, n. 2723 del 08/02/2010).

2. – Ciò premesso, può passarsi all’esame dei motivi.

2.1. – Col primo motivo (contrassegnato col n. 4), si deduce (ex art. 360 c.p.c., n. 3) la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1385 e 1457 c.c., per avere la Corte di Appello ritenuto possibile l’esercizio del diritto di recesso da parte del promissario acquirente, nonostante che il contratto si fosse già risolto di diritto per il mancato rispetto del termine essenziale pattuito.

Il motivo è inammissibile, in quanto la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La Corte territoriale, infatti, non ha ritenuto che il contratto si fosse risolto di diritto per l’inutile decorso del termine essenziale, ma ha ritenuto che il promissario acquirente, invece di avvalersi della risoluzione di diritto, aveva inteso esercitare il diritto di recesso e chiedere il doppio della caparra.

Tale statuizione è conforme a diritto.

Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, la risoluzione del contratto di diritto per una delle cause previste dagli artt. 1454,1455 e 1457 c.c., non preclude alla parte adempiente, nel caso in cui sia stata contrattualmente prevista una caparra confirmatoria, l’esercizio della facoltà di recesso ai sensi dell’art. 1385 c.c., per ottenere, invece del risarcimento del danno, la ritenzione della caparra o la restituzione del suo doppio, poichè dette domande hanno una minore ampiezza rispetto a quella di risoluzione e possono perciò essere proposte anche nel caso in cui si sia verificata di diritto la risoluzione stessa (Cass., Sez. 2, n. 14014 del 06/06/2017; Sez. 2, n. 26206 del 03/11/2017; Sez. 2, n. 21838 del 25/10/2010; Sez. 3, n. 1952 del 10/02/2003).

2.2. – Col secondo motivo (contrassegnato col n. 5), si deduce (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1385 e 1455 c.c. nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, per avere la Corte di Appello omesso di valutare la condotta delle parti ai fini dell’accertamento della gravità dell’inadempimento, fondando erroneamente la sua pronuncia sul carattere essenziale del termine pattuito.

Il motivo non è fondato.

Premesso che, ai fini della legittimità del recesso di cui all’art. 1385 c.c., non è sufficiente l’inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la “non scarsa importanza” prevista dall’art. 1455 c.c., dovendo il giudice tenere conto dell’effettiva incidenza dell’inadempimento sul sinallagma contrattuale (Cass., Sez. 6-2, n. 409 del 13/01/2012; Sez. 2, n. 21838 del 25/10/2010), questa Suprema Corte ha più volte affermato che, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, risultando insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. Sez. 3, n. 6401 del 30/03/2015; Sez. 2, n. 12296 del 07/06/2011).

Nella specie, la Corte territoriale ha spiegato che l’inadempimento della società Nizza deve ritenersi di non scarsa importanza, considerato che alla data fissata per la stipula degli atti definitivi gli immobili da trasferire risultavano ancora ipotecati. La motivazione della sentenza impugnata sul punto (p. 4) risulta immune da errori logici e giuridici e supera, pertanto, il vaglio di legittimità.

2.3. – Col terzo motivo (contrassegnato col n. 6), si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1455 c.c. e art. 112 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la Corte di Appello erroneamente interpretato le “scritture integrative” stipulate tra il P. e l’ A. (ritenendo che si trattasse di accordi indipendenti dai contratti preliminari di compravendita) e per avere pronunciato d’ufficio su eccezione di inadempimento non proposta dal P. nei confronti dell’ A..

La censura è inammissibile per difetto di specificità sotto il profilo dell’autosufficienza.

Invero, i ricorrenti non trascrivono il contenuto delle scritture integrative in questione (se non in limitata e insufficiente misura nelle note alle pp. 17 e 18), non consentendo così alla Corte di conoscere gli impegni assunti reciprocamente dalle parti e di svolgere l’invocato sindacato.

2.4. – Col quarto motivo (contrassegnato col n. 7), si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che l’ A. avesse prestato garanzia per l’adempimento di ogni obbligazione della Nizza s.r.l. nascente dai preliminari.

Anche questo motivo è inammissibile per difetto di specificità sotto il profilo dell’autosufficienza.

I ricorrenti non trascrivono il contenuto delle lettere di garanzia firmate dallo A., non consentendo così alla Corte di svolgere il proprio sindacato e di valutare la fondatezza della censura.

3. – Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna in solido dei ricorrenti, risultati soccombenti, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

4. – Parte ricorrente è tenuta a versare – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) – un ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per la proposizione dell’impugnazione.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione

rigetta il ricorso e condanna entrambi i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000,00 (dodicimila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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