Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27491 del 10/12/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 27491 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: CECCHERINI ALDO

Data pubblicazione: 10/12/2013

SENTENZA
sul ricorso 28830-2012 proposto da:
CULQUABERT SECONDA SOC. COOP. A R.L.,

in persona del

2013

legale

599

domiciliata in ROMA, VIALE CORTINA D’AMPEZZO 269,

rappresentante

pro-tempore,

elettivamente

presso lo studio dell’avvocato DE SANTIS FRANCESCO,
rappresentata e difesa dall’avvocato PERONGINI SERGIO,
per delega a margine del ricorso;

- ricorrente contro

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI, in
persona del Ministro pro-tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

difende ope legis;
– con troricorrente nonchè contro

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI DELLE PROVINCE
DI SALERNO, AVELLINO E BENEVENTO;
– intimata –

avverso la sentenza n. 804/2011 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 12/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. ALDO
CECCHERINI;
uditi gli avvocati Sergio PERONGINI, Maria Elena
SCARAMUCCI dell’Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del primo
motivo del ricorso, rimessione per il resto alla
sezione competente.

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La controversia ha a oggetto la determinazione dell’indennità di
occupazione di un terreno acquistato il 20 luglio 1989 dalla società
Culqualbert seconda s.c.a.r.l. Il 9 giugno 1984 il Comune di Salerno aveva
autorizzato la lottizzazione del terreno – richiesta dalla precedente
proprietaria, Cooperativa a r.l. Carabinieri Culqualbert – per la

cooperativa acquirente, per la porzione di terreno acquistata, nella quale
era prevista una lottizzazione di trenta villette. Il piano non era stato
tuttavia realizzato, perché nel 1988 il Ministero per i beni culturali e
ambientali aveva dichiarato di “d’interesse particolarmente importante” i
reperti archeologici rinvenuti nel corso degli scavi eseguiti per la sua
realizzazione. Il vincolo era stato comunicato alla società interessata solo il
24 ottobre 1989, con l’effetto di subordinare ogni attività sul terreno ad
autorizzazione ministeriale, mai pervenuta.
Con decreto del maggio 1996 (notificato in agosto) la Soprintendenza
ai beni architettonici dispose l’occupazione temporanea di una porzione di
terreno, peraltro non perfettamente coincidente con quella già dichiarata
d’interesse particolarmente importante, perché estesa anche alla particella
98/p. Peraltro con decreto 24 agosto 2005 n. 147 il Ministero estese il
vincolo a tutta l’area di proprietà della società. L’occupazione si protrasse
in forza di successivi decreti, tra i quali non vi sarebbe stata – secondo la
ricorrente – continuità cronologica. La Soprintendenza aveva determinato
l’indennità di occupazione per il periodo 30 maggio 1996 – 4 settembre
2000, e successivamente per il periodo 5 settembre 2000 – 4 maggio
2007, offrendone il pagamento, ma la società non accettò tali stime.
2.

Premessi questi fatti, la cooperativa agì in giudizio per la

determinazione dell’indennità di occupazione dell’area, contestando le
stime del ministero.
La Corte d’appello di Salerno, con sentenza 12 ottobre 2011, ha
declinato la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alle domande che
la società attrice aveva formulato sulla premessa dell’illegittimità degli atti
impositivi, o dell’occupazione usurpativa dell’area, e ha limitato il suo
esame alla determinazione dell’indennità per l’occupazione legittima
Il cons rel. est.
dr. Ald
eccherini

1

realizzazione di sessanta villette, e in tale convenzione era subentrata la

seguita ai decreti di occupazione temporanea che si sono succeduti nel
tempo sul terreno di proprietà dell’attrice, per i quali la Soprintendenza
aveva offerto l’indennità sia per il periodo 1996 – 2000, e sia per il periodo
2000 – 2007. La corte territoriale ha ritenuto applicabili alla fattispecie gli
artt. 49 e 50 del t.u. 327/2001, in materia di occupazioni temporanee di
aree non soggette a esproprio; norme che, richiamando il successivo art.
54, configurano opposizioni alla stima e affermano la competenza della

territoriale ha quindi determinato l’indennità di occupazione legittima
dovuta dall’amministrazione in misura pari a un dodicesimo del valore di
mercato dell’area occupata, tenendo conto del vincolo archeologico di
natura conformativa. In conclusione, la corte ha determinato l’indennità di
occupazione legittima del terreno per cui è causa dal 30 maggio 1996 al 4
dicembre 2008, in misura pari agli interessi legali sul valore venale, in €
21.833,33.
3. Per la cassazione della sentenza ricorre la cooperativa con atto
affidato a quattro motivi.
Resiste il Ministero per i beni e le attività culturali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Il primo motivo del ricorso pone una questione di giurisdizione,
che ha determinato l’assegnazione del ricorso alle sezioni unite. Avendo la
corte territoriale declinato la giurisdizione in ordine alle domande che la
società attrice aveva formulato sulla premessa dell’illegittimità degli atti
impositivi, o dell’occupazione usurpativa dell’area, si chiede in questa sede
di affermare la giurisdizione della Corte d’appello di Salerno a conoscere
dell’indennità relativa a tutti i periodi di occupazione, e quindi anche dai
periodi di occupazione intercorrenti tra i vari decreti di occupazione
succedutisi nel tempo, e non coperti da questi.
4.1. Il motivo, nella misura in cui possa ritenersi ammissibile, è
infondato. La corte d’appello, in realtà, ha determinato l’indennità di
occupazione dovuta per l’intero periodo dall’inizio dell’occupazione (30
maggio 1996) al 4 dicembre 2008. Vero è che la stessa corte territoriale
ha escluso la sua giurisdizione con riferimento all’occupazione illegittima;
ma la società ricorrente non precisa quali sarebbero i periodi di

2

Il co
dr. Al

rel, est.
ccherini

corte d’appello nei limiti della compatibilità disciplinare. La corte

occupazione illegittima compresi in quello arco di tempo, per i quali gli
sarebbe stata negata la tutela giurisdizionale, sicché il motivo è generico.
Si osserva, peraltro, che la società ha agito davanti alla corte d’appello,
quale giudice in unico grado della determinazione dell’indennità di
occupazione legittima, e non poteva pertanto chiedere in quella sede la
quantificazione dell’indennità (rectius: del danno) relativo ai periodi di
occupazione senza titolo. La relativa domanda andava proposta,

occupazione di fatto, vale a dire senza titolo, o a quello amministrativo nel
caso di occupazione illegittima. La decisione impugnata, nei termini nei
quali è censurata, si sottrae dunque a censura.
5. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata perché
l’indennità di occupazione doveva essere determinata nella misura di un
dodicesimo del giusto prezzo che il bene avrebbe avuto in una libera
contrattazione di compravendita, “ovvero al valore venale dell’area
edificabile”. Trascurando che la stessa amministrazione, per il periodo dal
1996 a 2000, avrebbe offerto un’indennità di occupazione parametrata alla
natura edificabile del terreno, la corte di Salerno, incorrendo in violazione
dell’art. 112 c.p.c., si era basata invece su un valore che suppone la non
edificabilità dell’area.
5.1. Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa corte,
l’oggetto del giudizio di determinazione dell’indennità di espropriazione o
di occupazione diverge a seconda che l’azione si configuri come
opposizione al provvedimento di determinazione dell’indennità da parte
della commissione provinciale prevista dalla legge, o invece come
domanda proposta dall’interessato che non intenda accettare l’indennità
offerta dall’espropriante. Nel primo caso, l’attitudine del provvedimento
amministrativo alla definitività, per il vano decorso dei termini
d’impugnazione, imprime carattere impugnatorio all’azione della parte che
intenda contestarne il contenuto, con la conseguenza che l’opposizione
può condurre a determinare un’indennità maggiore, e non anche – in
difetto di una domanda formulata dall’espropriante – inferiore, rispetto a
quella calcolata in sede amministrativa; pertanto, nel caso in cui
l’accertamento conduca a un tale risultato, il giudice deve limitarsi a

Il cons.fr1Lt.
dr. Aldo 1hrini

3

alternativamente, al tribunale, quale giudice ordinario, nel caso di

respingere la domanda, altrimenti incorrendo nel vizio di ultrapetizione,
salvo che l’espropriante, convenuto in opposizione, abbia ritualmente
proposto a tal fine domanda riconvenzionale (Cass. 28 maggio 2012 n.
8442). Nel secondo caso l’azione per la determinazione della giusta
indennità non si configura come opposizione alla determinazione
dell’indennità, ma come domanda di accertamento diretta, sin dall’origine,
alla fissazione della giusta indennità, con la conseguenza che la corte di

quella pretesa o a quella offerta in via amministrativa, senza per questo
incorrere nel vizio di ultrapetizione (Cass. 5 febbraio 2009 n. 2787).
Nella specie non vi è stata alcuna determinazione della commissione
provinciale e l’azione era di accertamento del diritto e non della legittimità
della stima amministrativa, sicché la corte territoriale ha correttamente
proceduto alla determinazione della stima richiesta sulla base degli
elementi acquisiti alla causa, applicando le norme di legge regolatrici della
materia.
6.

Con il terzo motivo si torna confusamente sul tema della

giurisdizione del giudice ordinario, del quale si è già trattato a proposito
del primo motivo, aggiungendosi che essa dovrebbe essere affermata per
la necessità di parametrare l’indennità non al “valore agricolo medio”,
bensì al danno conseguente dalla mancata edificazione su area
fabbricabile.
6.1. Premesso che nella sentenza impugnata il giudice di merito,

qualificando l’area come agricola, non ha fatto alcun riferimento al “valore
agricolo medio”, e che l’accertamento dell’inedificabilità dell’area per la
presenza di un vincolo archeologico non è stato specificamente e
appropriatamente impugnato, la questione di giurisdizione è prospettata in
termini incomprensibili.
7.

Con l’ultimo motivo si lamenta che la corte d’appello, pur

affermando correttamente che gli interessi legali sull’indennità liquidata
decorrono dalle singole scadenze annuali, abbia indicato il capitale
nell’importo complessivo pari alla somma dio tutti gli anni, così impedendo
il calcolo degli interessi.

4

Il co

dr. Ald

I. est.
cherini

appello è tenuta a compiere la liquidazione, anche in misura inferiore a

7.1.

La corte territoriale ha richiamato a questo riguardo

integralmente la relazione di consulenza tecnica depositata in atti,
osservando che in essa l’indennità di occupazione legittima è determinata
con il metodo comparativo, con una valutazione ondeggiante tra C
10,00/mq nel 1996 e C 30,00/mq nel 2008 “con valutazione progressiva
(v. consulenza in atti)”.
Il motivo ignora il rimando alla consulenza, il cui passo decisivo

motivazione, neppure è riprodotto nel ricorso, sicché è generico, e
inidoneo a inficiare la correttezza del ragionamento svolto in sentenza.
8. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono
liquidate come in dispositivo.
P. q. m.

La corte rigetta il ricorso, e condanna la soccombente al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in C 3.200,00, di cui C
3.000,00 per compenso, oltre agli oneri accessori di legge.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite della
Corte suprema di cassazione, il giorno 26 novembre 2013.

richiamato dal giudice di merito, e costituente parte integrante della sua

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