Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27490 del 30/12/2016

Cassazione civile, sez. trib., 30/12/2016, (ud. 16/12/2016, dep.30/12/2016),  n. 27490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22610-2012 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI CONDOTTI

91, presso lo studio dell’avvocato LUIGI RAGNO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIANFILIPPO CECCIO giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 123/2012 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO,

depositata il 20/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2016 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CECCIO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

MOTIVAZIONE SEMPLIFICATA.

1. Con atto del 18 marzo 1982 Be.Al. vendeva terreni agricoli siti in (OMISSIS) e l’ufficio rettificava ai fini Invim i valori iniziali e finali dichiarati. Il contribuente proponeva ricorso sostenendo che l’atto pubblico era stato posto in essere in esecuzione della sentenza del tribunale di Patti del 6 gennaio 1982 con la quale gli acquirenti erano stati condannati a concludere il contratto di compravendita dell’immobile di cui alla scrittura privata vertita tra le parti il 18 settembre 1974; dunque il valore dei cespiti, che le parti avevano indicato in atto e che corrispondeva a quello esposto nel preliminare, era stato determinato in forza di sentenza. La commissione tributaria di primo grado accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione di secondo grado di Messina. L’ufficio proponeva ricorso avverso la decisione della commissione tributaria di secondo grado e la commissione tributaria centrale, sezione di Palermo, lo accoglieva sul rilievo che l’avviso di accertamento risultava sufficientemente motivato e che il valore dell’immobile doveva essere determinato al momento della stipula dell’atto pubblico.

2. Avverso la sentenza della commissione tributaria centrale propone ricorso per cassazione B.A., nella qualità di erede di Be.Al., svolgendo tre motivi. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20 e 51 ed all’art. 8 della parte prima della tariffa allegata. Sostiene che Be.Al. aveva i stipulato l’atto pubblico di compravendita in esecuzione dell’obbligo di concludere un contratto così come statuito con la sentenza del tribunale di Patti del 6 gennaio 1982 e nel rogito le parti si erano date atto che il trasferimento avveniva in esecuzione di tale sentenza. Ne consegue che l’ufficio non poteva sottoporre a giudizio di congruità i valori dei cespiti immobiliari già definiti dal giudice civile e di cui le parti si erano limitate a prendere atto in sede di stipula del definitivo.

4. Con il secondo motivo deduce omessa o carente motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la commissione tributaria centrale non ha dato conto delle ragioni a sostegno dell’accoglimento dell’appello.

5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 73 del 2010, art. 3 di conversione del D.L. n. 40 del 2010, in quanto la commissione tributaria centrale avrebbe dovuto definire con provvedimento di estinzione la controversia tributaria che pendeva da oltre 10 anni e nella quale risultava soccombente l’amministrazione finanziaria nei primi due gradi di giudizio.

6. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente di data 14.9.2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

7. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza. Invero il ricorrente si è limitato a riportare nel ricorso la fotocopia della prima pagina del sentenza del tribunale di Patti del 6 gennaio 1982 e non l’intero testo. Inoltre neppure ha riprodotto il testo del preliminare stipulato il 18.9.1974. Ciò implica che non è dato evincere il contenuto precettivo della sentenza che si sarebbe potuto evincere solo dal dispositivo e dalla motivazione di essa e, conseguentemente, non è consentito di accertare se le parti, con la stipula del contratto definitivo, abbiano adempiuto ad una precisa statuizione contenuta nella sentenza medesima anche con riguardo al prezzo.

8. Il secondo motivo è inammissibile in quanto generico. Invero il ricorrente censura la sentenza impugnata per vizio motivazionale laddove, invece, la CTC ha ritenuto l’avviso di accertamento sufficientemente motivato in base alla normativa di settore costituita dal D.P.R. n. 634 del 1972. Sarebbe stato onere del ricorrente, invero, riprodurre nel ricorso il testo dell’avviso di accertamento ed indicare specificamente le ragioni per le quali gli elementi indicati dalla normativa stessa non risultavano indicati nell’atto impositivo, sì da evidenziare la carenza della motivazione della sentenza impugnata sul punto. La CTC ha, poi, fatto richiamo alla motivazione della sentenza della CTC medesima n. 3213 del 16 giugno 1982 ed il ricorrente ha omesso di indicare le ragioni per le quali la decisione richiamata, che era liberamente consultabile, non si attagliava al caso di specie.

9. Il terzo motivo è infondato. Invero il D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 3, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010, n. 73 (il quale prevede che le controversie tributarie che originano da ricorsi iscritti a ruolo nel primo grado, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, da oltre dieci anni, pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale, con esclusione di quelle aventi ad oggetto istanze di rimborso, sono automaticamente definite con decreto assunto dal presidente del collegio o da altro componente delegato) non era applicabile alla controversia di cui si tratta essendo essa stata trattenuta in decisione il 27 novembre 2009, e dunque prima dell’entrata in vigore del decreto.

Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’agenzia delle entrate le spese processuali che liquida in Euro 7000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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