Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27481 del 02/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/12/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 02/12/2020), n.27481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. R.G. 767-2018 proposto da:

LA COLOMBINA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato CIRO PAPALE, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato UMBERTO

GAROFOLI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale

estesa in calce al controricorso;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 2814/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 18/5/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/9/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la società La Colombina a r.l. propone ricorso, affidato a sei motivi illustrati con memoria, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva respinto l’appello proposto avverso la sentenza n. 11972/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma in rigetto del ricorso avverso avviso di accertamento ICI (annualità 2009) relativamente ad immobili di proprietà della società, su cui gravavano ordini di sequestro e demolizione;

in particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva confermato la sentenza di primo grado disattendendo le doglianze circa la mancanza di disponibilità degli immobili in quanto i provvedimenti di diniego di condono e di ordine di demolizione erano stati emessi successivamente alle annualità accertate, rilevando inoltre come ciò non comportasse la perdita di possesso sui fabbricati e che gli immobili non erano inoltre risultati inagibili;

Roma Capitale resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. con il primo motivo di ricorso si denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti… travisamento dei fatti… errore manifesto” lamentando la ricorrente l’errata valutazione, da parte della CTR, circa la mancata perdita della proprietà degli immobili atteso che l’ordinanza di ingiunzione emessa nei suoi confronti aveva reso indisponibili e non cedibili gli immobili;

1.2. con il secondo motivo di ricorso si lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto… artt. 3,53, e 97 Cost.” avendo la CTR erroneamente sottoposto a tassazione gli immobili pur non essendo essi qualificabili come immobili suscettibili di produrre reddito e di essere tassati;

1.3. con il terzo motivo di ricorso si lamenta, sotto altro profilo, “violazione e falsa applicazione di norme di diritto… artt. 3,53, e 97 Cost.” in quanto la base imponibile ICI degli immobili, oggetto di ingiunzione di demolizione ed acquisizione al patrimonio comunale, doveva essere determinata, secondo la ricorrente, sul valore venale dell’area basato sulle previsioni del PRG vigente;

1.4 con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6, e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3) avendo la CTR errato nell’applicare l’imposta ICI sul valore catastale degli immobili destinati ad essere demoliti od acquisiti al patrimonio comunale, in quanto l’unico bene ancora di pertinenza della contribuente, secondo la ricorrente, era il solo terreno, in caso di demolizione, e in caso di mancata demolizione, l’area su cui incidevano gli immobili;

1.5. le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, vanno disattese;

1.6. questa Corte ha già chiarito (cfr. Cass. n. 26211/2016, n. 14678/2016, n. 22216/2015) che “in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), nel regime anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 51, comma 3 bis, il proprietario degli immobili oggetto di sequestro penale, disposto ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, o del successivo D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 20, è soggetto passivo d’imposta, non giustificandosi alcuna esenzione dal pagamento del tributo, atteso che il presupposto impositivo è la titolarità del diritto reale e non la disponibilità del bene e che il sequestro penale, a differenza della confisca, non comporta la perdita della titolarità dei beni ad esso sottoposti”;

1.7. i principi affermati con riguardo all’ipotesi di immobile sottoposto a sequestro penale tanto più valgono nell’ipotesi di immobile sottoposto a sequestro civile, giudiziario o conservativo (cfr. Cass. n. 19881/2017);

1.8. ne deriva pertanto che – ben potendo il sequestro essere revocato allorquando sia respinta la proposta di applicazione di misura di prevenzione o quando risulti che il sequestro abbia avuto per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l’indiziato non poteva disporre direttamente o indirettamente – fino al sopravvenire del decreto di confisca deve intendersi sussistente il requisito dei possesso quanto alla soggettività passiva ai fini ICI;

1.9. parimenti, finchè non sia data effettiva esecuzione alla demolizione degli immobili, rimanendo essi oggetto di disponibilità, diretta o indiretta, del soggetto sottoposto al procedimento, quest’ultimo risulta soggetto passivo dell’imposta comunale sugli immobili;

1.10. quanto alle doglianze circa la mancata ultimazione del fabbricato ed il mancato utilizzo dello stesso, il Collegio ritiene di ribadire, anche in tale sede, il principio, già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 3436/2019, n. 8781/2015) secondo cui, in tema di ICI, l’iscrizione di un fabbricato al catasto è una condizione sufficiente per assoggettare l’immobile all’imposta, a prescindere dall’ultimazione dei lavori di costruzione e dalla circostanza che esso sia o meno utilizzato;

1.11. consegue che merita conferma la decisione impugnata, che si è attenuta ai summenzionati principi di diritto, motivando in relazione ad essi la debenza dell’ICI da parte della contribuente per l’anno d’imposta 2007, in primo luogo in data anteriore ai disposti provvedimenti di sequestro, e quindi in assenza di disposta confisca delle unità immobiliari già in precedenza sottoposte a sequestro o di intervenuta demolizione degli stessi, conservando sino a dette date la contribuente la soggettività passiva d’imposta ai fini ICI;

2.1. con il quinto motivo di ricorso si denuncia la mancata applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, in relazione all’esimente prevista per l’applicazione delle sanzioni stante la condizione di obiettiva incertezza normativa;

2.2. con il sesto motivo di ricorso si lamenta “carenza di motivazione… per non avere la Commissione motivato sulle eccezioni della contribuente… sulla carenza di motivazione, sulla errata applicazione dell’art. 53 Cost., sulla carenza di contraddittorio e sulla inapplicabilità delle sanzioni per incertezza sull’interpretazione di norme tributarie”;

2.3. il sesto motivo di ricorso, da esaminare preliminarmente, va respinto, con assorbimento del quinto motivo, come di seguito indicato;

2.4. in primo luogo sono inammissibili le doglianze relative alla pretesa omessa pronuncia della CTR “sulla carenza di motivazione, sulla errata applicazione dell’art. 53 Cost., sulla carenza di contraddittorio”;

2.5. l’esame degli atti del giudizio di merito da parte del giudice di legittimità, ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, sicchè laddove occorre procedere alla verifica della falsa applicazione della regola del “tantum devolutum quantum appelatum”, è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli dell’atto d’appello con cui le censure sono state formulate o riproposte (vedi tra le tante Cass. n. 22880 del 29/9/2017; Cass. n. 11738 del 8/6/2016:; Cass. n. 19410 del 30/9/2015);

2.6. la ricorrente non ha tuttavia riportato in ricorso nè il contenuto degli atti introduttivi di primo e secondo grado, nè quello della sentenza impugnata, da cui si sarebbe potuta evincere l’avvenuta prospettazione della questione e l’omessa pronuncia da parte del giudice di appello;

2.7. con riguardo invece alla dedotta omessa pronuncia sull’inapplicabilità delle sanzioni per incertezza sull’interpretazione di norme tributarie va in primo luogo richiamato l’insegnamento di questa Corte secondo cui, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. n. 16171/2017, n. 2313/2010);

2.8. la questione posta con il sesto motivo dell’odierno ricorso, dianzi riassunta, va quindi esaminata per verificare se possa essere decisa in astratto, prescindendo da riscontri fattuali, in quanto ove la risposta alla questione, posta nei motivi non esaminati dal Giudice d’appello, sia negativa, si potrebbe pervenire senz’altro alla definizione del giudizio in sede di legittimità, mentre la risposta positiva dovrebbe invece portare alla cassazione con rinvio, affinchè il Giudice di merito verifichi in primo luogo la sussistenza o meno delle indicazioni necessarie a pena di nullità;

2.9. nella specie, la questione va risolta nel primo dei due sensi sulla base delle considerazioni che seguono;

2.10. in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’incertezza normativa obiettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto o sui destinatari della stessa norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione dal giudice, unico soggetto dell’ordinamento investito dai potere – dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata opzione ermeneutica (cfr. Cass. n. 4683/2012; conf. Cass. n. 3108/2019, n. 23845/2016);

2.11. tale attività interpretativa, volta a chiarire il significato della disposizione tributaria, non è, invero, riferibile ad un generico contribuente, nè aì soggetti capaci di un’interpretazione qualificala (studiosi, professionisti legali, ecc.), e tanto meno all’Ufficio finanziario, bensì esclusivamente al Giudice, in quanto rappresenta l’unico soggetto dell’ordinamento investito del potere – dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione normativa (cfr. Cass. n. 24670/2007);

2.12. pertanto, può ritenersi che una norma abbia un significato oggettivamente incerto, quando l’interpretazione che di essa abbia dato la giurisprudenza non sia appagante, in termine di certezza, poichè oscillante tra risultati ermeneutici differenti e non univoci;

2.13. con riferimento al caso di specie, deve quindi rilevarsi che in ordine al significato da attribuirsi alle norme in materia di assoggettabilità all’ICI degli immobili soggetti a sequestro o ordine di demolizione, non può ritenersi sussistente alcuna incertezza interpretativa, in quanto la normativa applicabile fornisce elementi adeguati e sufficientemente chiari per la determinazione dei casi di applicazione dell’imposta, per il che appare sussistente la sola incertezza derivata da condizioni soggettive del contribuente, mentre è da escludere l’errore dovuto ad interpretazione errata della normativa o la diversa interpretazione dei fatti di causa, sola condizione che legittimerebbe lo sgravio delle sanzioni;

2.14. ne consegue che, anche a fronte della riscontrata omessa pronuncia della CTR sulla questione in esame, riportata nella parte relativa allo svolgimento del processo della sentenza impugnata, la doglianza va comunque respinta;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere a Roma Capitale le spese processuali che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie ed oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2020

 

 

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