Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2748 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 05/02/2020), n.2748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1339-2019 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato IRIKA VIVALDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1404/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con ordinanza ex. art. 702-ter c.p.c. il Tribunale di Firenze rigettava il ricorso proposto da C.D. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex artt. 2 e 14, e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Firenze, preso atto della mancanza di impugnazione in punto di diritto al rifugio e una volta escluso il ricorrere delle condizioni previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), in ragione del tenore della vicenda narrata, riteneva che al migrante non potesse essere riconosciuta la protezione sussidiaria neppure in applicazione del disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), dato che le informazioni disponibili non consentivano di ritenere che in Gambia sussistesse una situazione di conflitto generalizzato;

la Corte di merito, da ultimo, reputava che non potesse essere riconosciuta all’appellante la protezione umanitaria richiesta, non avendo egli palesato una condizione di apprezzabile disagio per l’ipotesi di un suo ritorno in patria;

d’altra parte, a parere dei giudici di appello, le minori possibilità economiche e la peggiore condizione socio-sanitaria del paese di provenienza non erano normativamente previste come ragioni di tutela dell’istante;

3. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia Demba Ceesay al fine di far valere due motivi di impugnazione;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1-bis, poichè la corte territoriale non avrebbe considerato che in realtà in Cambia esisteva un conflitto armato rilevante ai fini dell’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), così come non si sarebbe preoccupata di acquisire informazioni sulla situazione giudiziaria e carceraria del Gambia;

4.2 il motivo è, nel suo complesso, inammissibile;

4.2.1 ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018);

la Corte di merito si è ispirata a simili criteri allorchè ha rappresentato che il Gambia, dove si registra un progressivo ritorno alla legalità e un ripristino delle libertà fondamentali, non sussiste una situazione di conflitto generalizzato;

la censura in esame, sotto le spoglie della denuncia di una violazione di legge sostanziale, cerca in realtà di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti informativi valutati dal collegio di merito, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018);

4.2.2 risulta poi di nessuna decisività la doglianza relativa alla mancata acquisizione di informazioni, in ossequio al disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, circa la situazione giudiziaria e carceraria esistente in Gambia, sol che si consideri come il migrante si sia allontanato dal suo paese non per aver tenuto condotte potenzialmente criminose, ma per contrasti familiari e in ragione delle aggressioni subite per tali motivi (“a seguito del contrasto con lo zio e dell’aggressione nei suoi confronti da parte dei figli dello zio”), non essendo così ipotizzabile l’avvio di alcun procedimento a suo carico e alcuna restrizione in carcere;

5.1 il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e 46 della Direttiva Europea 32/2013: la povertà esistente in Gambia avrebbe esposto il migrante a una condizione di vulnerabilità, al quale doveva quindi essere riconosciuta la protezione umanitaria al fine di dare concreto riconoscimento al diritto di ogni individuo ad avere un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della propria famiglia, nel senso previsto dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo;

5.2 il motivo è manifestamente infondato;

la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela situazioni di vulnerabilità da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente;

non è quindi ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero parametri di benessere, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di estrema difficoltà economica e sociale, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass. 3681/2019);

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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