Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27477 del 09/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27477 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 26753-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587 in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli
avvocati CORETTI ANTONIETTA, STUMPO VINCENZO, TRIOLO
VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
GARGARO GIUSEPPE;
– intimato avverso la sentenza n. 5382/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del
25.10.2010, depositata il 15/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/10/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO FRESA che si
riporta alla relazione scritta.

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Data pubblicazione: 09/12/2013

Fatto e diritto
Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ. ha depositato
la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. e 375 cod. proc. civ.:
“Con ricorso al Tribunale di Lucera, Giuseppe Gargaro, operaio agricolo a tempo
determinato, aveva convenuto in giudizio l’Inps, chiedendo venisse accertato il

ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione gli era stato corrisposto
dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 sosteneva che tale trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del D. Lgs.
n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva
provinciale, ivi compreso l’elemento denominato t.f.r., con conseguente diritto alle
differenze tra quanto spettante e quanto percepito.
La domanda è stata dichiara inammissibile dal giudice di primo
grado, che ha ritenuto intervenuta la decadenza di cui all’art. 47, terzo
comma D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, mentre la Corte d’appello di Bari,
con sentenza depositata il 15 novembre 2010, l’ha accolta integralmente.
Avverso detta sentenza, l’Inps propone ricorso per cassazione —
notificato in data 2 novembre 2011 -, con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita in questa sede.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla
legge 18 giugno 2009 n. 69.
Col primo motivo, l’Istituto denuncia la violazione dell’art. 47
D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 e successive modificazioni.
Col secondo e col terzo motivo l’Istituto ricorrente, lamentando la
violazione dell’art. 18, comma 18 ° del D.L. n. 98/2011, convertito in L. n.
111/2011 e, in via subordinata, degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL per gli
operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione all’art. 6, comma 4°,
lettera a) del d.lgs. n. 314/97 nonché in relazione agli artt. 1362 e ss., 2120
cod. civ. ed all’ artt. 4 commi 10° e 11° legge 297/82, censura, in via
logicamente subordinata, la sentenza unicamente per avere incluso nella
retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di
disoccupazione anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece
1:2ic. 2011 n. 26753 sez. ML – ud. 17-10-2013
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suo diritto alla differenza dell’indennità di disoccupazione per l’anno 2001; il

non dovrebbe esserlo, per avere essa — contrariamente a quanto affermato
la Corte territoriale — effettiva natura di retribuzione differita.
Il ricorso è manifestamente fondato nel secondo e terzo motivo,
qui trattati unitariamente, con conseguente assorbimento del primo, il cui
esame, sebbene preliminare, deve cedere, per ragioni di economia
processuale, a fronte della manifesta fondatezza degli altri.

enunciato, ad es. con la sentenza n. 202/2011, con riferimento a
fattispecie analoghe a quella in esame, il seguente principio: “Confermandosi

quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui
ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di
retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto
con il salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è
comprensiva del trattamento di fine rapporto, va ulteriormente affermato che, sulla base
del suddetto principio, la voce denominata `quota di TFR” dai contratti collettivi
vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di
disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è
vietato disattendere in forza della disposizione di cui all’art. 3 D.L 14 giugno 1996
n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti
previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere
individuata in diffòrmità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo
escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti
stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte
dell’autonomia collettiva.”
Si rileva altresì, in proposito, che recentemente il significato della
norma di cui all’art. 4 del D. Lgs. n. 146 del 1997 individuato dalla
giurisprudenza sopra citata è stato esplicitato anche dal legislatore, che
all’art. 18, comma 18° del D.L. n. 98 del 2011, convertito nella legge n.
111 dello stesso anno, ha specificato che “L’art. 4 del D. Lgs. 16 aprile 1997

n. 146 e l’art. 1, comma 5° del D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con
modificazioni dalla legge 11 maqo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai

Ric. 2011 n. 26753 sez. ML – ud. 17-10-2013
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In proposito, si ricorda che questa Corte ha ripetutamente

agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce del trattamento di fine
rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
Ove si condivida il testé formulato rilievo, il ricorso andrebbe
accolto.
Concludendo, si chiede pertanto che il Presidente della sezione
voglia fissare la data dell’adunanza in camera di consiglio.

condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia,
dovendosi evidenziare quanto al primo motivo, ritenuto assorbito dal Relatore,

che secondo l’orientamento prevalente di questa Corte, consolidatosi con
recente pronuncia delle Sezioni unite ( v. Sez.un. n. 12720 del 2009 – che
conferma le tesi della precedente Cass. Sez. un. n. 6491 del 1996), la decadenza
di cui all’art. 47 D.P.R. n. 639 del 1970, all’art. 6 d.l. n. 103 del 1991 conv. in
legge n. 166 del 1991 e all’art. 4 d.l. n. 348 del 1992 conv. in legge n. 438 del
1992, non trova applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia
intesa non già al riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé
considerata, ma solo all’adeguamento della prestazione già ottenuta, perché
riconosciuta solo in parte e liquidata in un importo inferiore a quello dovuto; la
correttezza della ricostruzione del quadro normativo di riferimento nei termini
sopra richiamati, risulta indirettamente avvalorata, secondo quanto osservato
da una recente pronunzia di questa Corte ( Cass. n. 7245 del 2012 ),
dall’art. 38, primo comma, lett. d) del d. 1. n. 98 del 2011, convertito in legge
n. 111 del 2011, che ha integrato, con ulteriore comma, l’art. 47, prevedendo
l’assoggettabilità a decadenza ( con decorrenza dal riconoscimento parziale
della prestazione ovvero dal pagamento della sorte) delle azioni giudiziarie
aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il
pagamento di accessori del credito e l’applicabilità di tale disciplina anche ai
giudizi pendenti in primo grado al momento di entrata in vigore della norma.

Come,infatti, sottolineato nella richiamata sentenza n. 7245 /2012, la espressa
previsione di una limitata efficacia retroattiva del regime decadenziale rivela la
consapevolezza nel legislatore del carattere modificativo della disposizione
introdotta rispetto alla regola preesistente, quale consolidatasi per effetto della
recente pronuncia delle Sezioni unite del 2009 ; pertanto, deve ritenersi che,
Ric. 2011 n. 26753 sez. ML – ud. 17-10-2013
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Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto

prima della sua integrazione per effetto dall’art. 38, primo comma, lett. d) del
convertito d.l. n. 98 del 2011, l’art.47 del d.p.r. n.639 del 1970 è inapplicabile
al caso di domanda di riliquidazione di prestazioni solo parzialmente
riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale
Ricorre quindi in relazione a tutti i motivi svolti il presupposto dell’art. 375,
comma 1°, n. 5 cod. proc. civ. , per la definizione camerale..Conseguentemente il

e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, deciso nel merito con
rigetto della domanda di inclusione della quota cd Tfr nella base di calcolo della
indennità di disoccupazione agricola .La definizione del giudizio anche alla luce
dello ius superveniens di cui al dl. n.98 del 2011configura la sussistenza di giusti
motivi di compensazione dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo ed il terzo. Cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara non dovuta la quota
denominata TFR nel calcolo della indennità di disoccupazione agricola.
Compensa le spese dell’intero giudizio.

Roma, 17 ottobre 2013
Il Presidente

Dott. ssa Maura La Terza

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DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

5 D1G’ 2011

Giuditano

primo motivo va respinto ed il ricorso accolto in relazione al secondo ed al terzo

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