Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27474 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. II, 28/10/2019, (ud. 06/06/2019, dep. 28/10/2019), n.27474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13934-2015 proposto da:

MEDIA & SPORTS SAS in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE

II 18, presso lo studio dell’avvocato GIAN MARCO STUDIO GREZ,

rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO LUIGI POLENGHI;

– ricorrente e c/ricorrente al ric. incidentale –

contro

SNAI SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CESI 44, presso lo

studio dell’avvocato LUIGI MOLINARO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ATTILIO CAROSELLI;

– controricorrente e ric. incidentale –

avverso la sentenza n. 4198/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2019 dal Consigliere ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale PEPE

ALESSANDRO, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi 1, 2, 3 e

4 del ricorso principale, assorbiti i motivi 5, 6, 7; rigetto del

ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Media & Sports S.a.s. (d’ora innanzi Media) conveniva nel giugno 2006 innanzi al Tribunale di Milano la Trenno S.p.a. (già società Sport e Spettacolo Ippico – SSI – S.p.a.).

La società attrice deduceva che, in forza di contratto a suo tempo intercorso con la suddetta SSI, aveva ottenuto, a far data dal 1 ottobre 1998, “l’incarico di sviluppare, mediante la promozione di contratti di vendita pubblicitaria, lo sfruttamento commerciale degli spazi pubblicitari nell’ambito degli ippodromi del galoppo e del trotto di Milano e dell’ippodromo di Montecatini, nonchè lo sviluppo e la promozione di ogni altra forma di pubblicità nell’ambito delle attività” dell’allora società SSI.

La stessa società attrice chiedeva, quindi, di far valere i propri diritti derivanti dal detto contratto di provvigione con ogni conseguenziale pronuncia.

Resisteva alla domanda della Media la società Snai S.p.a., nella quale – dopo la notifica della citazione – si era fusa per incorporazione la Trenno S.p.a..

La costituita convenuta formulava eccezioni relative alla perdurante pendenza di altro giudizio (che traeva origine da sentenza n. 7021/2006 del Tribunale di Milano in ordine ad altra controversia fra la Media e Snai) ed alla pretesa intervenuta prescrizione dei crediti fatti valere dalla società attrice.

Nel merito la convenuta Snai deduceva l’insussistenza di ogni debenza in favore della Media, in particolare con riferimento al preteso per effetti dei contratti per l’utilizzo di cartelloni pubblicitari stipulati con altra società rispettivamente in data 29 aprile e 29 giugno 1999.

All’esito della volta istruttoria svolta anche con espletamenti di Consulenza tecnica di ufficio, l’adito Tribunale – disattese le suddette eccezioni – riteneva dovute alla società attrice le somme di Euro 142.878,93 per provvigioni, di Euro 101.130,54 per compensi relativi ad altri contratti di cui in atti, di Euro 123.103,81 a titolo di indennità ex art. 1751 c.c. e di Euro 16.113,77 a titolo di indennità sostitutiva di preavviso.

Il tutti con vittoria di spese di lite e consulenza tecnica in favore della parte attrice.

La società Snai, chiedendo la riforma della decisione del Tribunale di prima istanza ed il rigetto di tutte le avverse domande, interponeva appello fondato su tre ordini di motivi.

L’appello era resistito dalla società appellata, la quale – a sua volta – proponeva appello incidentale per ottenere un diverso calcolo delle maggiori provvigioni – ancora, a suo dire – dovutele in dipendenza dei detti contratti del 1999. L’adita Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 4198/2014, respingeva preliminarmente le doglianza dell’appellante relative al preteso obbligo di astensione del CTU (per aver lo stesso avuto in corso giudizio di risarcimento da incidente nautico con il CTP di controparte). In punto la Corte territoriale riteneva che non vi era stata ripercussione alcuna sull’esito dell’indagine peritale.

Nel merito la sentenza oggi impugnata innanzi a questa Corte in parziale accoglimento sia dell’appello principale che di quello incidentale, respingeva la domanda di Media al pagamento di provvigioni limitatamente alla somma capitale di Euro 142.878,93, riducendo ad Euro 55.293,02 e ad Euro 9.586,33 le somme rispettivamente dovute da Snai a titolo di indennità ex art. 1751 c.c. e per mancato preavviso;

disponeva la maggiorazione sulle somme dovute per effetto della rivalutazione monetaria oltre agli interessi dovuti;

il tutti statuendo la compensazione per metà delle spese del doppio grado del giudizio, ferma la condanna – per la restante parte delle spese stesse – in favore dell’attrice-appellata.

Più in particolare e per quanto rileva decisivamente in questa sede la sentenza della Corte distrettuale fondava, nella sostanza, il proprio dictum sul fatto che talune pretese provvigioni non erano dovute stante la pregressa riserva in favore di altre società per l’utilizzazione degli spazi pubblicitari.

Per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Milano ricorre la Media con atto fondato su sette motivi e resistito con controricorso dalla intimata società Snai, la quale – a sua volta – ha proposto ricorso incidentale fondato su tre ordini di motivi e resistito controricorso dalla ricorrente principale.

La ricorrente Media ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso principale si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 1478 c.c., comma 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1”.

Il motivo si sostanzia nella prospettazione del fatto che il rinnovo della stipula delle concessioni in favore SMA/Publifor erano avvenute “conseguentemente al suo intervento” di essa società odierna ricorrente e, pertanto, il diritto alle provvigioni in favore di Media non poteva che essere sussistente.

Il motivo non può essere accolto.

E’ ben vero che la norma di cui si deduce la violazione e falsa applicazione prevede il diritto dell’agente alla provvigione. Ma tale diritto è riconosciuto solo “per tutti gli affari conclsui durante il contratto” e “quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”.

Nella concreta fattispecie in esame il preteso diritto poteva validamente invocarsi esclusivamente nel caso in cui l’affare concluso era una conseguenza diretta dell’attività dell’agente.

La gravata decisione, con corretta e logica motivazione, ha valutato che l’attività della ricorrente si era concretizzata nel procurare un contratto in data 22/4/1999 con la società Fuori misura.

Tale contratto, tuttavia, non ha avuto buon fine e non ha, pertanto, integrato – anche con riferimento a quanto con – venuto all’art. 13 del contratto inter partes, alcun affare. Non sussistevano, quindi, alla stregua della valutazione in merito dei fatti gli estremi necessari al fine della invocata approvazione dell’art. 1478 c.c..

Il motivo va, dunque, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 1748 c.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il motivo, connesso al quello di cui al precedente punto, tende all’affermazione del diritto della società ricorrente ad ottenere (ad là di quanto già esposto sub 1) il diritto della stessa al riconoscimento in ogni caso delle provvigioni indirette.

La proposta censura è del tutto infondata e non accoglibile secondo la ricostruzione operata correttamente dai Giudici del merito, in quanto le concessionarie SMA e PUBLIFOR erano in rapporti (peraltro rinnovati) con l’odierna parte controricorrente senza alcun intervento da parte della Media, che non ebbe, nella concreta ipotesi, a svolgere – a quanto risultato – alcuna attività retribuibile di procacciamento di affare.

E’, quindi, del tutto infondata la pretesa della ricorrente di invocare, pure sotto il profilo qui esaminato, l’operatività dell’art. 1748 c.c., comma 2.

Il motivo va, perciò, respinto.

3.- Con il terzo motivo parte ricorrente principale lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 1326 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Viene, in sostanza, prospettato dalla ricorrente l’erroneità della gravata decisione della Corte territoriale in punto di riconoscimento della “prelazione” da parte di SMA e Publifor con contestuale ritenuta automaticità di una “clausola esimente al diritto alla provvigioni per Media”.

Il motivo è infondato.

L’esercizio, accertato dai giudici del merito e validamente compiuto, della predetta prelazione da parte delle due succitate società escludeva, nell’ipotesi, il pagamento di ulteriori provvigioni. Tanto alla stregua delle stesse pattuizioni contrattuali intercorse fra le parti in causa.

Il motivo deve, dunque, essere respinto.

4.- Con il quarto motivo del ricorso principale si prospetta il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c., comma 1 e art. 1372 c.c., comma 1, in relazione all’art. 9 del contratto di agenzia sottoscritto dalle parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Parte ricorrente principale oppone alla valutazione (in fatto) operata dalla Corte territoriale una propria ricostruzione delle pattuizioni contrattuali.

Viene prospettato che, ai sensi del citato art. 9, i contratti (con Fuori Misura) comportavano comunque la debenza di provvigioni, Queste erano, in effetti, dovute poichè i contratti sarebbero stati stipulati direttamente con SMA e Publifor con violazioni del patto di cui al succitato art. 9 del contratto di agenzia, secondo cui le “provvigioni erano comunque dovute all’agente anche per i contratto conclusi (direttamente) dalla preponente (con terzi)”.

Senonchè gli assunti di cui alla ricostruzione proposta dalla ricorrente appaiono del tutto smentiti dalla ricostruzione operata, in fatto, dai Giudici del merito.

La Corte Appello ha ritenuto che i detti contratti non solo erano frutto di “esercizio della prelazione contrattuale” rispetto alla quale Media “era rimasta indiscutibilmente estranea”, ma non costituivano violazione della clausola contrattuale invocata.

Quest’ultima, infatti, prevedeva per la società controricorrente di avvalersi di altri agenti.

Per di più il rinnovo dei rapporti con SMA e Publifor conseguendo – secondo la ricostruzione operata in fatto dalla Corte distrettuale – all’esercizio di diritti potestativi preesistenti rispetto al contratto fra le odierne parti in causa escludeva ogni possibile pretesa in proposito della odierna ricorrente.

Il motivo va, pertanto, respinto.

5.- Con il quinto motivo del ricorso principale si lamenta l'”omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e art. 116 c.p.c.”.

Parte ricorrente sottolinea, in proposito, pretese carenze motive della decisione gravata facendo pure riferimento alla sussistenza a suo dire di una motivazione “contraddittoria, non plausibile ed incomprensibile”.

Il motivo è inammissibile.

Secondo noto e consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di applicabilità del vigente art. 360 c.p.c., n., è inammissibile il motivo del ricorso che, pur se formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (come novellato ex D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012 ed applicabile ratione temporis), svolge, nella sostanza, una generica doglianza di carenza motivazionale senza cioè specifica indicazione del “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, del “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, del “come” e del “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e della sua “decisività” (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053, nonchè Cass. n. 13928/2015).

In buona sostanza viene dedotta una pretesa carenza motiva e non la omessa valutazione di un preciso fatto.

6.- Con il sesto motivo del ricorso principale si deduce il vizio di “violazione e falsa applicazione degli artt. 1750 e 1751 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Viene censurato il preteso “ridimensionamento delle spese del giudizio” operato con la decisione gravata.

7.- Con il settimo motivo parte ricorrente lamenta l’erroneità della decisione gravata in punto di regolamentazione delle spese (violazione artt. 91 e 92 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

8.-Entrambi i due ultimi motivi possono essere trattati congiuntamente.

Essi sono ambedue inammissibili.

Tanto in quanto il sesto motivo risulta proposto nella prospettiva dell’eventuale accoglimento dell’accoglimento dei precedenti motivi in punto di provvigioni con determinazione di una loro maggiore consistenza.

Il settimo ed ultimo motivo è parimenti ed analogamente inammissibile in quanto proposto nell’evenienza ed al solo fine della cassazione della impugnata sentenza in dipendenza dell’accoglimento dei precedenti motivi.

9.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso principale deve essere rigettato.

10.- Con il primo motivo del ricorso incidentale si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il vizio di “violazione e falsa applicazione degli artt. 115,163,183 e 210 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. e dei principi generali in tema di ripartizione dell’onere della prova”.

Col motivo si ripropone, nella istanza, la questione, già ampiamente affrontata in corso del giudizio di merito, e relativa alla particolare situazione della valutazione dell’eventuale obbligo di astensione del consulente.

La sollevata questione è stata già valutata come del tutto ininfluente al fine della ritenuta correttezza delle operazioni peritali.

Il motivo, in quanto infondato, va pertanto respinto.

11.- Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il vizio di “violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. in relazione all’art. 13 del Contratto di Agenzia” inter partes.

Vien riproposta la questione dell’interpretazione (art. 13 del contratto) in relazione al conteggio delle provvigioni su 50% dell’importo fatturato.

Il motivo è infondato.

La Corte del merito, accertata la correttezza del calcolo eseguito in proposito dal CTU con contabilizzazione del ricavo netto, ha correttamente considerato come base del calcolo la somma non comprensiva dell’IVA ai sensi e come previsto dall’art. 13 del contratto di agenzia inter partes. Il motivo deve, pertanto, essere rigettato.

12.- Con il terzo motivo parte ricorrente incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 anche in relazione all’art. 132 c.p.c..

Il motivo si articola, in sostanza, su pretese carenze motivazionali della sentenza impugnata deducendo la sussistenza di “motivazione contraddittoria e manifestamente illogica”.

Come per la censura esaminata innanzi sub 5., richiamando il citato consolidato orientamento di cui alla giurisprudenza già citata, non può che affermarsi – anche per la doglianza qui in esame – la non ammissibilità della stessa.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

13.- Il ricorso incidentale deve, dunque, essere rigettato.

14.- Le spese del giudizio, stante la reciproca soccombenza, vanno compensate.

15.- Sussistono i presupposti per il versamento, sia da parte della ricorrente principale che di quella ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto – rispettivamente – per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia della ricorrente principale che di quella ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto – rispettivamente – per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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