Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27473 del 19/12/2011
Cassazione civile sez. VI, 19/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 19/12/2011), n.27473
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.V.F., rappresentato e difeso, in forza di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Lojodice Oscar, per
legge domiciliato presso la Cancelleria civile della Corte di
cassazione, piazza Cavour;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, per
legge rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e
presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi,
n. 12;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Lecce in data 28 maggio
2010 (n. 1058/09 V.G.);
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 5
dicembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che D.V. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso il decreto in data 28 maggio 2010, con il quale la Corte di appello di Lecce ha respinto il ricorso con il quale egli aveva chiesto, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 la condanna del Ministero della giustizia alla corresponsione di un’equa riparazione per i danni sofferti in relazione alla irragionevole durata del processo da lui promosso in materia di lavoro, per il pagamento dell’indennità di disoccupazione agricola, processo iniziato in primo grado il 24 marzo 2003 e definito in appello il 17 novembre 2008;
che il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;
che la Corte di appello di Lecce ha respinto il ricorso, rilevando che la durata del giudizio doveva ritenersi congrua, essendosi il giudizio concluso in primo grado in circa tre anni ed in appello in circa due anni;
che il ricorrente censura il decreto impugnato, per avere la Corte territoriale ritenuto congrua la durata del giudizio presupposto;
che i motivi sono infondati, in quanto l’affermazione che il processo nella specie si è svolto in un arco temporale da ritenersi ragionevole tiene conto della specificità della vicenda processuale ed è conforme ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza CEDU e da quella nazionale per la determinazione della ragionevole durata del processo, secondo i quali il limite massimo di ragionevole durata del processo è di circa tre anni in primo grado e di circa due anni in appello (cfr. Cass., Sez. 1^, 24 settembre 2009, n. 20546; Cass., Sez. 1^, 6 aprile 2011, nn. 7914 e 7915);
che il ricorso va conseguentemente respinto, con condanna della parte soccombente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero della giustizia, che liquida in Euro 425,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6^-1 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011