Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27471 del 30/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 30/12/2016, (ud. 21/09/2016, dep.30/12/2016),  n. 27471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26293-2012 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEL PIANETA

VENERE 36, presso lo studio dell’avvocato MARIO LANGONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI CIANCIARULO giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO BONIFICA AURUNCO, EQUITALIA POLIS SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 106/2012 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 03/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/09/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE NASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO LUIGI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO

B.E. propose ricorso avverso la cartella esattoriale con cui il Consorzio di Bonifica Aurunco aveva chiesto, tramite Agente di riscossione, il pagamento delle quote consortili per servizio di irrigazione, relativamente agli anni 2005, 2006 e 2007, in quanto proprietario di fondo sito in agro San Pietro in Fine (CE).

A fondamento della pretesa dedusse la carenza del nesso di derivazione causale tra beneficio del fondo e intervento sostenuto dal Consorzio, nonchè l’illegittimità della pretesa impositiva mancando la delimitazione del perimetro di contribuenza, richiedente apposito D.M. e non coincidente con l’intero comprensorio di attività del Consorzio, nonchè il piano di classificazione.

L’adita Commissione Tributaria Provinciale di Caserta respinse il ricorso qualificando il tributo richiesto come irriguo, e non come contributo di bonifica; in esito all’appello del contribuente, la decisione fu confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, con la sentenza n. 106/46/12 del 6/372012, depositata il 3/4/2012.

I giudici di appello affermarono, in particolare, che il fondo è ubicato nel perimetro irriguo di competenza del Consorzio e servito dagli impianti di irrigazione sicchè era inconferente la giurisprudenza richiamata, in quanto riferibile alla diversa materia dei contributi di bonifica. Conclusero che il contributo consortile relativo alla distribuzione dell’acqua per uso irriguo era dovuto a fronte dell’attività di gestione, manutenzione e sorveglianza degli impianti e dei canali di irrigazione, attività regolarmente svolta dal Consorzio a beneficio anche dei terreni di proprietà dell’appellante.

Avverso la decisione di appello, il B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’intimato Consorzio non ha svolto attività difensiva. Il ricorso è stato notificato anche a Caserta Equitalia Sud s.p.a., anch’essa non costituita nel giudizio.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorrente, con un primo motivo, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e n. 3, contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo della controversia, violazione e falsa applicazione del R.D. n. 215 del 1933, artt. 3, 11, 12, 58, 59 e 71, ed art. 860 c.c., giacchè i giudici di appello avrebbero trascurato la circostanza che in atti non si rinviene alcun documento comprovante la perimetrazione dell’area, posta all’interno del comprensorio di attività del Consorzio, destinata a godere dei benefici derivanti dalle opere realizzate o realizzande, e nella quale gli immobili sono assoggettati a contribuzione, nè tantomeno è stata provata la emissione del D.M. che avrebbe dovuto approvare il piano o perimetro di contribuenza, secondo quanto previsto dal R.D. n. 215 del 1933, e neppure l’avvenuta trascrizione del vincolo, per cui il Consorzio avrebbe dovuto provare il vantaggio derivante ai singoli immobili, fatto costitutivo della pretesa impositiva.

Deduce, con un secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione, circa un fatto decisivo della controversia, in relazione al disposto della L.R. Campania n. 4 del 2003, artt. 2, 33, 34 e 36, n. 5, al decreto n. 764/2003 del Presidente della Giunta Regionale ed al Decreto Dirigenziale n. 944/2004, giacchè i giudici di appello avrebbero erroneamente escluso l’applicazione delle regole e dei principi di cui alla richiamata giurisprudenza di legittimità, formatasi in materia di contributi di bonifica, ricomprendendo la Legge Regionale, all’art. 2, tra gli interventi pubblici di bonifica, anche la distruzione dell’acqua ad usi prevalentemente irrigui.

I due motivi di ricorso, che possono essere scrutinati congiuntamente attesa l’omogeneità delle censure in essi svolte, sono infondati.

La decisone impugnata si fonda sulle seguenti affermazioni, le quali costituiscono altrettante rationes decidendi della stessa: che “l’appellato (Consorzio) allegava planimetrie dalle quali si evince che i terreni relativi alle particelle che il contribuente affermava non essere servite da impianto irriguo erano invece chiaramente servite da tale impianto”; che “all’esame degli atti risulta che il fondo è ubicato nel perimetro irriguo di competenza del Consorzio ed è servito dagli impianti di irrigazione dello stesso”; che “il R.D. 13 febbraio 1993, n. 215, art. 59 conferisce ai Consorzi di Bonifica di imporre contributi ai proprietari di immobili situati entro il perimetro del comprensorio”; che “il Consorzio è autorizzato con L.R. n. 4 del 2003 a imporre i previsti contributi di irrigazione alle proprietà consorziate”.

Partendo, dunque, dall’esame della documentazione versata in atti dalle parti e compiendo un’appropriata analisi del contenuto della stessa, di cui ha dato debito conto in sentenza, la CTR della Campania ha effettuato una valutazione critica delle risultanze processuali, sicchè la impugnata statuizione appare sorretta da motivazione logica ed aderente alle risultanze processuali e non è affatto scalfita dalla censura di omessa considerazione di elementi fattuali decisivi della controversia e violazioni di legge.

Va osservato, al riguardo, che, secondo l’insegnamento di questa Corte, spetta al giudice di merito in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 3161/2002, n. 5806/2000, n. 4916/2000).

Nel caso in esame, i giudici di appello hanno compiuto, nel decidere la causa, esattamente quell’operazione di indagine, di selezione e valutazione delle risultanze processuali messe a loro disposizione dalle parti, attribuitagli in via esclusiva dalla legge, ed all’esito di tale operazione, essi hanno pronunciato la sentenza, ponendone alla base una motivazione immune da vizi logici e giuridici.

Hanno rilevato, infatti, la ricorrenza dei presupposti per il pagamento dei contributi consortili in conformità con la giurisprudenza di questa Corte sul correlativo regime della prova (Cass. Sez. U. n. 11722/2010; Cass. n. 26009/2008), mentre il ricorrente, con i sopra indicati motivi di ricorso, pur apparentemente prospettando carenze di motivazione tende, in realtà, a rimettere in discussione, contrapponendovene uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici di merito che, per quanto già detto, si sottrae al giudizio di legittimità.

Ciò perchè, nell’ambito di tale giudizio, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, cui restano riservato l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, all’uopo, la valutazione delle prove, il controllo della relativa attendibilità e concludenza nonchè la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. Cass. 22901/05, 15693/04, 11936/03).

Tutti i profili dei motivi di doglianza ruotano, a ben vedere, attorno all’applicazione della regola del riparto dell’onere probatorio in ordine alla pretesa impositiva e non colgono compiutamente le rationes della decisione, non essendo essa basata sul riscontro – secondo le deduzioni del ricorrente mancante – dell’inserimento dei beni del proprietario nel perimetro di contribuenza e del piano di classifica, atti che, se debitamente approvati, determinano una presunzione del vantaggio derivante dalle opere consortili, ma su altri elementi fattuali ritenuti inidonei sia a dimostrare il concreto e diretto beneficio arrecato alle specifiche proprietà del B., che a superare le contestazioni di quest’ultimo.

Costituisce principio consolidato di questa Corte, in tema di contributi di bonifica, che qualora l’ente impositore dimostri la inclusione dell’immobile nel perimetro di contribuenza, e la relativa valutazione nell’ambito di un piano di classifica, grava sul contribuente l’onere di contestare la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, altrimenti il Consorzio è esonerato dall’onere di provare il beneficio che si presume apportato al bene in via diretta e specifica o anche solo potenziale e che deve tradursi in una qualità (e quindi in un incremento di valore) di esso (Cass. n. 877/2009; 9099/2012; 23220/2014; 24066/2014), e che in mancanza di perimetro di contribuenza o in caso di mancata valutazione dell’immobile nel piano di classifica, come lo stesso ricorrente rammenta negli scritti difensivi, grava sul Consorzio l’onere di provare la qualità, in capo al contribuente, di proprietario di un immobile sito nel comprensorio e il conseguimento da parte del bene, a causa delle opere eseguite, di concreti benefici (Cass. n. 21799/2012; n. 4671/2012; n. 17066/2010).

I motivi di doglianza sono pertanto da disattendere non solo perchè il presupposto da cui muovono implica un accertamento di merito, ma soprattutto perchè la CTR della Campania ha condotto tale accertamento nel pieno rispetto del suddetto criterio di riparto dell’onere probatorio, essendo nel caso di specie ritornata in vigore la ordinaria disciplina codicistica ex art. 2697 c.c., secondo cui colui che intende far valere un diritto (il Consorzio) è tenuto a fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa.

Quanto all’ampiezza dei compiti del Consorzio di Bonifica Aurunco, è appena il caso di rilevare che, ai sensi della L.R. della Campania n. 4 del 2003, art. 2, “sono considerate opere di bonifica… d) gli interventi di completamento, adeguamento funzionale e ammodernamento degli impianti e delle reti irrigue e di scolo e quelle per l’estendimento dell’irrigazione con opere di captazione, raccolta, adduzione e distribuzione delle acque irrigue”.

I giudici di appello, quindi, hanno correttamente individuato la fonte del potere impositivo esercitato dal Consorzio nel R.D. n. 215 del 1993, art. 59, per cui le proprietà ricadenti nell’ area del comprensorio beneficiata dalla rete irrigua sono soggette anche al contributo irriguo, a prescindere dall’utilizzo effettivo dell’acqua, in quanto, ai sensi dell’art. 860 c.c., il proprietario acquista la qualità di consorziato e per ciò solo è soggetto passivo del tributo.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2016

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