Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27465 del 19/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 19/12/2011), n.27465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.D., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Lojodice Oscar, per legge

domiciliato presso la Cancelleria civili della Corte di cassazione,

piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, per

legge rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e

presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi,

n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Lecce in data 28 luglio

2009 (n. 62/08 V.G.);

Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 5

dicembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che è impugnato il decreto in data 28 luglio 2009 della Corte di appello di Lecce che ha respinto la domanda di indennizzo proposta da T.D. per la durata di un procedimento svoltosi dinanzi al Tribunale di Trani per il conseguimento di modeste differenze in tema di indennità di disoccupazione agricola (ricorso del 21 ottobre 2003) e definito il 21 maggio 2008 con declaratoria di estinzione del processo per mancata comparizione delle parti;

che il T. ha proposto ricorso affidato a tre motivi, con i quali ha dedotto violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 2, degli artt. 91, 112 e 115 cod. proc. civ., degli artt. 24 e 111 Cost. e di disposizioni della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonchè difetti di motivazione, assumendo: che non erano stati osservati i termini per i rinvii e la determinazione delle successive udienze; che il giudizio come riconosciuto dal decreto faceva parte di una serie di cause seriali, perciò di nessuna complessità, e che non vi era ragione perchè egli vi dovesse rinunciare ed essere così obbligato al pagamento delle spese processuali;

che il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che la Corte di appello non ha ignorato affatto i parametri di durata del processo normalmente indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma ha respinto la domanda per il fatto che il ricorrente aveva ottenuto il pagamento dell’indennità di disoccupazione agricola richiesta in giudizio (e di minima consistenza) in meno di due anni, come dichiarato dall’INPS nella comparsa di costituzione e confermato dal T., che si è disinteressato del giudizio poi dichiarato estinto nel 2008 per inattività delle parti;

che la Corte territoriale ha pertanto applicato il principio enunciato dalla Suprema Corte, secondo cui in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, la durata del processo va commisurata al tempo necessario per il concreto ottenimento del bene della vita dedotto in giudizio, il quale nel caso consisteva proprio nel pagamento della differenza di indennità di disoccupazione conseguita entro un periodo ragionevole; mentre il processo è proseguito per oltre tre anni proprio perchè il ricorrente ha mostrato di non avervi più interesse e non ha più compiuto alcuna attività processuale, tanto da provocarne l’estinzione (Cass., Sez. 1^, 23 giugno 2011, n. 13742);

che si è conclusivamente realizzata la fattispecie di carenza di interesse del ricorrente alla celere definizione del giudizio da lui stesso proposto e quindi di insussistenza di un danno non patrimoniale: escluso dalla giurisprudenza tutte le volte in cui in cui il protrarsi del giudizio appaia rispondente ad uno specifico interesse della parte o sia comunque destinato a produrre conseguenze che la parte stessa non percepisce come a sè sfavorevoli;

che infondato è anche il terzo motivo, relativo alle spese (condanna al pagamento di complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 300,00 per onorari), perchè la liquidazione degli onorari è stata effettuata con distinta e separata evidenziazione dell’importo, il che da un lato consente di ricavare, per differenza dal totale, l’importo dovuto a titolo di diritti, e dall’altro permette alla parte di controllare le modalità di liquidazione in relazione al valore della causa e alle voci della tariffa;

che il ricorso va conseguentemente respinto con condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta, il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero della giustizia, che liquida in complessivi Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6^-1 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2011

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