Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27464 del 20/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 27464 Anno 2017
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: CAVALLARO LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 13953-2016 proposto da:
POLLACE CARMELA, nella qualità di curatrice di
POLLACE EMILIO, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA ALBALONGA 7, presso lo studio dell’avvocato
CLEMENTINO PALMIERO, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIOVANNI DE NOTARIIS, giusta delega in
2017

atti;
– ricorrente –

3054

contro
IN.P.S. –

ISTITUTO

80018750587,

NAZTONALF,

PREVIDENZA snnTALE

C.F.

in persona del leg a le rappfesentarite pro

Data pubblicazione: 20/11/2017

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati
MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI,
giusta delega in atti;

avverso l’ordinanza n. 25098/2015 della CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 14/12/2015
R.G.N. 3871/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/07/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI
CAVALLARO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
inammissibilità in subordine rigetto del ricorso.

– controricorrente –

FATTI DI CAUSA
Con ordinanza n. 25098 del 2015, la Sesta sezione civile di questa Corte
di cassazione rigettava il ricorso proposto da Carmela Pollace, n.q. di
curatrice del fratello Emilio Pollace, avverso la sentenza con cui la Corte
d’appello di Campobasso aveva confermato la pronuncia di primo grado

giudiziaria proposta per ottenere il ripristino della provvidenza per gli
invalidi ciyili revocatagli dall’INPS.
Contro tale pronuncia ricorre Carmela Pollace, nella spiegata qualità, con
due motivi, illustrati da memoria. L’INPS resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, parte ricorrente si duole che l’ordinanza n. 25098
del 2015, cit., sia affetta da errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c., per
avere questa Corte ritenuto che la revoca disposta dall’INPS avesse ad
oggetto l’indennità di accompagnamento, mentre invece riguardava solo
la pensione di invalidità civile.
Con il secondo motivo, parte ricorrente lamenta che l’ordinanza cit. sia
contrastante con altre sentenze intervenute

inter partes e passate in

cosa giudicata (segnatamente con le pronunce del Tribunale di
Campobasso nn. 374 del 2002 e 140 del 2013 e con la pronuncia della
Corte d’appello di Campobasso n. 237 del 2004), che avevano accertato
la condizione di incapacità di intendere e di volere di Emilio Pollace.
Ciò premesso, il primo motivo è inammissibile.
E’ sufficiente sul punto rilevare che parte ricorrente, pur sostenendo di
aver dedotto fin dal primo grado di giudizio la mancata comunicazione di
un provvedimento espresso di revoca dell’indennità di
accompagnamento (cfr. pag. 11 del ricorso per revocazione), non ha
tuttavia chiarito se ed in che modo la doglianza fosse stata ulteriormente
coltivata in sede di legittimità: dalla narrativa in fatto del ricorso per
revocazione, infatti, si evince che il ricorso per cassazione fu proposto
denunciando, come primo motivo, la nullità della sentenza d’appello
perché acriticamente motivata per relationem alla pronuncia di primo
grado e, come secondo motivo, che il termine di decadenza non poteva
ritenersi iniziato a decorrere in considerazione della condizione di
incapacità della parte ricorrente, dovuta a grave minorazione fisica
congenita che non gli permetteva di comprendere il significato degli atti

3

con cui il proprio fratello era stato dichiarato decaduto dall’azione

e il decorso del tempo (che sono i motivi su cui questa Corte ha
pronunciato nell’ordinanza di cui si assume l’errore di fatto).
Vero è che parte ricorrente sostiene che, nel ricorso per cassazione,
«eccepì inoltre che, in ogni caso, che la comunicazione di revoca si
riferiva alla pensione di invalidità» (pag. 7 del ricorso per revocazione),

comprendere se con codesta affermazione si intendesse aggiungere un
ulteriore argomento ad colorandum della dedotta difficoltà di intendere il
significato della comunicazione ricevuta ovvero un ulteriore motivo di
censura della sentenza impugnata per cassazione, che questa Corte non
avrebbe considerato, per aver fatto decorrere un termine di decadenza
in assenza di alcuna comunicazione del provvedimento impugnato:
l’ordinanza impugnata per revocazione, che peraltro si limita ad
individuare nell’indennità di accompagnamento «il beneficio preteso» da
parte ricorrente (pag. 5), nulla dice in merito all’oggetto della
comunicazione, né parte ricorrente ha provveduto a riportare in parte
qua il contenuto del ricorso per cassazione e a indicare in quale luogo
del fascicolo processuale e/o di parte esso sia attualmente reperibile. E
poiché la domanda di revocazione di una sentenza della Corte di
cassazione per errore di fatto deve contenere, oltre all’indicazione del
motivo della revocazione, prescritto dall’art. 398, comma 2°, c.p.c.,
anche l’esposizione dei fatti di causa rilevanti, richiesta a pena di
inammissibilità dall’art. 366, n. 3, c.p.c. (Cass. S.U. n. 13863 del 2015),
la lacunosità di codesta esposizione dei fatti non può che tradursi
nell’inammissibilità del motivo di ricorso.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo: è sufficiente al riguardo
ricordare che è inammissibile il ricorso per revocazione ai sensi dell’art.
395, n. 5, c.p.c. nei confronti delle sentenze pronunziate dalla Corte di
cassazione, trattandosi di motivo di revocazione non contemplato dalla
disciplina positiva nemmeno per le sentenze che abbiano deciso nel
merito, ex art. 384 c.p.c. (Cass. S.U. n. 23833 del 2015).
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Nulla sulle spese ex art.
152 att. c.p.c. Tenuto conto dell’inammissibilità del ricorso, va invece
dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso.

4

ma dalla lacunosa esposizione del ricorso per revocazione non è dato

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.7.2017.

quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA