Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27460 del 30/10/2018

Cassazione civile sez. III, 30/10/2018, (ud. 06/07/2018, dep. 30/10/2018), n.27460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.G., in proprio e quale erede di L.A. e quale

successore dei genitori BA.GU. e C.B.C. nonni

materni del de cuius L.A., b.l. in proprio, quale

nonna di L.A. e quale moglie di L.R., LU.RO.

quale figlio di L.R. nonno del defunto, L.D. quale

zio del defunto, L.J. quale zia del defunto, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA OSLAVIA 30, presso lo studio dell’avvocato

GIZZI FABRIZIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ZAULI CARLO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

BI.MA., MILANO ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 538/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2018 dal Consigliere Dott. POSITANO GABRIELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TRONCONE FULVIO che non si oppone;

udito l’Avvocato GIZZI FABRIZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 24 giugno 2009, B.G., in proprio e nella qualità di erede del figlio L.A., deceduto in occasione di un sinistro verificatosi il (OMISSIS), evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, Bi.Ma. e il suo assicuratore, Milano Ass.ni S.p.A., per il risarcimento dei danni sofferti iure proprio e iure hereditatis. Deduceva che Bi.Ma., conducente del veicolo antagonista, era stato dichiarato colpevole con sentenza penale passata in giudicato nella misura del 50%, mentre per la restante parte, il fatto era stato ascritto alla stessa vittima, L.A..

Nel giudizio civile intervenivano la sorella di L.A., S., la nonna paterna, b.l., gli zii paterni, L.D. e B.J. e G., quest’ultima nella qualità di erede dei nonni materni di L.A., Ba.Gu. e B.C.C. (deceduti rispettivamente il (OMISSIS) e il (OMISSIS)). Intervenivano, altresì, quali eredi di L.R., il nonno paterno (deceduto cinque anni dopo l’evento, il (OMISSIS)), nonchè L.L., Ro., D. e J.. Si costituivano con atti separati Bi.Ma. e la Milano Ass.ni S.p.A. chiedendo il rigetto delle domande.

Con sentenza del 21 marzo 2012 il Tribunale di Milano, sulla base della responsabilità accertata in sede penale riconosceva il danno da perdita del rapporto parentale in favore della madre e della sorella convivente, mentre escludeva la sussistenza del pregiudizio risarcibile in favore dei nonni, rigettava la richiesta di danno patrimoniale in capo a B.G., anche con riferimento alle spese della fase stragiudiziale. Ricorrendo l’ipotesi di morte pressochè istantanea, escludeva la configurabilità del danno tanatologico. Liquidava il danno non patrimoniale in favore di B.G. per inabilità temporanea e permanente, oltre interessi e rivalutazione detraendo le somme già corrisposte. Liquidava il danno non patrimoniale in favore di L.S., oltre interessi e rivalutazioni detraendo l’acconto ricevuto. Rigettava le altre domande.

Avverso tale sentenza B.G., in proprio e quale erede, proponeva appello con atto notificato il 13 e 22 settembre 2013 chiedendo un incremento delle somme liquidate. Si costituiva la Milano Assicurazione chiedendo il rigetto dell’impugnazione e Bi.Ma. spiegava appello incidentale contro il capo della sentenza relativo alla compensazione delle spese processuali nei rapporti con l’assicuratore. Proponeva autonomo appello in data 11 settembre 2012 b.l., nonna paterna di A., per chiedere la riforma della decisione di primo grado. Proponevano autonoma impugnazione anche gli eredi di L.R., b.l., Lu.Ro., D. e J., rispettivamente moglie e figli. B.G. proponeva, altresì, autonomo appello nella qualità di erede dei nonni materni di B.A., Gu.Gi. e B.C.C. per chiedere il ristoro del danno non patrimoniale conseguente alla perdita del nipote.

Previa riunione dei procedimenti, la Corte d’Appello di Milano con sentenza del 15 febbraio 2016 respingeva gli appelli proposti dai parenti di L.A., accoglieva l’appello incidentale proposto da Bi.Ma., condannando Milano Ass.ni S.p.A. (ora UnipolSai S.p.A.) a rifondere le spese processuali del doppio grado di giudizio, condannando gli appellanti principali al pagamento delle spese di lite di appello.

Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione B.G., in proprio e quale erede di L.A., nonchè quale successore dei genitori Ba.Gu. e B.C.C., b.l., nonna di L.A. e nella qualità di erede del defunto L.R., nonno di A.; Lu.Ro., D. e J. rispettivamente figlio di L.R. e zii di L.A., affidandosi a sedici motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo lamentano la violazione degli artt. 1124 e 1219 c.c., nonchè dell’art. 429 c.p.c., comma 3, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. La decisione impugnata con riferimento alla voce del maggior danno sulle somme liquidate sarebbe contraria all’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il danno, quale credito di valore, deve essere rivalutato sino alla data della decisione con ulteriore applicazione degli interessi sin dal giorno dell’evento dannoso.

Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 2059 c.c. con particolare riferimento alla necessità di una liquidazione separata del danno morale soggettivo temporaneo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 con specifico riferimento alla posizione di B.G. per il danno subito iure proprio. In particolare, la giurisprudenza di legittimità richiamata dalla Corte territoriale sarebbe superata da altre e più recenti decisioni che separano la voce del danno morale da quella del danno biologico e del danno esistenziale e morale, da un lato, rispetto al danno biologico.

Con il terzo motivo deducono la violazione del principio di diritto relativo al danno morale soggettivo che deve costituire, quanto meno, una voce di personalizzazione del danno esistenziale da lesione del rapporto parentale, con conseguente violazione degli artt. 1223,2054 e 2059 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare la Corte avrebbe violato il principio di integralità del risarcimento del danno affermato dalla giurisprudenza di legittimità più recente secondo cui il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale non esclude l’obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno nel singolo caso, con la conseguenza che l’applicazione formale delle tabelle di Milano, fondate sulla sola liquidazione tabellare del danno biologico, risulta scorretta poichè non comprensiva di tutte le componenti non patrimoniali di tale danno.

Con il quarto motivo deducono la violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c. e artt. 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonchè artt. 11-63 della Costituzione Europea in relazione al danno da morte subito da B.G. in proprio. La decisione a Sezioni Unite n. 15850 del 22 luglio 2015 si pone in contrasto con le norme CEDU che, a loro volta, con riferimento alle disposizioni corrispondenti poste all’interno della Carta di Nizza, ricevono una tutela di livello comunitario dalla quale discende per il giudice l’obbligo di procedere alla disapplicazione del diritto interno contrastante. Nel caso di specie è stata esclusa la risarcibilità del bene giuridico della vita nel caso di danno tanatologico o catastrofale, da intendersi come pregiudizio diverso e ulteriore rispetto alla lesione della salute.

Con il quinto motivo deducono la violazione degli artt. 2043,1223,1226 e 2056 c.c. in relazione al danno patrimoniale per la perdita del figlio, oltre alla violazione dell’art. 2729 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e alla posizione di B.G. in proprio. Si censura la parte della decisione relativa al rigetto della domanda per il riconoscimento delle somme che il figlio, nel caso di sopravvivenza, avrebbe corrisposto alla madre. Rilevano i ricorrenti che sul punto erano stati richiesti mezzi di prova, che la B. percepiva un trattamento pensionistico ma riguardava un’invalidità del 70% corrisposta dall’Assicurazione Federale Svizzera, che comunque aveva trentasei anni e non poteva svolgere attività lavorativa, che il figlio aveva sempre consegnato alla madre i proventi dell’assegno per l’attività militare che prestava presso il (OMISSIS). La Corte avrebbe potuto ritenere provata la capacità reddituale quanto meno su criteri presuntivi con ciò violando l’art. 2729 c.c..

Con il sesto motivo deduce la violazione dell’art. 2729 c.c., del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 61, del D.M. 24 novembre 1990, n. 392, art. 2, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4 riguardo alla regolamentazione delle spese della fase stragiudiziale per la posizione di B.G..

Con il settimo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione del D.M. n. 585 del 1994 (art. 5) in relazione alla posizione di B.G. riguardo alle spese processuali di primo grado. In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto corretta la decisione di primo grado con la quale il Tribunale ha rilevato l’ipotesi di difesa tecnica di più persone aventi identica posizione processuale. Parte ricorrente contesta la sussistenza di tale identità di questioni deducendo che si tratta di quattro distinte e autonome posizioni.

Con l’ottavo motivo, relativo alla posizione di B.G. quale erede dei propri genitori, si deduce la violazione degli artt. 2056e 1226 c.c. per quanto riguarda il danno da morte del nipote, figlio di B.G., denegato da parte della Corte d’Appello e ciò in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Rilevano i ricorrenti che le tabelle di Milano prevedono il risarcimento del danno non patrimoniale per la morte del nipote indipendentemente dalla convivenza di quest’ultimo. Si tratta di criteri equiparabili agli elementi normativi che la Corte territoriale non avrebbe potuto derogare, se non al fine di graduare verso il basso gli importi previsti, ma non escluderli.

Con il nono motivo deducono la violazione degli artt. 2,3 e 29 Cost. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 poichè la decisione impugnata lede l’interesse all’intangibilità degli affetti e alla reciproca solidarietà.

Con il decimo motivo lamentano le medesime censure relative alla posizione dei nonni paterni, con riferimento a quella di b.l..

Con l’undicesimo motivo deducono le medesime considerazioni oggetto del nono motivo.

Con il dodicesimo motivo lamentano la lesione dei valori garantiti dalla Costituzione relativi ai diritti umani inviolabili, analogamente a quanto già dedotto con riferimento al nono motivo.

Con il tredicesimo motivo deducono la violazione l’art. 92 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 lamentando l’erroneità della decisione di condanna della nonna paterna al pagamento delle spese del giudizio di appello senza provvedere alla compensazione.

Con il quattordicesimo motivo, relativo alla posizione degli eredi del nonno paterno, L.R., lamentano la violazione delle norme relative alla posizione della nonna materna e ciò anche con riferimento al 15^ motivo, che richiama l’11^ motivo e, con riferimento al 16^ motivo che richiama il 14^ motivo.

Con atto ritualmente depositato presso la cancelleria di questa suprema Corte in data 6 luglio 2018 e notificato alla controparte, le parti hanno dichiarato di aver raggiunto un’intesa e, dunque, di rinunciare al ricorso avverso la sentenza in oggetto, a spese compensate. La dichiarazione di rinuncia al ricorso è unilaterale e priva dell’accettazione della controparte. Tuttavia quella dichiarazione, manifestando l’intenzione dei ricorrenti di non annettere più importanza all’esito della lite, impone di dichiarare l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse ex art. 100 c.p.c., a causa della cessazione della materia del contendere. L’esito della lite costituisce un motivo sufficiente per disporre la compensazione integrale delle spese di lite.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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