Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27460 del 02/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 02/12/2020), n.27460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25932-2018 proposto da:

M.M.G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CLARA MENICHELLA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA MANUELA MASSA, PATRIZIA CIACCI;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di FOGGIA, depositato il 01/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

M.M.G.A. presentava istanza per accertamento tecnico preventivo obbligatorio, ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., per la verifica della propria condizione invalidante ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento ex lege n. 18 del 1980:

il consulente tecnico d’ufficio accertava l’insussistenza del requisito sanitario per poter accedere alla invocata prestazione e, in assenza di contestazioni, il Tribunale di Foggia omologava il relativo accertamento (id est: di non sussistenza del requisito sanitario per l’indennità di accompagnamento);

quanto alle spese processuali, il Giudice condannava la ricorrente al pagamento delle stesse, malgrado i presupposti per l’esonero previsto dall’art. 152 disp. att. c.p.c., ritenendo sussistere una ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., comma 1, posto che la parte aveva introdotto un giudizio “nella assoluta mancanza di riscontro del requisito sanitario invocato in ricorso”;

M.M.G.A. ha proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost., affidato ad un motivo;

l’INPS ha depositato procura speciale in calce alla copia del ricorso notificato;

è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di ricorso, è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. e degli artt. 91 e 96 c.p.c., per avere il Tribunale posto le spese processuali a carico della ricorrente pur trovandosi quest’ultima nelle condizioni reddituali per andarne esente, come da rituale dichiarazione resa ex art. 152 disp. att. c.p.c.; parte ricorrente ha evidenziato, altresì, che la condanna non avrebbe potuto essere pronunciata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, in quanto sarebbe stata necessaria allo scopo l’istanza di parte, nella specie carente;

il ricorso è fondato, dovendosi dare seguito all’orientamento già espresso da questa Corte con gli arresti n. 24526 del 2015 e n. 5616 del 2018 e, più nello specifico, con le pronunce di questa sezione nn. 18129 e 28633 del 2018;

il principio affermato è quello secondo cui la condanna al risarcimento per lite temeraria prevista dall’art. 96 c.p.c., comma 1, presuppone sempre l’istanza di parte, anche nel caso richiamato dall’art. 152 disp. att. c.p.c. (cfr. Cass. n. 5616 del 2018 e n. 24526 del 2015 cit.);

è stato infatti chiarito che l’art. 152 disp. att. c.p.c. – nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269 del 2003, conv. nella L. 24 novembre 2003, n. 326 – fa salva la possibilità di applicare l’art. 96 c.p.c., comma 1, nella ricorrenza delle relative condizioni, tra le quali – a differenza di quanto previsto per la condanna disciplinata dal comma 3, introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 12 – l’istanza dell’altra parte, che deve altresì assolvere all’onere di allegare (almeno) gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato (Cass., sez. un., Ord. n. 7583 del 2004; sez. un., Ord., n. 1140 del 2007);

pertanto il Tribunale, nella parte in cui ha ritenuto di poter procedere alla condanna della ricorrente alle spese, richiamando l’art. 96 c.p.c., comma 1, a prescindere dalla “specifica” istanza di parte, non ha fatto corretta applicazione della norma processuale e “ha confuso i suoi presupposti e la sua funzione con quelli degli artt. 91 e 92 c.p.c.” (così, in motiv., Cass., sez. IV, n. 18129 del 2018);

sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va accolto; l’impugnato provvedimento va cassato in parte qua, con decisione nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Vanno, dunque, dichiarate non dovute, in presenza dei presupposti per l’esonero, da parte di M.M.G.A., le spese del procedimento per ATP e le spese della CTU vanno poste interamente a carico dell’INPS;

le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’avv. Clara Menichella, per dichiarato anticipo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnato provvedimento nella parte relativa alla statuizione sulle spese e, decidendo nel merito, dichiara M.M.G.A. non tenuta alle spese del procedimento di ATP e pone le spese di CTU a carico dell’INPS; condanna l’INPS alle spese dei giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, con attribuzione all’avv.to Clara Menichella.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2020

 

 

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