Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27459 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. un., 29/12/2016, (ud. 06/12/2016, dep.29/12/2016),  n. 27459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente di sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso (iscritto al n.r.g. 14928/15) proposto da:

P.P., (c.f.: (OMISSIS));

P.D.; (c.f.: PLM DNC 77C60 F112A);

P.F. (c.f.: (OMISSIS))

Titolari dell’omonima Azienda Agricola; rappresentati e difesi per

procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. Natale Carbone ed

elettivamente domiciliati presso lo studio del predetto in Roma, via

Germanico n. 172;

– ricorrente –

contro

Procura Generale della Corte dei Conti, In Roma, via Bajamonti n. 25;

– Controricorrente –

Nonchè di:

Procura Regionale per la Calabria presso la Corte dei Conti di

Catanzaro;

– Intimata –

avente ad oggetto ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione in

relazione alla sentenza n. 114/2015 della Corte dei Conti, sezione

seconda giurisdizionale centrale di appello, deliberata il 20

gennaio 2015 e pubblicata il 12 marzo 2015;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6

dicembre 2016 dal Consigliere Relatore Dott. Bruno Bianchini;

udito l’avv. Natale Carbone per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Calabria contestò agli imprenditori agricoli P.; D.; P.F. ed al loro consulente tecnico agronomo dr. T.F. il danno erariale derivato dalla indebita percezione di contributi previsti dal regolamento CEE n. 2081/1993 e dalla L.R. Calabria n. 14 del 1987, per il reimpianto di un agrumeto, realizzato con riferimento a specie di agrumi diverse da quelle contemplate nel provvedimento concessorio del finanziamento ed utilizzando false fatture; con decisione n 151 del 2008 la Corte dei Conti sezione Calabria dichiarò la inammissibilità della domanda nei confronti del T. per difetto di giurisdizione e condannò i P. al risarcimento del danno, così come indicato dalla Procura agente.

I P. proposero appello ribadendo – per quello che rileva anche nel presente giudizio – la già sollevata eccezione di difetto di giurisdizione del giudice contabile, in mancanza di alcun rapporto – organico o di dipendenza – con l’ente pubblico che si assumeva danneggiato.

La Corte dei Conti, sezione seconda giurisdizionale centrale, con sentenza n 114/2015, pubblicata il 12 marzo 2015, ha respinto l’appello, ribadendo, quanto alla giurisdizione, l’indirizzo interpretativo delle Sezioni Unite della Cassazione secondo il quale il soggetto privato, qualora sia beneficiario del contributo statale per la realizzazione di determinati fini pubblici, assume la stessa veste e soggiace alla medesima responsabilità per danno erariale del dipendente o dell’amministratore pubblico.

I P. hanno proposto ricorso alle Sezioni Unite per motivi attinenti alla giurisdizione, facendo valere due censure, depositando altresì memoria ex art. 378 c.p.c.; la parte pubblica ha replicato con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1 – Con il primo motivo le parti ricorrenti criticano la interpretazione fornita dalla Corte dei Conti in merito ai limiti della giurisdizione contabile, sostenendo che essa sarebbe attivata solo allorchè l’inserimento di soggetti privati nella gestione di funzioni pubbliche venga a determinare una loro partecipazione diretta all’esercizio di attività pubbliche e, di conseguenza, l’insorgenza di un particolare rapporto di servizio con l’amministrazione; sottolineano al proposito la non confrontabilità, in termini di responsabilità, tra la posizione dei privati imprenditori (quali essi sono) e quella di soggetti che sono inseriti in un organismo pubblico; mettono altresì in evidenza il contrasto tra la loro posizione e quella del tecnico agronomo T. – autore primo, secondo loro, della truffa ordita ai danni dello Stato e degli organi comunitari – rispetto al quale è stata ritenuta la giurisdizione ordinaria (e che di seguito è stato dichiarato esente da responsabilità), e quella a loro stessi addebitata.

p. 1.a – Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. in quanto la tesi sostenuta dai ricorrenti contrasta con un pacifico e consolidato indirizzo interpretativo di legittimità, ampiamente richiamato nella sentenza dell’appello contabile, e i ricorrenti medesimi non hanno esposto ragioni specifiche per derogarvi, limitandosi a ribadire la tesi che fa leva sul non inserimento dei beneficiari di un finanziamento pubblico nell’ambito dell’organizzazione della P.A. e la non attinenza dell’attività dei medesimi all’esplicazione di un pubblico servizio: significativamente le dissonanti decisioni invocate in merito risalgono ad oltre trent’anni fa, prima dunque che si sviluppasse un progressivo ampliamento dell’ambito della giurisdizione contabile in ragione – come ha avuto cura di ricordare la Corte dei Conti in grado di appello – del sempre più frequente operare dell’amministrazione al di fuori degli schemi del regolamento di contabilità di Stato e per il tramite di soggetti in essa non organicamente inseriti.

p. 1.a.1- Non è altresì conducente al fine di ritenere concretato un travalicamento della giurisdizione da parte della Corte dei Conti l’osservare il diverso trattamento riservato alla posizione del tecnico agronomo T., rispetto al quale la stessa Corte contabile aveva ritenuto sussistere la giurisdizione ordinaria: invero tale decisione appare essere stata motivata dalla posizione assunta dal tecnico che, non essendo beneficiario dei finanziamenti, neppure rientrava nel novero dei soggetti che, invece, essendo destinatari di contributi pubblici, concorrevano alla realizzazione del programma della pubblica amministrazione, così da far realizzare tra quest’ultima ed i primi un rapporto assimilabile a quello di servizio.

p. 1.a.2 – Inconferente ai fini del giudizio al quale sono chiamate le Sezioni Unite, è poi il profilo evidenziato nella memoria ex art. 378 c.p.c. a mente del quale occorrerebbe distinguere, ai fini della individuazione della giurisdizione, tra la fase procedimentale di valutazione della domanda di concessione (presidiata dal potere discrezionale della P.A.) e quella successiva alla concessione del contributo, rispetto alla quale il privato è titolare di un diritto soggettivo, come tale tutelabile innanzi al giudice ordinario (è citata Cass. Sez. Un. 3057/2016): invero la ridetta differenziazione delle posizioni giuridiche soggettive involte vale al fine di individuare il discrimine tra giudice ordinario e giudice amministrativo e non già tra il primo ed il giudice contabile, atteso che quest’ultimo, istituzionalmente, non si occupa della legittimità provvedimentale ma solo se un soggetto sottoposto alla disciplina della contabilità pubblica abbia cagionato un danno erariale (la ricordata decisione 3057/2016 e la, pure richiamata in memoria, Cass. Sez. 1 n 11483/2016 avevano ad oggetto appunto un contrasto attinente alla giurisdizione ordinaria e quella amministrativa).

p. 2 – Con il secondo motivo si assume la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 362 c.p.c. e della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 231-233 laddove la Corte dei Conti in grado di appello rigettò – ritenendola “irrituale” – la domanda di rinvio formulata al fine di presentare istanza di definizione agevolata del procedimento contabile.

p. 2.a – Anche questo motivo è inammissibile in quanto il sindacato delle Sezioni Unite su provvedimenti del giudice amministrativo o contabile è attivato là dove vi sia un esplicito o implicito rifiuto della giurisdizione e non già dove siano stati adottati provvedimenti – in questo caso ordinatori – negativi e dunque sul presupposto e nell’esercizio della giurisdizione che si vorrebbe negata: nello specifico la censura avente ad oggetto l’ostacolo che si assume esser stato posto alla presentazione dell’istanza di definizione agevolata della controversia, formulata ai sensi della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 231-233 investe non l’omesso esercizio del concreto potere attribuito a quella Corte, assoggettabile al sindacato, ex art. 362 c.p.c., sotto il profilo dell’accertamento dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del giudice contabile, ovvero dell’esistenza stessa di vizi riguardanti l’essenza di tale funzione giurisdizionale, bensì la sua modalità operativa, e, quindi, un asserito error in procedendo e in judicando, non rientrante nell’ambito di operatività del menzionato sindacato in quanto afferente ai limiti interni di detta giurisdizione (sul punto: vedi Cass. Sez. Un 14503 del 2013, nonchè Cass. Sez. Un. n 476 del 2015).

p. 3 – Nulla per le spese, in considerazione della qualità della parte controricorrente. Essendosi comunque verificata una soccombenza rispetto al ricorso, sussistono i presupposti per porre a carico delle parti ricorrenti una somma pari al contributo unificato già corrisposto all’atto del deposito del ricorso, secondo quanto disposto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

LA CORTE

Rigetta il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per porre a carico delle parti ricorrenti una somma pari al contributo unificato già corrisposto all’atto del deposito del ricorso, secondo quanto disposto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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