Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27459 del 20/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. L Num. 27459 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

ORDINANZA

sul ricorso 16736-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAllINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
2989

URGIAS ANNA, domiciliata in ROMA PIAllA CAVOUR presso
LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO PERRIA,

giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 20/11/2017

avverso la sentenza n. 446/2011 della CORTE D’APPELLO
DI CAGLIARI SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il

27/06/2012 R.G.N. 493/2010.

R.G. n. 16736/2012

RILEVATO

che con sentenza del 27 giugno 2011 la Corte di Appello di Cagliari – sez. dist. di
Sassari ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva ordinato a Poste
Italiane Spa di reintegrare Anna Urgias nel posto di lavoro, condannando la
società al pagamento di una somma corrispondente alle retribuzioni dalla stessa

che la Corte territoriale, conformemente al primo giudice, ha ritenuto accertato
che Poste Italiane Spa avesse violato gli obblighi formativi in relazione al
rapporto di apprendistato intercorso tra le parti dal 4 novembre 2002 al 3
novembre 2005, con conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato illegittimamente risolto dalla società;
che avverso tale sentenza Poste Italiane Spa ha proposto ricorso affidato ad un
unico motivo, illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso l’intimata;

CONSIDERATO

che il motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 246,
420, 421 e 437 c.p.c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la statuizione resa dalla
Corte di Appello sia laddove ha ritenuto non assolto, da parte della società,
l’onere probatorio relativo all’avvenuto rispetto degli oneri di formazione
derivanti dal contratto di apprendistato, sia per aver negato l’ammissibilità, in
sede di gravame, di una prova;
che

“nel contratto di apprendistato, il dato essenziale è rappresentato

dall’obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento
professionale finalizzato all’acquisizione, da parte del tirocinante, di una
qualificazione professionale, sicché il ruolo preminente che la formazione assume
rispetto all’attività lavorativa esclude che possa ritenersi conforme a tale speciale
figura contrattuale un rapporto avente ad oggetto lo svolgimento di attività
assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto
didattico e formativo di natura teorica e pratica, con accertamento rimesso al
giudice di merito ed incensurabile in cassazione, se congruamente motivato” (per

i

maturate dal 3 novembre 2005 all’effettiva reintegra;

R.G. n. 16736/2012

tutte: Cass. n. 14754 del 2014; Cass. n. 11265 del 2013; Cass. n. 6787 del
2002);

che le doglianze avanzate da parte ricorrente non possono trovare accoglimento
in quanto, per consolidato orientamento di questa Corte, la motivazione omessa
o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di
merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione
di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia

procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo
convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese
ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo
attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in
un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di
quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente
estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (in termini, tra le tante,
Cass. SS.UU. n. 24148 del 2013); invero il motivo di ricorso ex art. 360, co. 1, n.
5, c. p. c., non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare il
merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo quello di
controllare, sul piano della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica,
l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di
individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la
concludenza nonché scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, dando
così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i
casi tassativamente previsti dalla legge (tra numerose altre: Cass. SS.UU. n.
5802 del 1998 nonché Cass. n. 1892 del 2002, n. 15355 del 2004, n. 1014 del
2006, n. 18119 del 2008);

che invece la società, lungi dal denunciare una totale obliterazione di un “fatto
controverso e decisivo” che, ove valutato, avrebbe condotto, con criterio di
certezza e non di mera probabilità, ad una diversa decisione, si è limitata,
attraverso un riesame delle risultanze probatorie, a far valere la non rispondenza
della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento
soggettivo patrocinato dalla parte, proponendo un preteso migliore e più
appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti; tali aspetti del giudizio, —-

9

evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del

R.G. n. 16736/2012
interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e
dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non
ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi dell’art.
360, co. 1, n. 5, c.p.c., anche nella versione di testo applicabile alla fattispecie,
sicché la censura in esame, anche laddove deduce solo formalmente violazioni di
legge, si traduce in sostanza nell’invocata revisione delle valutazioni e dei
convincimenti espressi dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova

giudizio di legittimità;

che, pertanto, il ricorso va respinto, con spese liquidate secondo soccombenza
come da dispositivo,

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle
spese liquidate in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori come
per legge e spese generali al 15%.

Così deciso nella Adunanza camerale del 28 giugno 2017

pronuncia sul fatto, non concessa perché estranea alla natura ed alla finalità del

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA