Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27458 del 29/12/2016


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Cassazione civile, sez. un., 29/12/2016, (ud. 06/12/2016, dep.29/12/2016),  n. 27458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente di sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso (iscritto al n.r.g. 28854/15) proposto da:

S.r.L. IDROPADANA, (P.IVA: (OMISSIS)) In persona del legale

rappresentante pro tempore sig V.C.; rappresentata e

difesa dagli avv.ti Ernesto, Michele e Giovanni Battista Conte, con

domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Ennio Quirino

Visconti n. 99, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

Nei confronti di:

C.A.S., (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e difesa,

per procura speciale in calce al controricorso, anche in via

disgiunta tra loro, dall’avv. Prof. Paolo Scaparone e dall’avv.

Cinzia Picco; con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.

Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2, in forza di procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè di:

Provincia di Cuneo, (c.f.: (OMISSIS)) in persona del Presidente pro

tempore dr. B.F.; rappresentata e difesa dagli avv.ti

prof Beniamino Caravita di Toritto e Marcello Collevecchio, giusta

procura a margine del ricorso incidentale ed in virtù di Delib. 10

dicembre 2014, n. 167, con domicilio eletto presso lo studio dei

predetti in Roma, via Di Porta Pinciana n. 6;

– ricorrente incidentale –

e di:

– Agenzia interregionale per il fiume Po;

In persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata presso gli uffici

della medesima in Roma, via Dei Portoghesi n. 12;

– parte intimata –

nonchè di:

Autorità di Bacino per il fiume Po;

Ente di gestione del sistema delle Aree protette della Fascia

Fluviale del Po – tratto Torinese – Parco del Po – tratto Torinese –

– Regione Piemonte – Comune di Casalgrasso;

– parti intimate –

avente ad oggetto ricorso contro la sentenza n. 199/2014 del

Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, pubblicata il 14 ottobre

2014 e non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6

dicembre 2016 dal Consigliere Relatore Dott. Bruno Bianchini;

uditi gli avv.ti Ernesto Conte per la società ricorrente; l’avv.

Figliolia per l’avvocatura Generale; l’avv. Taverniti, con delega

degli avv.ti Scaparone e Picco, per la controricorrente Ceresio;

l’avv. Collevecchio per la ricorrente incidentale;

udite il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

– La srl IDROPADANA ottenne l’assenso dalla provincia di Cuneo – espresso con Delib. 22 luglio 2008, n. 394 – alla derivazione trentennale di acqua dal fiume Po; il 10 novembre 2008 ottenne l’autorizzazione unica prevista dal D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, art. 12; nel frattempo, nel dicembre 2007, Ceresio Antonietta Silvana, proprietaria dei fondi che sarebbero stati interessati dalle opere destinate alla derivazione idrica, aveva presentato analoga richiesta di autorizzazione unica ai sensi del D.Lgs. n. 387 del 2003; venuta a conoscenza del giudizio positivo di compatibilità ambientale espresso il 3 luglio 2007, n. 300 su progetto presentato dalla IDROPADANA, propose ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche per l’annullamento di tale delibera. In successione di tempo alla IDROPADANA furono rilasciati i seguenti provvedimenti: a – la sopra ricordata concessione della derivazione; b – l’autorizzazione unica alla realizzazione ed all’esercizio dell’impianto idroelettrico; c – un decreto di esproprio del terreno della C.; d – una determinazione dirigenziale della Provincia di Cuneo del 13 luglio 2010 disponente la proroga del termine iniziale per la presentazione del progetto esecutivo e per l’inizio dei lavori; anche contro tali provvedimenti la C., articolando motivi aggiunti, ha proposto ricorso innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche che, con sentenza n. 88 del 31 agosto 2011: ha dichiarato l’inammissibilità dell’originario gravame; ha respinto i primi quattro motivi aggiunti ed ha parzialmente accolto il quinto di essi, annullando la nota n. 131 del 13 luglio 2010 della provincia di Cuneo per insufficiente motivazione.

Tale pronuncia è stata impugnata dalla Ceresio innanzi alle Sezioni Unite della Cassazione lamentando – per quello che qui ancora conserva interesse – con il settimo motivo, che il Giudice specializzato avesse escluso che la pur sanzionata illegittimità della proroga del termine di inizio lavori potesse determinare anche la decadenza dell’autorizzazione unica e quindi della dichiarazione di pubblica utilità e di conseguenza dell’intero procedimento espropriativo.

Le Sezioni Unite, pronunciando sentenza n 13800 del 2012, giudicarono inammissibile il settimo motivo – in quanto incentrato su una circostanza che la ricorrente stessa non aveva assunto di aver sottoposto al giudice del merito – statuendo altresì la sua infondatezza sulla base dell’osservazione che la normativa sull’espropriazione non avrebbe attribuito specifico valore al termine di inizio lavori.

Nel frattempo la IDROPADANA, in esecuzione della sentenza n. 88/2011 del Tribunale Superiore delle Acque, aveva chiesto alla Provincia di Cuneo di motivare con rigore sulla sussistenza delle ragioni che avevano determinato il ritardo nell’inizio dei lavori; con determina del 3 novembre 2011 il dirigente preposto confermò il precedente provvedimento, ponendo a corredo di esso una più articolata motivazione.

La Ceresio ha impugnato innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche anche questo provvedimento, chiamando in giudizio, oltre alla Provincia di Cuneo e la società IDROPADANA, anche l’Agenzia Interregionale per il Fiume Po; la provincia di Cuneo; l’Autorità di Bacino per il Fiume Po; l’Ente di gestione del sistema delle Aree Protette della fascia Fluviale del Po, tratto torinese – il Parco del Po – tratto torinese; la Regione Piemonte ed il Comune di Casalgrasso.

Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sentenza n. 199 del 2014, ha estromesso per carenza di legittimazione l’Agenzia Interregionale del Fiume Po; ha accolto il ricorso ed ha annullato il provvedimento di proroga del termine di inizio lavori, ritenendo che anche il secondo provvedimento risultasse insufficientemente motivato, per il fatto che avrebbe riproposto le giustificazioni già valutate e censurate con la sentenza n. 88/2011, non affrontando il proprium della riscontrata illegittimità della precedente proroga, identificata nella sentenza n. 88/2011 del Tribunale Superiore delle Acque nella carente esplicitazione da parte della società IDROPADANA dei motivi per i quali neppure erano iniziati i rilievi geognostici, presupposto ineliminabile dei progetto esecutivo e non già costituenti fatti imprevedibili e sopravvenuti all’autorizzazione unica.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la IDROPADANA, sulla base di tre motivi, resistiti dal controricorso della Ceresio e della Provincia di Cuneo; quest’ultima ha altresì articolato tre motivi di ricorso incidentale, analoghi a quelli della società ricorrente; l’AIPO – Agenzia Interregionale per il Fiume Po – ha depositato istanza per la partecipazione all’udienza di discussione; le altre parti intimate non hanno articolato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale sono perfettamente sovrapponibili, così che possono essere esaminati congiuntamente.

p. l – Con il primo motivo si censura la violazione dell’art. 2909 c.c. assumendo che a causa del rigetto e della parziale declaratoria di inammissibilità contenuta nella sentenza delle sezioni Unite n 13800 del 2012, sarebbe divenuta irretrattabile la statuizione contenuta nella sentenza n. 88/2011 del Tribunale Superiore delle Acque che, a sua volta, aveva rigettato il motivo aggiunto con il quale si era inteso sostenere l’avvenuta decadenza del provvedimento della Provincia di Cuneo relativo al rilascio dell’autorizzazione unica e il conseguente annullamento del decreto di espropriazione (in ragione del fatto che la decadenza dalla declaratoria di pubblica utilità si sarebbe potuta verificare solo allo scadere del termine per il compimento dell’opera).

p. 1.a – Il motivo è infondato.

p.1.a.1 – Dalla lettura della pronuncia n 13800/2012 emerge che queste Sezioni Unite avevano giudicato inammissibile il ridetto motivo, in quanto incentrato su una circostanza in precedenza non sottoposta al vaglio del giudice di merito (“9.1 Il mezzo, in quanto inteso a valorizzare il tenore testuale dell’autorizzazione, secondo cui anche l’inosservanza del termine di inizio dei lavori comporterebbe la decadenza dell’autorizzazione, è inammissibile in quanto incentrato su una circostanza che la ricorrente non assume di avere sottoposto al giudice di merito. Per il resto il mezzo è infondato, apparendo condivisibile il ragionamento del giudice di merito secondo cui tanto la vecchia quanto la più recente disciplina sulle espropriazioni non attribuisce particolare valore al termine di inizio dei lavori”); tale decisione – che faceva venir meno la potestas judicandi della Corte (vedi sul punto: Cass. S.U. n 24469/2013; Cass. Sez. 5 n. 27049/2014; Cass. Sez. 3 n. 17004/2015) – impediva che l’ulteriore argomentazione in merito alla infondatezza del settimo motivo costituisse un’autonoma ratio decidendi e che la stessa potesse costituire oggetto di una decisione suscettibile di passare in giudicato.

p. 2 – Con il secondo motivo si denuncia la carenza di interesse in capo alla C. a contestare la legittimità della proroga di inizio dei lavori dell’impianto e quindi l’inammissibilità del ricorso al Tribunale Superiore delle Acque dalla medesima proposto-: ciò in ragione del fatto che il ricorso proposto dalla medesima contro l’espropriazione del terreno era stato già respinto dalla sentenza del Tribunale Superiore delle Acque n. 88/2011.

p.2.a – Il motivo è infondato perchè, dovendosi escludere, come sopra argomentato, che potesse affermarsi essersi stabilizzato un giudicato sulla inidoneità della declaratoria di illegittimità della rinnovata proroga a determinare la decadenza dell’autorizzazione unica, permaneva e permane un interesse qualificato della Ceresio al mantenimento della relativa statuizione contenuta nella decisione del Tribunale Superiore qui oggetto di scrutinio, i cui effetti possono comunque costituire il presupposto per ulteriori iniziative giudiziarie dirette quanto meno a ristabilire l’originaria proprietà incisa dall’espropriazione discendente dall’autorizzazione unica; ne discende che la mancanza di un’espressa statuizione in merito all’interesse della Ceresio ad opporsi all’azione della IDROPADANA da parte del Tribunale Superiore era quindi pienamente giustificata dalla soluzione adottata in merito alla ritenuta decadenza del titolo abilitativo alla costruzione dell’impianto.

p. 3 – Con il terzo motivo viene dedotta la violazione della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 159, – contenente il richiamo al D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 15, comma 1, terzo periodo, introdotto dalla L. n. 239 del 2004, art. 1, comma 75, – sostenendosi che il Tribunale Superiore delle Acque non avrebbe considerato lo jus superveniens rappresentato dall’anzidetta normativa, in forza della quale per la valutazione dell’inizio lavori per l’attuazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, a decorrere dalla fine dell’anno 2007, avrebbe dovuto riguardarsi solo se si fossero o meno acquistate le aree e se si fossero o meno verificate le altre attività che per la citata legge costituiscono prova idonea della concreta volontà di attuare l’iniziativa e non già le ragioni per le quali essa non si era realizzata.

p. 3.a – Il motivo è infondato.

p. 3.b – la L. n. 244 del 2007, art, 2, comma 159 cit. così recita:

“Dimostrazione dell’avvio dell’iniziativa da parte degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

159. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la dimostrazione di avere concretamente avviato la realizzazione dell’iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio dei lavori è fornita anche con la prova di avere svolto le attività previste dal D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, art. 15, comma 1, terzo periodo introdotto dalla L. 23 agosto 2004, n. 239, art. 1, comma 75.”

La L. n. 239 del 2004, art. 1, comma 75 così statuisce “75. al D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, art. 15, comma 1 dopo il secondo periodo, sono inseriti i seguenti: “I soggetti destinatari di incentivi relativi alla realizzazione di impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili che non rispettino la data di entrata in esercizio dell’impianto indicata nella convenzione e nelle relative modifiche e integrazioni sono considerati rinunciatari qualora non abbiano fornito idonea prova all’Autorità per l’energia elettrica e il gas di avere concretamente avviato la realizzazione dell’iniziativa mediante l’acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l’impianto, nonchè l’accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, ovvero l’indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti per l’acquisizione di macchinari o per la costruzione di opere relative all’impianto, ovvero la stipulazione di contratti di finanziamento dell’iniziativa o l’ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato. I soggetti beneficiari che abbiano adempiuto l’onere di cui al terzo periodo non sono considerati rinunciatari e perdono il diritto alle previste incentivazioni nei limiti corrispondenti al ritardo accumulato”.

p. 3.b.1 – Dalla lettura della rubrica della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 159 e dalla considerazione dell’uso dell’avverbio “concretamente”, si ricava che il minor onere dimostrativo di aver rispettato il termine di inizio lavori – non più identificato nel tempestivo inizio della vera e propria attività esecutiva del progetto assentito ma esteso anche ad attività ad esso prodromiche – serviva a qualificare la persistenza dell’interesse del privato all’installazione dell’impianto (specificamente, per quello che concerneva l’art. 15, citato, per non perdere gli incentivi) ma non si sovrapponeva alle prescrizioni dell’originario provvedimento di autorizzazione unica nè poteva dirsi applicabile ad un iter procedimentale iniziato su altre premesse; più specificamente è la stessa IDROPADANA a ricordare – riferendo anche circostanze di fatto contenute nel precedente ricorso della Ceresio: vedi foll 3 – 4 del proprio ricorso – che con Det. Dirig. 15 luglio 2009, n. 333 (dunque ben dopo l’entrata in vigore della L. n. 244 del 2007) era stata rilasciata l’autorizzazione unica alla realizzazione dell’impianto idroelettrico ed all’esercizio dello stesso e che in tale provvedimento era prevista la decadenza qualora i lavori non fossero stati iniziati” con la realizzazione di consistenti opere -, entro un anno dalla data di emissione della determina autorizzativa e terminati entro tre anni dall'”avvenuto ed accertato inizio dei lavori”: la comminatoria della decadenza dunque era collegata all’accertamento di una inerzia “qualificata” da parte della società destinataria del provvedimento autorizzatorio: per questa ragione la Provincia aveva deciso di collegare l’inizio dei lavori (sotto la comminatoria della decadenza) ad una serie di interventi che non venivano identificati ma che dovevano manifestarsi comunque con la esecuzione di “consistenti opere” e proprio sulla “consistenza ” di esse si era esplicata l’attività interpretativa del Tribunale Superiore delle Acque al fine di valutare la illegittimità della concessa proroga.

p.3.b.2 – Va altresì rilevato che il Tribunale Superiore delle Acque, con la precedente sentenza n. 88/2011, aveva imposto alla Provincia un onere di motivazione della proroga del termine stabilito dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 15 (testo unico sull’edilizia) ritenutolo integrativo del procedimento stabilito nel D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 15 attinente al rilascio dell’autorizzazione unica prevista in tale disposizione: l’annullamento, ad opera della sentenza n. 88/2011, del provvedimento di proroga, per motivi esclusivamente attinenti alla congruità della motivazione, aveva imposto all’amministrazione un obbligo di ottemperanza che si riteneva esser stato soddisfatto con il nuovo provvedimento, attualmente oggetto di esame: sia in precedenza sia nel presente giudizio però l’amministrazione provinciale doveva confrontarsi innanzi tutto con le prescrizioni contenute nella più sopra richiamata autorizzazione unica, dalla medesima poste.

p. 4 – Il ricorso va dunque rigettato, con condanna del ricorrente principale e del consorte in lite, ricorrente incidentale, in via solidale, al pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, in favore della controricorrente C. l’Agenzia Interregionale per il Fiume Po non ha sostanzialmente svolto difese – va altresì dato atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente principale srl IDROPADANA, in solido con la ricorrente incidentale Provincia di Cuneo, al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.200, di cui 200 per esborsi, in favore della controricorrente C.A.S.; dà altresì atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2016

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