Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27458 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/10/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 28/10/2019), n.27458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTO Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17165-2018 proposto da:

B.P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANCINI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.O.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7588/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 7588/2017, la Corte di appello di Roma ha respinto il gravame di B.P.M. contro la decisione del Tribunale di Tivoli che ne aveva pronunciato la separazione personale dalla coniuge G.O., rigettando la richiesta di addebito formulata dal primo a cui carico aveva posto l’obbligo di corrispondere alla seconda la somma di Euro 700,00 mensili, rivalutabili secondo gli indici ISTAT, di cui Euro 200,00 per il mantenimento della stessa ed Euro, 500,00 quale contributo per quello della figlia J., maggiorenne, ma economicamente non indipendente. Ha ritenuto, condividendo il ragionamento seguito dal giudice di prime cure, che l’appellante non avesse adeguatamente provato la sua domanda di addebito, nulla avendo riferito i testi in ordine alla presunta relazione extraconiugale della G., nè potendo costituire oggetto di c.t.u. gli appunti stenografici di quest’ultima, come tradotti dal marito, perchè illeggibili e parzialmente coperti da tale traduzione. Ha confermato, infine, i provvedimenti di natura economica non essendo stata fornita dimostrazione dell’indipendenza economica della figlia J., nè di quale fosse l’attuale situazione economica del B..

2. Avverso detta sentenza, quest’ultimo ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, ciascuno dei quali articolato in più profili, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis c.p.c.. La G. è rimasta solo intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) “Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.”, criticandosi la decisione impugnata nella parte in cui aveva escluso che il B. avesse fornito adeguata dimostrazione dell’invocata addebitabilità della separazione alla G. malgrado quest’ultima avesse intrapreso una relazione extraconiugale ed avesse abbandonato la casa coniugale prendendo in locazione un appartamento nel Comune di Monterotondo;

II) “Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 315-bis c.c.”, censurandosi la predetta decisione nella parte in cui aveva confermato i provvedimenti di natura economica come sanciti dalla sentenza di primo grado.

2. I descritti motivi possono esaminarsi congiuntamente perchè accomunati dalla medesima ragione di inammissibilità.

2.1. Invero, è utile ricordare che questa Corte ha, ancora recentemente (cfr. Cass. n. 27686 del 2018), chiarito che: a) il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perchè, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua pur corretta interpretazione. Cfr. Cass. n. 8782 del 2005); b) non integra, invece, violazione di legge, nè falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poichè essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; c) il discrimina tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass., Sez. U., n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); à) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).

2.1.1. Le doglianze in esame si risolvono, invece, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo, cui il ricorrente intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di violazione di legge, una diversa valutazione, totalmente obliterando, però, che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – come si è appena detto – non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione.

2.2. In applicazione dei suesposti principi, allora, va rimarcato che la corte distrettuale – con una motivazione che non integra affatto violazione dei principi dettati in tema di onere della prova, oltre che scevra da vizi logici, siccome basata sulla puntuale e dettagliata descrizione e ponderazione di indici concreti – è giunta alla conclusione che, nella specie, il quadro istruttorio desumibile dalla documentazione prodotta in atti, valutato in ciascun elemento e nel suo complesso, fosse inidoneo a far ritenere raggiunta la prova dell’addebitabilità della separazione alla G., oppure a giustificare la modifica dei provvedimenti economici contenuti nella decisione di prime cure; nè potrebbe sostenersi, fondatamente, che l’argomentare del giudice di appello abbia trascurato alcuni dati dedotti dall’odierno ricorrente per la semplice ragione di averli ritenuti, esplicitamente o implicitamente, irrilevanti.

2.2.1. La corte capitolina, invero, ha ampiamente descritto amplius, pag. 4-6 dell’impugnata sentenza) gli elementi istruttori che l’hanno indotta a tali conclusioni, ed il corrispondente accertamento integra una valutazione fattuale, a fronte della quale il B., con i motivi in esame, tenta, sostanzialmente, di opporvi una propria alternativa loro interpretazione, sebbene sotto la formale rubrica del vizio di violazione di legge, mirando ad ottenerne una rivisitazione (e differente ricostruzione), in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex multis, Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).

2.2.2. In altri termini, il B. incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. può porsi, rispettivamente, solo allorchè il ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; 2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (cfr. Cass. n. 27000 del 2016). Del resto, affinchè sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132 n. 4 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. 24434 del 2016). La valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione Cass. n. 11176 del 2017, in motivazione. Nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), peraltro, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti: il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati (O-. Cass. n. 11176 del 2017). In effetti, non è compito di questa Corte quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dal giudici di merito (cfr. Cass. n. 3267 del 2008), altresì evidenziandosi che i fatti e/o i documenti di cui oggi il ricorrente lamenta l’errata “valutazione”, lungi dall’essere, di per sè, “decisivi”, al più potrebbero rappresentare elementi indiziari da porre a fondamento di un ragionamento presuntivo volto a giungere a conclusioni magari diverse da quelle esposte dalla corte romana, così procedendosi, però, a valutazioni che, impingendo nel merito, sono inammissibili nel giudizio di legittimità.

3. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo la G. rimasta solo intimata, dandosi atto, altresì, della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

4. Va, disposta, da ultimo, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 10 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 ottobre 2019

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