Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27458 del 20/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27458 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: LORITO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso 16350-2012 proposto da:
SAVINI S.R.L., (già Savini sas di Savini P. e D. &
C.) in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI
22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
VALERIO SPEZIALE, giusta delega in atti;
– ricorrente 2017
2987

contro

PIROZZI DANTE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CELIMONTANA 39, presso lo studio dell’avvocato BENITO
PANARITI, rappresentato e difeso dall’avvocato
FLORIANO GAROFALO, giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 20/11/2017

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 358/2011 della CORTE D’APPELLO

di L’AQUILA, depositata il 04/07/2011 R.G.N. 27/2011.

n. r.g. 16350/2012

RILEVATO CHE

detta pronuncia veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di
L’Aquila che con sentenza resa pubblica il 4/7/2011, dichiarava non
dovuta l’indennità per lavoro straordinario; confermava, invece, le
statuizioni della sentenza impugnata concernenti il riconoscimento della
qualifica superiore rivendicata ed il pagamento dell’indennità per ferie non
godute, sul rilievo – quanto a queste ultime – che il relativo onere
probatorio gravasse sulla parte datoriale, la quale si era attivata solo in
grado di appello, tardivamente quindi, mediante produzione documentale
ritenuta inammissibile;
avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la s.r.l. Savini,
affidato a cinque motivi, successivamente illustrati da memoria ex art.380
bis c.p.c., cui resiste con controricorso Dante Pirozzi;
CONSIDERATO CHE
1.con il primo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione dell’art.11
c.c.n.l. per i dipendenti delle imprese artigiane metalmeccaniche e della
installazione degli impianti del 25/7/79, dell’art.12 contratto collettivo in
data 14/6/1984 ed in data 6/12/1988, nonché violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. ex art. 360 comma primo n.3
c.p.c.; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 comma primo
n.5 c.p.c.; si argomenta al riguardo che le disposizioni contrattuali
prevedono quale requisito
collettive applicabili ratione temporis,
coessenziale all’inquadramento nella terza categoria, la guida ed il
controllo di altri prestatori di lavoro — condizione, questa, non verificatasi
nella specie – non essendo sufficiente lo svolgimento delle mansioni in
autonomia che, secondo il contratto collettivo del dicembre 1988 doveva
essere coniugato altresì con il possesso di un diploma di scuola media
superiore; in tal senso si prospetta come erronea l’interpretazione dei
contenuti della autonomia collettiva resa dalla Corte distrettuale, per il
tramite di un non corretto scrutinio delle deposizioni testimoniali raccolte;
1

il Tribunale di Chieti accoglieva la domanda proposta da Dante Pirozzi nei
confronti della s.r.l. Savini intesa a conseguire il pagamento di differenze
retributive rivendicate in relazione al riconoscimento del superiore
inquadramento nel terzo livello c.c.n.l. metalmeccanico-artigiani, allo
svolgimento di lavoro straordinario, alla indennità per ferie non godute, e
condannava la società alla corresponsione in favore di controparte, della
somma di euro 39.893,64 oltre accessori di legge;

2. con il secondo motivo si censura l’impugnata sentenza per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio in relazione all’art.360 comma primo n.5 c.p.c.,
laddove si era ritenuto che la terza categoria contrattuale fosse la più
adeguata per il ricorrente, in quanto la società dal gennaio 1992 aveva
deciso di concedergli per mera benevolenza ed a titolo di trattamento di
miglior favore, il superiore inquadramento contrattuale; si deduce, per
contro, che l’aver riconosciuto ad un lavoratore un livello superiore per
mera benevolenza, non costituiva dato confermativo della sussistenza del
diritto a tale inquadramento;
3. i motivi, da trattarsi congiuntamente siccome connessi, presentano
profili di inammissibilità;
con riferimento alla formulazione del primo motivo, cui è seguita una
rivisitazione delle risultanze processuali e delle questioni dibattute nel
giudizio di merito con riferimento al corretto inquadramento professionale
del lavoratore, è sufficiente dar conto dell’inammissibilità della censura,
alla stregua dei rilievi che seguono;
la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione
intrinsecamente eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi
contemplate sotto i numeri 3 e 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c.,
mostra di non tener conto dell’impossibilità della prospettazione di una
medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione
di norme di diritto – che suppone accertati gli elementi del fatto in
relazione al quale si deve decidere della violazione o della falsa
applicazione della norma – e del vizio di motivazione, che quegli elementi
di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa
motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo
della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che
richiede la puntuale ed analitica indicazione della sede processuale nella
quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, ed,
ancora, la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa
identificazione delle affermazioni, contenute nell’impugnata sentenza, che
si porrebbero in contraddizione tra loro (vedi Cass. 23/9/2011 n. 19443,
Cass. 10/2/2017 n.3554);
la contestuale formulazione di censure aventi ad oggetto violazione di
legge e vizi della motivazione, secondo modalità promiscue, finisce per
affidare alla Corte di cassazione il compito di enucleare dalla mescolanza
dei motivi la parte concernente il vizio di motivazione, che invece deve
ex plurimis, Cass. cit.
avere una autonoma collocazione (vedi
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n. r.g. 16350/2012

n. r.g. 16350/2012

n.19443/2011, Cass.26/3/2010 n.7394 ed in motivazione Cass.8/6/2012
n.9341);

4. quanto al secondo motivo, va rimarcato che esso tende a pervenire,
mediante revisione delle valutazioni e del convincimento della Corte di
merito, all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente
estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (in termini, vedi,
ex plurimis, Cass. SS.UU. 25/10/2013 n.24148, in motivazione, Cass.
4/4/2014 n.8008, nonché, da ultimo Cass. 7/4/2017 n. 9097); ed infatti,
per la configurabilità del vizio, è necessario che sussista un rapporto di
causalità fra la circostanza che si assume trascurata o non correttamente
valutata, e la soluzione giuridica della controversia tale da far ritenere
che, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione
della vertenza, con giudizio di certezza e non di mera probabilità (vedi
Cass.14/11/2013 n.25608, Cass. 31/7/2013 n.18368) elementi questi,
non ravvisabili nella specie, giacchè la doglianza attiene ad una statuizione
meramente
rafforzativa
del
nucleo
essenziale
della
decisione
(concernente, invece, il riconoscimento della autonomia operativa
individuata dalla declaratoria contrattuale in capo al Pirozzi il quale è stato
ritenuto dai giudici del gravame, capace di decidere con piena
discrezionalità tutti gli interventi, necessari e complessi per la verniciatura
delle macchine);
5. con la terza critica si denuncia violazione o falsa applicazione
dell’art.2697 c.c., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360
comma primo n.5 c.p.c.; in particolare si lamenta che la Corte di merito
abbia posto a carico della parte datoriale l’onere della prova in ordine alla
concessione delle ferie annuali al lavoratore, in violazione dei principi in
tema di ripartizione dell’onere probatorio che, diversamente, pongono a
carico del lavoratore l’onere di provare lo svolgimento di attività lavorativa
nei giorni ad esse destinati;
6. con il quarto motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in
relazione all’art. 360 comma primo n.5 c.p.c., ci si duole che la Corte
3

né, nello specifico, la articolazione del motivo consente di cogliere
specificamente le doglianze prospettate onde procedere, se necessario,
all’esame separato negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se
esse fossero state articolate in motivi distinti (cfr. Cass. S.U. 6/5/2015
n.9100), onde non si sottrae ad un giudizio di inammissibilità;

n. r.g. 16350/2012

distrettuale abbia ritenuto fra loro contrastanti le deposizioni testimoniali
rese in relazione alla fruizione del periodo feriale;

si critica la sentenza impugnata per aver ritenuto la tardività della
produzione delle 52 buste paga relative agli anni 1998-2001, in cui
l’inserimento nella dinamica processuale sarebbe stato possibile con
l’attivazione dei Poteri istruttori d’ufficio sanciti dall’art.437 c.P.c.;
8. in ordine logico appare prioritario l’esame dell’ultima censura modulata
sulla precipua nozione di indispensabilità del mezzo istruttorio e sul
corretto governo delle prove in appello;
tale censura è ammissibile, in quanto conforme al principio di specificità
dei motivi, recando puntuale riproduzione del contenuto della
documentazione di cui si lamenta la mancata ammissione in sede di
gravame, così sottraendosi alla critica per violazione del principio di
autosufficienza sollevata dal controricorrente;
la stessa è altresì fondata nei termini di seguito esposti;
occorre premettere che con le sentenze gemelle delle Sezioni Unite
nn.8202-8203 del 2005, il pregresso indirizzo maggioritario sui “nova”
secondo cui il divieto alla produzione di nuovi mezzi di prova in sede di
gravame non riguardava le prove costituite come quelle documentali, è
stato ribaltato, di guisa che, per quanto attiene al rito del lavoro, la loro
acquisizione al processo è stata ritenuta ammissibile se giustificata dal
tempo della loro formazione o dall’evolversi della vicenda processuale
successivamente al deposito del ricorso e della memoria difensiva; tale
rigoroso sistema di preclusioni trovava, peraltro, secondo la Corte di
legittimità, un ulteriore contemperamento – ispirato alla esigenza della
ricerca della “verità materiale”, cui è doverosamente funzionalizzato il rito
del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura
dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento – nei poteri
d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai
sensi dell’art. 437, secondo comma, cod. proc. civ., ove essi siano
indispensabili ai fini della decisione della causa, nonostante il verificarsi di
decadenze o preclusioni, perché la regola della irreversibilità
dell’estinzione del diritto alla produzione subisce un’eccezione in
considerazione della specifica natura dei diritti tutelati;
4

7. con il quinto motivo si denuncia nullità della sentenza o del
procedimento ex art.360 comma primo n.4 c.p.c. nonché omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 comma primo n.5 c.p.c.;

siffatto orientamento ha assunto, poi, rilievo prevalente nella evoluzione
della giurisprudenza di legittimità, che ha rimarcato come il giudizio di
indispensabilità implichi una valutazione sull’idoneità del mezzo istruttorio
a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti controversi (cfr.,
ancora, Cass. 20/6/2006, n. 14133); tutto ciò in consonanza con avvertita
dottrina secondo cui lo scrutinio in ordine alla indispensabilità dei mezzi di
prova è funzionalizzato a verificare se dalla ipotizzata esistenza del fatto
posto ad oggetto della prova, è possibile dedurre in modo necessario e
sufficiente l’esistenza del fatto posto ad oggetto della domanda; al
riguardo si è altresì evidenziato come il concetto di “indispensabilità” sia
più intenso di quello di rilevanza, sicchè va modulato alla stregua del
parametro della decisività, in ragione del quale devono ritenersi
ammissibili in giudizio solo le prove che appaiono idonee da sole, a
fondare una decisione, sia essa di conferma o di riforma;
in tali termini si è anche pronunciata questa Corte, con riferimento al
giudizio di rinvio, con ordinanza del giorno 11/2/2015 n.2729 alla cui
stregua la produzione di nuovi documenti, in deroga al divieto ex art. 437
cod. proc. civ., è possibile anche in caso di giudizio di rinvio qualora essi
abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice
indispensabili ai fini della decisione della causa, in quanto dotati di un
grado di decisività e certezza tale che, da soli considerati, conducano ad
un esito necessario della controversia; ulteriori arresti hanno poi definito
indispensabili quelle prove che appaiano idonee a sovvertire la decisione
di primo grado, nel senso di mutare uno o più giudizi di fatto sui quali si
basa la pronuncia impugnata, fornendo un contributo decisivo
all’accertamento della verità materiale, in coerenza con i principi del giusto
processo (cfr. Cass. 29/4/2016 n. 8568);
9. siffatta linea interpretativa ha rinvenuto autorevole conferma nei
recenti approdi ai quali sono pervenute Sezioni Unite di questa Corte;
queste, in relazione ai dettami di cui all’art.345 comma 3 c.p.c. (nel testo
– applicabile ratione temporis nel caso di specie, vigente prima dell’ultima
novella apportata dall’art.54, comma 1, lett. b d.l. n. 83 del 2012,
convertito in legge n. 134 del 2012) disposizione di contenuto analogo
«Prova nuova
all’art.437 comma 2 c.p.c., hanno dedotto che
indispensabile di cui al testo dell’art. 345, comma 3, cod. proc. civ.,
previgente rispetto alla novella di cui all’art. 54, comma 1, lett. b), d. I. n.
83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012, è quella di per sé idonea
ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta
dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare
margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o
non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte

n. r.g. 16350/2012

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10. alla stregua della applicazione dei suddetti principi alla fattispecie qui
scrutinata, si impone l’evidenza dell’errore di fondo che connota
l’impugnata sentenza, per avere la Corte di merito respinto ogni istanza
volta alla ammissione della produzione documentale offerta dalla società
in grado di appello – sul mero rilievo della tardività della attività istruttoria
– omettendo di esprimere un motivato giudizio sulla non indispensabilità
della prova nuova in appello in violazione dell’obbligo gravante sul giudice
del gravame, di motivare espressamente sull’attitudine della nuova prova
a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi (cfr. Cass.
23/7/2014, n. 16745);
11. per concludere, alla luce delle precedenti considerazioni, devono
dichiararsi assorbite tutte le ulteriori censure, ivi compresa la terza con la
quale si deduce un errore sulla ripartizione dell’onere della prova in tema
di mancato godimento delle ferie;
la suddetta censura non può infatti trovare ingresso in questa sede per
evidenti profili di consequenzialità logica, in base al seguente principio di
diritto che va enunciato ai sensi dell’art.384 c.p.c. comma 1:”il motivo di
violazione della regola di ripartizione dell’onere della prova ex art.2697
c.c., può essere dedotto ai sensi dell’art.360 comma primo n.3 c.p.c.
innanzi alla Corte di cassazione se dotato del requisito della specificità e
solo allorquando non sia stata raggiunta nel giudizio di merito la prova
sulle circostanze controverse costituenti oggetto della lite; prova, questa,
idonea a supportare la decisione senza che residuino incertezze”;
la impugnata sentenza va, dunque, cassata e rinviata alla Corte di
Appello designata in dispositivo affinchè, nel riesaminare integralmente la
questione della prova attinente al godimento delle ferie da parte del
lavoratore, e disponendo anche in ordine alle spese del presente giudizio
di cassazione, applichi i principi di diritto di cui ai punti n.9 e n.11 innanzi
enunciati;
P.Q.M.
la Corte accoglie il quinto motivo di ricorso; dichiara inammissibili i primi
due motivi, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla
Corte d’Appello di Roma.
Così deciso in Roma nella adunanza Camerale del 28 giugno 2017
6

interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle
preclusioni istruttorie del primo grado» (vedi Cass. 4/5/2017 n.10790);

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‘ CORTE:AI Pi2.2.5, D’s C;ASU-72:0N2

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