Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27453 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. I, 28/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 28/10/2019), n.27453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2670/2018 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Plauto n.

12, presso lo studio dell’avvocato Gatto Ermanno, rappresentato e

difeso dall’avvocato Petrucci Rodolfo, gusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento di P.F., in estensione al

Fallimento di (OMISSIS) S.n.c. (OMISSIS), in persona del curatore

avv. Alessandro Gioffreda, elettivamente domiciliato in Roma, Via

Gregorio VII n. 150, presso lo studio dell’avvocato Bruno Arcangelo,

rappresentato e difeso dall’avvocato Fumarola Carlo, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 613/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 07/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2019 dal cons. FRANCESCO TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

in data 11-4-2005 il tribunale di Lecce dichiarò il fallimento della (OMISSIS) s.n.c. e dei soci in proprio;

a seguito di relazione del curatore il medesimo tribunale, con sentenza del 15-7-2006, dichiarò, in estensione, il fallimento anche di P.F., ritenendolo socio occulto;

questi propose opposizione e, a seguito del rigetto da parte del tribunale, impugnò la relativa sentenza;

la corte d’appello di Lecce ha respinto il gravame con sentenza in data 7-6-2017, avverso la quale è adesso proposto ricorso per cassazione in quattro motivi, coi quali nell’ordine il ricorrente denunzia:

(i) l’omesso esame di fatti decisivi e la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., nonchè degli artt. 1119,2549 e 2554 c.c. e artt. 77 e 147 L. Fall., non essendosi tenuto in considerazione il rilievo concernente la natura del rapporto che lo legava alla fallita, delineabile come di associazione in partecipazione;

(ii) l’ulteriore violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2247 c.c., nonchè degli artt. 112 e 115 c.p.c., per non aver, la corte territoriale, dato ragionevole risposta alla doglianza sulla mancata ammissione dei mezzi istruttori, legittimamente richiesti;

(iii) la violazione dell’art. 2247 c.c. poichè il rapporto in essere tra il ricorrente e la fallita non poteva essere quello di società, sebbene quello giustappunto di associazione in partecipazione;

(iv) infine la violazione dell’art. 15 L. Fall., art. 2549 c.c. e art. 77 L. Fall., poichè in base a tale ultima previsione normativa non è consentito il fallimento dell’associazione in partecipazione, e semmai tale associazione si scioglie per il fallimento dell’associante;

la curatela del fallimento ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati per connessione, è inammissibile;

il ricorrente si duole essenzialmente dell’avere la corte d’appello ricostruito la sua posizione in termini di socio occulto della s.n.c., anzichè, come egli persevera nel sostenere, in termini di associato in partecipazione; in tal senso la corte territoriale avrebbe omesso la valutazione delle prove ovvero avrebbe errato nel non ammetterne altre, pur dedotte;

sennonchè la questione attinente alla ricostruzione del rapporto come di società, anzichè come di associazione in partecipazione, implica un accertamento di fatto, che nella specie è stato dalla corte d’appello ampiamente motivato; e, contrariamente a quanto postulato dal ricorrente, la doglianza in ordine alla valutazione delle prove non è ammessa in cassazione neppure attraverso la deduzione del vizio motivazionale;

invero tale vizio non può consistere nella difformità dell’apprezzamento delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, con prevalenza dell’uno o dell’altro mezzo tra quelli dedotti;

da questo punto di vista va ribadito che alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti (ex plurimis, secondo un principio da sempre ampiamente consolidato, Cass. n. 10657-10; Cass. n. 8547-10; Cass. n. 18119-08);

in tale ottica quindi il ricorso devesi considerare inammissibile, risolvendosi nella deduzione di un insieme di elementi che la corte d’appello avrebbe omesso di valutare, ma che, in realtà, come si evince dalla motivazione della sentenza, sono stati per implicito ritenuti ininfluenti, a fronte della valorizzazione di altri elementi di prova ritenuti invece decisivi in ordine alla configurazione del rapporto sociale, per quanto occulto;

d’altronde è risolutivo che, al netto della censura sulla mancata ammissione di alcune prove e sulla valutazione di altre di tipo documentale, nessun fatto storico è indicato come dalla corte territoriale effettivamente omesso, secondo l’attuale testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. Sez. U n. 8053-14);

le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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