Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27450 del 30/10/2018

Cassazione civile sez. III, 30/10/2018, (ud. 15/06/2018, dep. 30/10/2018), n.27450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SABA SRL, in persona del suo A.U. Dott. A.F., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CICERONE, 49, presso lo studio

dell’avvocato COSTANZO STEFANIA NICOLETTA, rappresentata e difesa

dall’avvocato METAFORA VINCENZO giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

TECNOPROCESS IN LIQUIDAZIONE SRL, in persona del suo Liquidatore

V.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO BARTOLOMEI 23,

presso lo studio dell’avvocato SARACENI STEFANIA, che la rappresenta

e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2454/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2018 dal Consigliere Dott. GORGONI MARILENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Saba s.r.l., già Saba S.p.a., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la Tecnoprocess s.r.l., cui aveva affidato, con contratto stipulato il 9.12.2003, la progettazione, la fornitura e la posa in opera di un impianto per la produzione di sciroppi e latte di mandorla, con rimodernamento dei preesistenti impianti, e con contratto stipulato il 2.1.2004, subordinato all’ammissione alle agevolazioni di cui al decreto Miur 593/2000, la predisposizione di una ricerca per la messa a punto di nuovi processi produttivi di sciroppi, di latte e di pasta di mandorla, per: a) sentir dichiarare, stante la non ammissione ai finanziamenti ministeriali e l’inglobamento del contratto di ricerca in quello di fornitura, che il secondo contratto aveva avuto parziale esecuzione con conseguente necessità di rideterminazione del corrispettivo dovuto; b) ottenere la condanna di Tecnoprocess al risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento, rispetto ai quali già si era avvalsa dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c.; c) ottenere la compensazione, fino alle reciproca concorrenza, delle eventuali ragioni di credito. La Tecnoprocess chiedeva in riconvenzionale la condanna della SABA al pagamento del saldo dovuto, al netto di interessi e spese di lite. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 23446/09, rigettava la domanda attorea, e, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava SABA al pagamento a favore della convenuta di Euro 161.134.134,00, oltre a interessi dalla domanda al saldo, e di Euro 10.000.00 per spese di lite. Avverso detta sentenza proponeva appello la S.p.a. Saba. La Tecnoprocess chiedeva, in via incidentale, la condanna della Saba al pagamento della maggior somma di Euro 286.440,00, a titolo di corrispettivo del contratto del 9.2003, e di Euro 217.890,00, quale corrispettivo del contratto del 2.1.2004, al netto di interessi, con vittoria di spese. La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 2454/2016, depositata il 19.04.2016, condannava la Saba al pagamento di Euro 193.361, 28 a favore di Tecnoprocess, compensava per metà le spese di lite per entrambi i gradi di giudizio. Avverso detta sentenza SABA s.r.l. propone ricorso per cassazione, fondato su nove motivi. Resiste con controricorso Tecnoprocess s.r.l. in liquidazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dalla clausola n. 15 del contratto del 2.1.2004 che avrebbe dimostrato la ricorrenza di un collegamento tra i due rapporti contrattuali intercorrenti tra le parti. 2. Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1325 c.c., art. 1343 c.c., e s.s. e art. 1362 c.c., e s.s., adducendo che il giudice a quo avrebbe, erroneamente interpretandone la volontà, negato la ricorrenza di un collegamento di tipo funzionale tra i due contratti intercorrenti tra le parti. 3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rappresentato dal mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione delle operazioni peritali. 4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce l’avvenuta violazione degli artt. 1322,1353 c.c., art. 1362 c.c., e s.s. e art. 1375 c.c., ricondotta all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare, lamenta l’erronea qualificazione della clausola dell’art. 15 del contratto del 2.1.2014, ritenuta risolutiva anzichè sospensiva. 5. Con il quinto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente ipotizza la violazione dell’art. 1358 c.c., art. 1362 c.c., e s.s., art. 1375 c.c. per non avere il giudice a quo rilevato l’adozione di un comportamento contrario a correttezza da parte della Tecnoprocess durante la fase di pendenza della condizione, stante che essa, come asseritamente dimostrato documentalmente, era a conoscenza della mancata ammissione della Saba ai fondi ministeriali. 6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1175,1366,1375,1460 c.c. e art. 2697 c.c., per non avere il giudice a quo, applicando il principio di vicinanza della prova, fatto gravare su Tecnoprocess l’onere di provare di avere curato la domanda di accesso ai fondi ministeriali e di averne verificato il possibile esito. 7. Con il settimo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. La Corte territoriale, con una motivazione apparente, avrebbe rigettato la richiesta della ricorrente di provare, ricorrendo a testimoni, la conoscenza da parte della resistente dell’esaurimento dei fondi ministeriali alla data di presentazione della domanda di accesso ai medesimi. 8. Con l’ottavo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 213 c.p.c. da parte del giudice a quo che, in presenza di una serie ed affidabile “pista probatoria”, non aveva, avvalendosi dei propri poteri ufficiosi, richiesto informazioni al MIUR per accertare se l’ammissione alle agevolazioni fosse o meno condizionata alla disponibilità dei fondi e se la presentazione della domanda in via telematica consentisse al presentatore professionista di avere immediata conoscenza delle possibilità di suo accoglimento. 9. Con il nono motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1193,1460 e 2697 c.c., stante che la corte territoriale, in difetto di indicazioni da parte del debitore, avrebbe dovuto applicare l’art. 1193 c.c., comma 2, imputando i pagamenti ricevuti da Tecnoprocess al contratto del 9.12.2003, essendo il debito da esso scaturente più risalente, ed avrebbe dovuto porre, data l’eccezione di inadempimento del contratto del 2.1.2004, a carico della Tecnoprocess l’onere della prova della puntuale esecuzione del contratto, anzichè farla discendere dalla corrispondenza dei pagamenti ricevuti con quelli dovuti per effetto del contratto di ricerca del 2.1.2004, senza per di più verificare se fosse sufficiente a tal fine la redazione della relazione. 10. In via pregiudiziale il ricorso va dichiarato improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, in ragione del mancato deposito della “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta” (Cass. 14/07/2017, n. 17450). Risulta, infatti, prodotta soltanto la copia stampata, priva di qualsivoglia attestazione di conformità, di un messaggio di posta elettronica certificata datato “martedì 31 maggio 2016 16:51” – proveniente dall’indirizzo p.e.c. dell’Avv. Faratro Dario (difensore dell’appellata Tecnoprocess), diretto alla casella p.e.c. dell’Avv. Metafora Vincenzo (difensore dell’appellante SABA s.r.l.) e avente ad oggetto “Notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994” – dal cui testo risulta l’invio in allegato del documento (426).pdf, contenente la copia informatica della sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2454 del 19.04.2016, della quale si attesta la conformità al corrispondente documento contenuto nel fascicolo informatico dal quale è estratta, nonchè dell’attestazione di conformità e della relata di notifica con firma digitale. Essendo la notifica della sentenza impugnata avvenuta con modalità telematiche, come è dichiarato esplicitamente nel ricorso, al fine di rispettare quanto imposto dall’art. 369 c.p.c., avrebbero dovuto essere depositate nella cancelleria della corte altresì copia analogica della sentenza con attestazione di conformità ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, commi 1-bis e 1-ter, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto nonchè della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio, con sottoscrizione autografa, ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1, – Codice dell’amministrazione digitale – (cfr. Cass. 22/12/2017, n. 30765 e la copiosa giurisprudenza conforme); tali attestazioni non sono state allegate al ricorso e non state rinvenute aliunde. Non risultano, infatti, presenti agli atti del fascicolo di ufficio nè prodotte dalla parte resistente (per le Sezioni unite – 2/05/2017, n. 10648 – la disponibilità acquistata dal giudice a prescindere dall’attività del ricorrente impedirebbe la dichiarazione di improcedibilità del ricorso perchè l’esigenza di attivare la sequenza procedimentale non potrebbe dirsi impedito nè apprezzabilmente ritardato, sicchè la sanzione massima dell’improcedibilità sarebbe incongrua, irragionevole e sproporzionata). In tali casi, accertato che, in forza del combinato disposto della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis, 3 e 3-bis, l’avvocato, in qualità di pubblico ufficiale, ha il potere di attestare la conformità agli originali digitali delle copie del messaggio di posta elettronica certificata inviato all’avvocato di controparte, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonchè degli atti allegati, comprensivi della relazione di notificazione e che, dunque, l’avvocato che intende proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento che gli è stato notificato con modalità elettroniche è in grado di procedere agli adempimenti richiesti dall’art. 369 cod. proc. civ. (da ultimo, in tal senso, Cass. 26/06/2018, n. 16832), la giurisprudenza di questa corte, da cui non vi sono ragioni per discostarsi, ritenuti insoddisfatti i principi fondamentali di procedibilità del ricorso per cassazione, è chiamata a dichiarare d’ufficio e a prescindere dalla contestazione di controparte (essendo la materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto finalizzata a soddisfare esigenze di natura pubblicistica – Cass. 7/02/2017, n. 3132) che il ricorso è improcedibile (tra le più recenti cfr. Cass. 26.6.2018, nn. 16899, 16834, 16833, 16822, 17821, 16798, 16783; Cass. 21.6.2018, nn. 16334, 16325; Cass. 15.6.2018, n. 15756; Cass. 14.6.2018, n. 15605); senza che tale dichiarazione integri alcuna lesione del precetto di cui all’art. 24 Cost., poichè la disposizione dell’art. 369 c.p.c. non limita il diritto di difesa, ma impone di esercitarlo nel rispetto delle forme dettate dal codice di rito (Cass. 11/05/2010, n. 11376). 11. Il ricorso sarebbe inaccoglibile, anche in assenza della dichiarazione di sua improcedibilità. 11.1. Il primo motivo è inammissibile. 1.12. Il vizio dedotto è circoscrivibile alla censura della sentenza impugnata per non avere esaminato un fatto, controverso, discusso tra le parti e decisivo per la definizione della controversia, di cui il ricorrente è tenuto a individuare il dato testuale od extratestuale che ne faccia desumere l’esistenza, il “come” e il “quando” esso sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (Cass. Sez. Un., 07/04/2014 n. 8053). Dalla prospettazione a supporto del motivo non si evince l’omesso esame della clausola contrattuale n. 15 del contratto stipulato il 2.1.2014, che invece risulta esaminata; si individuano, invece, osservazioni critiche riguardanti l’interpretazione ad essa attribuita dal giudice a quo, volte a sollecitare, tramite la riproposizione di deduzioni difensive, già sottoposte alla valutazione giudiziale, una statuizione diversa e conforme alle proprie aspettative su un punto della controversia in merito al quale la Corte di appello si è pronunciata con chiarezza e specificità, pervenendo alla sua conclusione secondo un percorso logico/giuridico immune da vizi e deficit motivazionali. 12. Il secondo motivo e il quarto motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. 12.1. Al netto della genericità e della non pertinenza della violazione dell’art. 1325 c.c. e art. 1343 c.c., e s.s. e degli artt. 1322 e 1375 c.c., per totale assenza di qualunque riferimento critico e comparativo con il decisum impugnato, l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione. Al fine di far valere una violazione dei canoni ermeneutici, il ricorrente deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168). La ricorrente, attraverso una generica e non altrimenti circostanziata denuncia di violazione “dei canoni legali di interpretazione della volontà delle parti ed, in specie di quelli di interpretazione secondo buona fede, di conservazione del contratto, di interpretazione contro l’autore della clausola, di equo contemperamento degli interessi e di maggior convenienza alla natura ed all’oggetto del contratto” (p. 17 del ricorso) – alcuni invocati in maniera del tutto inconferente rispetto alla fattispecie concreta: ad esempio l’interpretazione contra proferentem che esprime l’esigenza di tutelare la parte che si limita ad aderire al regolamento contrattuale predisposto dall’altra – pretende che venga accolta la propria argomentazione difensiva in ordine alla ricorrenza di un collegamento funzionale tra il contratto di fornitura ed il contratto di ricerca e di ritenere dimostrato che il secondo contratto non avesse altra ragione che quella di consentire alla ricorrente di godere delle agevolazioni ministeriali: circostanze già escluse dal giudice di merito. 12.2. Il terzo e settimo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. 12.3. In tema di C.T.U., il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova C.T.U., atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto. 13. Il quarto motivo è inammissibile. 13.1. Attraverso la dedotta violazione di una norma di legge, l’art. 1358 c.c., la ricorrente ha inteso, invece, lamentare un vizio di motivazione: a p. 23 del ricorso, infatti si fa expressis verbis riferimento ad un vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non provato documentalmente che la Tecnoprocess fosse a conoscenza del rigetto della domanda di ammissione ai benefici di cui al D.M. n. 593/00 celandolo in mala fede alla controparte, nonostante i documenti 7-9 versati in atti rendessero evidente che già alla data di presentazione della domanda i fondi ministeriali erano esauriti. 13.2. Nondimeno, l’errore nell’inquadramento della censura, non vale di per sè a rendere la doglianza inammissibile, come è stato chiarito dalla Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 24/07/2013, n. 17931). Vale osservare che, anche a voler esaminare la doglianza dall’angolo visuale del difetto di motivazione per omesso esame da parte della Corte territoriale di tale circostanza emergente dai documenti indicati, lo scrutinio non è favorevole alla ricorrente: non solo perchè i documenti invocati a supporto del vizio cassatorio non sono stati riprodotti, nè direttamente nè indirettamente attraverso la indicazione del dato testuale o extratestuale necessario per reperirli, non bastando, che essi fossero disponibili nel fascicolo d’ufficio o di parte, ma anche perchè non sono state fornite indicazioni in merito a quando fossero stati fatti oggetto di discussione in giudizio e in merito alla loro decisività. Il D.M. n. 593 del 2000 prevede, all’art. 4, comma 3, che il Murst, in caso di esaurimento in corso d’anno delle disponibilità del Far, ne faccia tempestiva comunicazione in GU, adottando i conseguenti provvedimenti in relazione alle domande non soddisfatte, ai sensi del D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 2, comma 3. Chiunque, insomma, era nella condizione di venire a conoscenza dell’avvenuto esaurimento dei finanziamenti. 14. In ordine al motivo n. 8, al netto del fatto che il ricorrente non ha neppure indicato in quale scritto difensivo o atto del giudizio di merito avesse formulato la richiesta, va osservato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’esercizio del potere, previsto dall’art. 213 cod. proc. civ., di richiedere d’ufficio alla P.A. le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo rientra, al pari del ricorso ai poteri istruttori previsti dall’art. 421 cod. proc. civ., nella discrezionalità del giudice e non può comunque risolversi nell’esenzione della parte dall’onere probatorio a suo carico, con la conseguenza che tale potere può essere attivato soltanto quando, in relazione a fatti specifici già allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della P.A. che la parte sia impossibilitata a fornire e dei quali solo l’Amministrazione sia in possesso proprio in relazione all’attività da essa svolta (Cass. 13/03/2009, n. 6218; Cass. 07/11/ 2003, n. 16713): ipotesi non ricorrente nel caso in esame. 15. Il nono motivo è infondato. 15.1. La ricorrente rimprovera alla corte di aver imputato il pagamento da essa effettuato al debito nascente dal contratto del 2.1.2004. al netto delle censure relative al collegamento negoziale superate ed assorbite dall’inammissibilità dei precedenti motivi di ricorso. La tesi della ricorrente è che, non essendovi stata una volontaria imputazione di pagamento, avrebbero dovuto operare in via suppletiva i criteri legali di cui all’art. 1193 c.c., con conseguente imputazione del pagamento al debito più risalente, cioè a quelli sorti per effetto del contratto di fornitura. 15.2. La censura non coglie tuttavia la ratio decidendi della sentenza impugnata che non ha disapplicato l’art. 1193 c.c., ma ha ritenuto che la SABA avesse volontariamente imputato il pagamento proprio al debito nascente dal contratto del 2004, come risultante da un documento, prodotto in giudizio dalla ricorrente, dal quale si evinceva l’esatta corrispondenza dei pagamenti effettuati a quelli dovuti a favore della Tecnoprocess secondo quanto previsto dal contratto di ricerca (pp. 14-15 della sentenza): i pagamenti erano del tutto coincidenti con quelli previsti nel contratto del 2014, così pure il frazionamento in quote alle relative scadenze. E’ pacifico che l’imputazione possa risultare da fatti concludenti – come nel caso di specie la esatta corrispondenza della somma pagata alla misura di uno soltanto dei debiti concorrenti – e che possa essere dedotta presuntivamente. Ciò stante, sarebbe spettato al debitore fornire la prova della sua volontà di non operare alcuna imputazione o di una diversa imputazione rispetto a quella deducibile dai documenti di causa. 15.3. Quanto alle censura relativa alla violazione degli artt. 1460 e 2697 c.c., mette conto osservare che la ricorrente assume di avere tempestivamente eccepito l’inadempimento del contratto stipulato nel 2014, lamentando che la relazione per la messa a punto di nuovi processi per la produzione di sciroppi, di latte e di pasta di mandorla era stata effettuata e concretizzata nella progettazione dell’impianto di produzione ed, in specie, nel lotto 2^ dell’elaborato tecnico posto a base del contratto del 9.1.2013, rimarcando che il documento prodotto dalla Tecnoprocess non integrasse gli estremi dell’adempimento degli obblighi nascenti dal contratto del 2004, essendo la mera duplicazione di quella consegnata nel giugno 2003. Di tale eccezione di inadempimento il giudice a quo ha, tuttavia, tenuto conto, a p. 11 della sentenza impugnata, ove si dice che è stata accolta la domanda di compensazione del credito risarcitorio con quello spettante a Tecnoprocess. Pertanto, è evidente che la censura qui riproposta è volta ad ottenere un riesame del merito inaccoglibile. 16. Il ricorso è dichiarato improcedibile. 17. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. 18. Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 giugno 2018. Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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