Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27449 del 28/10/2019

Cassazione civile sez. I, 28/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 28/10/2019), n.27449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2948/2015 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in persona legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Pietro De Cristofaro n. 40,

presso lo studio dell’avvocato Caligiuri Maurizio, rappresentata e

difesa dall’avvocato Gebbia Giovanni, gusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela Fallimento (OMISSIS) S.r.l., Estates Immobiliare S.r.l. e

B.B.;

– intimati –

contro

Ca.ma. Italia S.p.a., già Casucci S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Giunio Bazzoni n. 3, presso lo studio dell’avvocato Vagnozzi

Daniele, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Del

Torto Carlo, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Lavanderia Industriale Val Vibrata S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Giunio Bazzoni n. 3, presso lo studio dell’avvocato Vagnozzi Daniele

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Del Torto

Carlo, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 950/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

del 26/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2019 dal cons. FRANCESCO TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza in data 21-12-2004 il tribunale di Teramo dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l.;

la fallita proponeva opposizione, e su codesta il medesimo tribunale si pronunciava dapprima con sentenza non definitiva del 21-9-2008, mercè la quale rigettava l’eccezione di nullità della sentenza dichiarativa per violazione del diritto di difesa, e poi con sentenza definitiva del 13-11-2013, mercè la quale confermava la valutazione relativa all’esistenza dello stato di insolvenza;

l’appello della società (OMISSIS), proposto contro entrambe le decisioni, è stato a sua volta rigettato dalla corte d’appello dell’Aquila con sentenza in data 26-9-2014, nei confronti della quale la medesima (OMISSIS) propone adesso ricorso per cassazione affidato a nove mezzi (ancorchè gli ultimi due rispettivamente numerati come decimo e undicesimo); resistono con separati controricorsi le creditrici istanti Ca.ma. Italia s.p.a. (già Casucci s.p.a.) e Lavanderia Industriale Val Vibrata s.r.l.; la ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – coi primi sette motivi la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c., altrettante omissioni di pronuncia sui motivi di gravame;

segnatamente:

(i) l’omessa pronuncia sul primo motivo di appello, relativo alla mancata audizione del debitore in camera di consiglio quanto alle risultanze contabili di bilancio e alle dichiarazioni dei redditi;

(ii) l’omessa pronuncia sul quinto motivo di appello relativo all’esistenza di un errore di lettura del tribunale in ordine ai dati fiscali e di bilancio, essendosi confusi i ricavi dichiarati per il 2002 con quelli invece riferibili al 2004;

(iii) l’omessa pronuncia ancora sul quinto motivo di appello in ordine all’errata lettura del bilancio e delle dichiarazioni fiscali relativamente all’imputabilità delle perdite di esercizio;

(iv) l’omessa pronuncia sul secondo e sul terzo motivo di appello, in ordine all’errata lettura del bilancio e delle dichiarazioni fiscali, nei dati questa volta afferenti al debito verso istituti di credito e al controcredito dell’istante Casucci s.p.a.;

(v) l’omessa pronuncia sul fatto relativo all’esistenza di un patrimonio netto attivo e sui motivi d’appello quarto e quinto, concernenti la drastica riduzione dei crediti vantati dalle società istanti Casucci e Lavanderia Industriale Val Vibrana, con la conseguente incidenza sullo stato di insolvenza attesa l’opposizione ai relativi decreti ingiuntivi;

(vi) l’omessa pronuncia sul secondo motivo di appello nella parte afferente l’esistenza di elementi oggettivi di segno contrario alla affermata condizione di insolvenza;

(vii) l’omessa pronuncia sul secondo motivo di appello nel riferimento alle cause dell’insolvenza, correlate “alla risoluzione del contratto atipico di affitto di azienda fornitura”;

II. – tutti codesti mezzi, ove non inammissibili per difetto di autosufficienza (non risultando specificata, con trascrizione dei corrispondenti tratti salienti, la consistenza dei motivi di gravame per la parte che si assume non esaminata), sono in ogni caso manifestamente infondati;

come questa Corte ha più volte precisato, il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello può configurarsi solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto indispensabile per la soluzione del caso concreto (v. di recente Cass. n. 15255-19); il vizio non sussiste quando, pur non essendovi un’espressa formale statuizione da parte del giudice in ordine a un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo;

nel caso di specie è evidente che la corte territoriale ha rigettato tutti i motivi di gravame ivi formulati dalla società, poichè, dopo aver sinteticamente indicato (pag. 8 e 11) l’oggetto dei medesimi singoli motivi (in tutto sei), ha esplicitamente dichiarato di valutarli – e di rigettarli – tutti “nel loro complesso” (pag. 11, sub n. 19.1);

III. – con l’ottavo mezzo la ricorrente denunzia l’omesso esame di un documento decisivo, rappresentato dalla dichiarazione scritta di tale D.B.B.;

il motivo è inammissibile perchè si infrange con il limite del vizio motivazionale deducibile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il quale implica la riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; sicchè resta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U n. 8053-14); non è un caso che la ricorrente reputa di trovare conforto alla sua diversa tesi nella superata giurisprudenza relativa al testo abrogato, e qui non rilevante, del medesimo art. 360, n. 5 (si citano Cass. n. 11457-07, Cass. n. 4369-09 e Cass. n. 537711); per converso l’attuale versione della norma, come derivata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, presuppone che sia denunziato un vizio specifico relativo all’omesso esame di un “fatto storico”, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire suscettibile di determinare, se esaminato, un esito diverso della controversia), fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori (come nella specie i documenti) non integra, di per sè, il vizio qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, e ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. ancora Cass. Sez. U n. 8053-14);

ora la ricorrente lamenta che non sia stata dalla corte territoriale esaminata la dichiarazione sottoscritta dal menzionato sig. D.B.;

sennonchè nel ricorso non è specificato neppure quando il corrispondente documento (pedissequamente riportato) sia stato prodotto in giudizio, onde potersene inferire la ritualità come prova;

in secondo luogo, e comunque, dalla sentenza si evince che il fatto storico dal documento emergente – che cioè l’emissione di assegni postdatati in favore della Lavanderia Italiana Val Vibrata fosse stata motivata dal mero fine di consentire a questa di porre i titoli allo sconto e di beneficiare di conseguenti anticipazioni, senza effettiva esistenza di obbligazioni sottostanti di pagamento – è stato alfine valutato dal giudice a quo siccome indicato anche da altri testimoni: solo che è stato escluso nella sua veridicità effettuale in considerazione dell’inattendibilità delle deposizioni testimoniali, per cui non può dirsi che sia mancato l’esame del suddetto fatto storico, al quale si riferisce pure la predetta dichiarazione;

IV. – col nono mezzo, infine, la ricorrente deduce la contraddittorietà della motivazione della sentenza d’appello sulla rilevanza indiziaria della cessione del capannone industriale della società;

il nono motivo è inammissibile perchè assolutamente generico, errato nel presupposto e nuovamente teso a ottenere una revisione del giudizio di fatto;

si sostiene che la motivazione sarebbe contraddittoria e illogica (e come tale apparente) sul profilo della deduzione dell’insolvenza dalla cessione del capannone industriale; contestualmente si dice che la cessione era stata fatta all’esito della comunicazione bancaria di mancato rinnovo di un leasing (o di un factoring) a scopo di pagamento del debito vantato da Italcostruzioni s.r.l.; e si afferma che di contro l’operazione aveva avuto il fine di eliminare il corrispondente consistente debito una volta incassate le somme dovute, per poi riprendere il lavoro “con assoluta tranquillità”;

una simile prospettazione rende chiaro non solo che la ricorrente intende ottenere un non consentito riesame del merito della valutazione della corte d’appello con riferimento alla rilevanza sintomatica dell’operazione del suo complesso, ma anche che la stessa non ha minimamente compreso in cosa consista l’insolvenza come concetto giuridico;

l’assunto speso nel motivo indica che la società era incapace di far fronte con regolarità alle proprie obbligazioni, al punto da determinarsi a vendere il capannone al fine di poter riprendere l’esercizio ordinario della propria attività; e ulteriormente conferma quanto dalla corte d’appello sostenuto a proposito della configurazione della vendita come pagamento anomalo di una parte dei debiti, visto che la vendita si assume fatta a beneficio di uno dei creditori (Italcostruzioni s.r.l.); quale fosse stata poi la ragione specifica della decisione sottostante è cosa assolutamente irrilevante, in sè (per l’ovvio principio generale di irrilevanza dei motivi del contratto) e perchè comunque è irrilevante la ragione dell’insolvenza, che è una condizione suscettibile di esser verificata secondo dati oggettivi prescindendo da qualsiasi indagine in ordine alle relative cause (per tutte Cass. n. 441-16, Cass. n. 2180213);

V. – conclusivamente quindi il ricorso va rigettato;

le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2019

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