Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27449 del 20/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27449 Anno 2017
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: CALAFIORE DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 3944-2012 proposto da:
SCALVINI RENZO & ROBERTO & C S.N.C. C.F. 01936880986,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO
24, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA
LOIACONO ROMAGNOLI, rappresentata e difesa
dall’avvocato CLAUDIO LA GIOIA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
2850

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.
80078750587,

in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore,
mandatario

della

S.C.C.I.

in proprio e quale
S.P.A.

Società

di

Data pubblicazione: 20/11/2017

cartolarizzazione

dei

Crediti

I.N.P.S.

C.F.

05870001004, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati
LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO,

– controricorrente nonchè contro

EQUITALIA ESATRI S.P.A., già ESATRI – ESAZIONE TRIBUTI
S.P.A. ;

intimata-

avverso la sentenza n. 11/2011 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA depositata il 28/01/2011 R.G.N. 368/2010;
Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

giusta delega in atti;

n.r.g. 3944/2012
SCALVINI R. & r. S.N.C./Inps/S.C.C.I. s.p.a +1

RILEVATO
Che la società Scalvini Renzo e Roberto & c. s.n.c. propose opposizione avverso la
cartella esattoriale notificatale per conto dell’Inps sulla base di una contestata
intermediazione di manodopera vietata dalla legge ed il Tribunale di Brescia
riconobbe la fondatezza dell’opposizione con la quale la predetta società aveva
dedotto la genuinità degli appalti intercorsi con le società Nuova Carpenteria
s.r.I., Carpenteria M.B. s.r.l. e Carpenteria G.B. s.r.I., tutte facenti capo a Fausto

che a seguito di impugnazione dell’Inps la Corte d’appello di Brescia con sentenza
n. 11/2011, riformando la decisione del primo giudice e respingendo
l’opposizione di cui trattasi, ha rilevato che dagli atti di causa era emerso che il
concreto atteggiarsi dei rapporti tra la società Scalvini Renzo e Roberto & c. s.n.c e
le società facenti capo al Bozzoni configurava un caso di interposizione illecita di
manodopera;
che per la cassazione della sentenza ricorre la società Scalvini Renzo e Roberto &
C. s.n.c. dieci motivi illustrati da memoria;
che resiste con controricorso I’Inps anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a.;
che il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
CONSIDERATO
Che i dieci motivi articolati in ricorso possono essere ricondotti ai seguenti profili: 1)
violazione e falsa applicazione degli artt. 115 – 116 cod. proc. civ. laddove la
sentenza ha mostrato di nutrire dubbi su aspetti essenziali della ricostruzione oggetto
dì contestazione che avrebbero dovuti essere pienamente accertati; 2) nullità della
sentenza ( art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ.) per omessa motivazione
relativamente alle errate affermazioni, contrastate dai contenuti degli atti di parte
riportati in ricorso, secondo cui la ricorrente società non avrebbe contestato le
risultanze della complessiva verifica svolta dalla Guardia di finanza nei confronti di
Fausto Bozzoni e delle società dallo stesso costituite, ed omessa motivazione in
ordine alle eccezioni proposte dalla ricorrente sulla forma libera del contratto
d’appalto ai sensi degli artt. 1350 e 1655 cod.civ.; 3) insufficiente motivazione circa
fatti controversi e decisivi per il giudizio ( art. 360 primo comma n. 5 cod.proc.civ) in
quanto la Corte di merito avrebbe dato ingresso nel giudizio a documenti esterni
alla procedura, nel contesto di indagini della Guardia di Finanza concernenti terzi,
ed utilizzandoli ai fini probatori, senza considerare che la ricorrente aveva opposto
che gli accordi relativi all’appalto erano stati stipulati verbalmente, che era stata
sollecitata l’ammissione della prova per testi in ordine alla circostanza che i lavori
appaltati erano stati eseguiti presso i propri clienti, che – contraddittoriamente- la

1

Bozzoni;

n.r.g. 3944/2012
SCALVINI R. & r. S.N.C./Inps/S.C.C.I. s.p.a +1

sentenza ha affermato la sussistenza dei presupposti dell’obbligazione contributiva
rispetto ai lavoratori asseriti somministrati di cui erano rimasti sconosciuti i
nominativi, giacché essi sarebbero stati presenti solo nei verbali della Guardia di
finanza mai prodotti in giudizio e neanche riprodotti nei verbali dell’INPS presenti
agli atti; 4) violazione degli artt. 9 r d.l. n. 636/1939 conv. in I. n. 1272/1939
laddove si è affermata la sussistenza dell’obbligo di versare i contributi anche con
riferimento a rapporti di lavoro ove non erano mai state accertate le identità dei

che, come questa Corte di cassazione ha avuto modo di precisare anche in recenti
precedenti relativi ai medesimi fatti oggetto del presente ricorso (Cass. 9593/2017;
8603/2017; 17355/2017) ed in difetto di ragioni per discostarsi da tali precedenti, i
motivi sono infondati in quanto:
– per quanto attiene ai profili sub 1) deve osservarsi che l’espressione ” pare”
utilizzata dalla Corte territoriale per iniziare lo svolgimento della motivazione non
deve essere intesa quale forma dubitativa ma va rettamente intesa come sinonimo di
” reputa” e non dimostra alcuna violazione delle regole sulle valutazioni delle
risultanze processuali giacché la Corte territoriale, al di là del riferimento (non
essenziale al ragionamento) ad una “non contestazione” da parte della Scalvini s.n.c.
delle risultanze della complessa verifica della Guardia di Finanza di Manerbio, si
preoccupa di elencare gli aspetti più pregnanti della medesima verifica richiamati nei
verbali dell’Inps;
– inoltre, questa Corte (Cass. sez. 3, n. 3102 del 4.3.2002) ha già chiarito che
“nei poteri del giudice in tema di disponibilità e valutazione delle prove rientra
quello di fondare il proprio convincimento su prove formate in altro processo,
quando i risultati siano acquisiti nel giudizio della cui cognizione egli è investito,
potendo le parti che vi abbiano interesse contrastare quei risultati discutendoli o
allegando prove contrarie”, così come ha pure precisato che “il giudice di
merito è libero di formare il proprio convincimento sulla base di
accertamenti compiuti in altri giudizi fra le stesse parti od anche fra le altre
parti” (Cass. sez. I, n. 478 del 17/1/1995; idem Cass. sez. 3 n. 623 del 20.1.1995) e
la Corte d’appello di Brescia non si è limitata a far riferimento all’esito degli
accertamenti svolti in sede penale dalla Guardia di Finanza di Manerbio, ma ha
ben evidenziato che la fittizietà delle società facenti capo al Bozzoni, il quale
poneva la manodopera operaia a disposizione di ditte utilizzatrici, tra le quali la
odierna ricorrente, era emersa dai verbali Inps in atti, tanto che le stesse
società venivano create dal medesimo Bozzoni ed, in pratica, i giudici d’appello
hanno accertato che l’attività di tali società, prive di beni strumentali, ad eccezione

2

lavoratori;

n.r.g. 3944/2012
SCALVINI R. & r. 5.N.C./Inps/S.C.C.I. s.p.a +1

di pochi computers

ed accessori di arredo, si

svolgeva

attraverso la

predisposizione di artificiosi contratti di appalto utilizzati in modo seriale con le
società utilizzatrici, mentre non sussisteva nessuna reale struttura
imprenditoriale, né rischio d’impresa, né personale che curasse, nei vari cantieri,
di impartire direttive alla manodopera ivi inviata ai committenti; inoltre, il
Bozzoni si curava di riscuotere il compenso relativo alle prestazioni di manodopera
fornita, emettendo fatture in base alle ore lavorate dagli operai, sulla scorta di

che in ordine ai profili sub 2) e sub 3), va premesso che
intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (art.

il divieto

1 legge 23

ottobre 1960, n. 1369) opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta
disposizione

di

a

del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo

all’appaltatore datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del
rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della
continuità della prestazione), senza una reale organizzazione della prestazione
stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, non essendo
necessario, per realizzare un’ipotesi di intermediazione vietata, che l’impresa
appaltatrice sia fittizia, atteso che, una volta accertata l’estraneità dell’appaltatore
all’organizzazione e direzione del prestatore di lavoro nell’esecuzione
dell’appalto, rimane priva di rilievo ogni questione inerente il rischio economico
e l’autonoma organizzazione del medesimo (Cass. 20/05/2009, n. 11720;
Cass. 27/07/2009, n. 17444; Cass. 6/04/2011, n. 7898; Cass. 28/03/2013, n.
7820; Cass. 3/8/2016, n. 16206);
– che per compiere questo accertamento il giudice deve verificare le modalità
con le quali concretamente i rapporti

di lavoro

si sono svolti

con

l’utilizzatore, senza che ciò comporti un ampliamento del thema decidendum;
che la Corte territoriale ha ritenuto provato il rapporto di mera fornitura di
manodopera sulla base di tutte le emergenze istruttorie, costituite non solo dai
processi verbali di constatazione della Guardia di Finanza, ma anche dai verbali
di accertamento dell’Inps e dai contratti di appalto stipulati dalla ricorrente con le
società fornitrici;
che, in ogni caso, spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di
controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente
prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti senza essere tenuto a
tbytk
(

3

un compenso orario fissato sulla base di un vero e proprio listino;

n.r.g. 3944/2012
SCALVINI R. & r. S.N.C./Inps/S.C.C.I. s.p.a +1

discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive,
dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che,
sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la
decisione adottata (v. Cass. 13 giugno 2014, n.13485; Cass., 10 giugno 2014,
n. 13054; Cass., ord., 6 aprile 2011, n. 7921; Cass., 15 luglio 2009, n. 16499;
Cass., 5 ottobre 2006, n. 21412; Cass. 15 aprile 2004 n. 7201; Cass. 7 agosto
2003 n. 11933);

636/1939 conv. in

I.

n. 1272/1939 con riferimento al mancato accertamento

dell’identità dei lavoratori, deve osservarsi che come risulta dalla sentenza
impugnata, sono stati identificati i lavoratori che hanno lavorato nei periodi
oggetto di accertamento per le società Nuova Carpenteria s.r.l. la Carpenteria M.B.
s.r.l. e La Carpenteria G.B. s.r.l. gestite dal Bozzoni e la mancanza di una
specifica indicazione del numero e del nominativo dei lavoratori inviati in forza
dei singoli contratti di appalto alle varie imprese utilizzatrici, tra cui l’odierna
ricorrente, è stata ritenuta dalla Corte territoriale irrilevante, in ragione della
correttezza delle modalità di calcolo dei contributi, effettuato dall’Inps sulla base
degli importi delle fatture (al netto di iva) emesse dal Gruppo consortile
in favore della società Scalvini Renzo & Roberto s.n.c., divisi per la tariffa
media oraria applicata al cliente (e desunta dai tariffari reperiti presso la sede del
Gruppo consortile), sì da determinare il numero di ore lavorate; sulla base di
tale monte ore sono state poi applicate le retribuzioni orarie previste dal
CCNL di settore per l’operaio di livello più basso;
che, in ogni caso, i contributi vanno computati sul dovuto e non su “quanto
percepito dal lavoratore”, se inferiore al minimale, e rilevato che i contributi sono
stati correlati alla retribuzione minima per

la qualifica

più

bassa prevista

della contrattazione collettiva, appare del tutto inammissibile per difetto di
interesse la censura prospettata, giacché è pacifico – e comunque non risulta
neppure dedotto – che la ricorrente non avrebbe potuto pagare contributi
inferiori rispetto a quelli calcolati dall’Inps;
che, inoltre, come si è detto, i lavoratori assunti dal Gruppo consortile, e di volta
in volta inviati alle varie imprese, sono stati nominativamente individuati in
quanto dipendenti della impresa fornitrice e per questo assicurati all’INPS (anche
in virtù dei principi di obbligatorietà, indisponibilità ed automaticità del rapporto
previdenziale);
che, pur in presenza di totale omissione del datore

di lavoro reale (come qui

si è verificata sia nel pagamento dei contributi, sia nella trasmissione delle

4

che, quanto al profilo sub 4) che attiene alla violazione degli artt. 9 r d.l. n.

n.r.g. 3944/2012
SCALVINI R. & r. S.N.C./Inps/S.C.C.I. s.p.a +1

necessarie informazioni), la pretesa contributiva può essere facilmente posta in
vicende dei rapporti che

essere dal!’ Inps, attraverso la ricostruzione delle

ciascun lavoratore intratteneva con il somministratore abusivo in base ai documenti
obbligatori (libri matricola e paga) e considerando gli

appalti

intervenuti nel

corso del tempo coi vari utilizzatori tenuti al versamento dei contributi;
che si tratta di un’operazione da effettuarsi alla luce della concezione solidaristica
Sezioni Unite n.

(riconosciuta da Cass. 1589/2004 e riaffermata anche dalle
cui è

improntato il sistema previdenziale sotto molteplici

aspetti (criterio di ripartizione, assenza di sinallagmaticità, natura giuridica dei
contributi, minimi e massimi pensionistici,
rapporto

giuridico intercorrente

ecc.)

e tenendo

esclusivamente tra

conto

lo stesso

del
istituto

previdenziale ed i lavoratori assicurati;
che ( vd. Sez. U., 18/12/2009, n. 26641) il rapporto previdenziale si struttura in
termini di bilateralità e non di trifateralità tra i soggetti del rapporto di lavoro e l’INPS
ed, in forza di tale principio, deve escludersi che le vicende di un rapporto
bilaterale si

ripercuotano sempre

automaticamente sull’altro e, per quanto

qui rileva, che l’adempimento tecnico amministrativo di imputazione dei contributi in
favore dei lavoratori (nei confronti di lavoratori non individuati, ma individuabili)
possa incidere sull’esistenza dell’obbligazione datoriale che sta a monte;
che questa conclusione è confortata anche da evidenti ragioni logico – sistematiche,
a carattere costituzionale (artt. 3 e 38 Cast.), non potendo dubitarsi, infatti,
della totale irrazionalità di un sistema che riconoscesse al datore di lavoro di
potersi sottrarre all’assolvimento dei contributi dovuti solo sostenendo di non
conoscere il nominativo dei lavoratori che ha utilizzato;
che in definitiva, il ricorso va rigettato.
che le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della
ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo in favore dell’ istituto contro
ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che liquida in favore del contro ricorrente, in complessivi Euro
3500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella
misura del 15 per cento ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nell’Adunanza camerale del 21 giugno 2017.

12269 / 2004)

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