Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27445 del 20/11/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 27445 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: RIVERSO ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso 464-2012 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.E. 80078750587 in persona del suo Pre3idente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli
2017
2542

avvocati GIUSEPPINA GIANNICO, LUIGI CALIULO, ANTONELLA
PATTERI, SERGIO PREDEN, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

CAPPELLUT1

LEONARDO

C.F.

CPPLRD40A17H6451,

Data pubblicazione: 20/11/2017

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ISONZO
PALAZZINA 42/A, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI
GREGORIO,

rappresentato e difeso dagli avvocati

GIUSEPPE SAIA, PATRIZIA TORNAMBE’, giusta delega in
atti;
controrícorrente

avverso la sentenza n. 1060/2010 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 22/12/2010 R.G.N. 2606/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO
RIVERSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI;

R.G. 464/2012

,
FATTI DI CAUSA

l’appello proposto da Leonardo Cappelluti nei confronti della sentenza di
primo grado che aveva rigettato la sua domanda intesa ad ottenere il
riconoscimento del diritto alla sanatoria dell’indebito pensionistico che
residuava alla data del 31.3.2003, ai sensi dell’articolo 44, 3 0 comma,
legge 289/2002.
A fondamento della sentenza la Corte riteneva che la sanatoria prevista
dalla norma fosse applicabile anche per coloro, come il ricorrente, nei cui
confronti l’Inps avesse già iniziato il recupero dell’indebito al momento
dell’entrata in vigore della norma. Non poteva essere invece seguita la
diversa tesi successivamente sostenuta dall’Inps, dopo un parere del
Ministero, in base alla quale la norma doveva interpretarsi come limitata a
quei soggetti “in situazione di concreto e attuale violazione delle norme
sul divieto di cumulo, non ancora incorsi in sanzioni alla data del
31/12/2002″; infatti, come in origine opinato dallo stesso Inps, nessun
dato testuale, logico o sistematico imponeva di diversificare all’interno
della norma la platea dei destinatari prevista del comma 2 da quelli del
comma 3 dell’art. 44 cit.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS con un
motivo, Cappelluti ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso l’Inps lamenta la violazione dell’articolo
44 della I. 27 dicembre 2002, n. 289 in relazione agli articoli 11 e 15
delle preleggi ed all’articolo 360 n.3 del c.p.c. non potendo la sanatoria
essere applicata nei confronti del Cappelluti in quanto nei suoi confronti
l’Inps al momento di entrata in vigore della norma aveva già operato la

i

La Corte d’appello di Milano con sentenza n. 1060/2010 accoglieva

R.G. 464/2012

trattenuta della quota incumulabile di pensione ed iniziato il recupero
delle quote versate in precedenza.
2. Il ricorso è infondato. Deve essere premesso che come risulta in fatto
dalla sentenza impugnata il sig. Capelluti Leonardo è titolare di pensione
di vecchiaia dal gennaio 1996. E nel 1997 aveva iniziato un’attività
autonoma con iscrizione alla gestione separata. Negli anni successivi non

all’aprile 2001 quando aveva comunicato all’istituto la sua situazione. In
conseguenza, stante il regime di incumulabilità tra redditi da lavoro
autonomo e pensione, l’Inps gli aveva ridotto la pensione eliminando la
quota incumulabile; aveva inoltre iniziato il recupero dell’indebito
maturato dal 1 gennaio 1997 al 30 aprile 2001 attraverso trattenute
mensili. Entrata in vigore la legge 289/2002, che prevedeva il diverso
regime di cumulabilità anche per la pensione di anzianità, Cappelluti
aveva chiesto l’accesso al regime del cumulo dall’ 1/1/2003 come previsto
dall’articolo 44 comma 2 e la sanatoria per penalità e trattenute relative al
periodo fino al 31/3/2003 come previsto dall’articolo 44, comma 3.
3.

La questione oggetto del presente giudizio è dunque limitata

all’applicabilità della sanatoria per il periodo dall’1/1/2003 al 31/3/2003
per i pensionati che al 10 gennaio 2003, epoca dell’entrata in vigore della
legge 289 del 2002, avessero in corso una procedura di recupero in
conseguenza di autodenuncia.
4.- La norma in questione – intitolata abolizione del divieto di cumulo tra
pensioni di anzianità e redditi da lavoro – prevede al 10 e al 2° comma il
regime del cumulo tra pensione e redditi da lavoro a partire dal 1 gennaio
2003 (per gli iscritti alle forme di previdenza a carico dell’AGO e delle
forme sostitutive, esclusive ed esonerative); il 3° comma prevede la
sanatoria per il passato, in forza del pagamento di un importo ridotto (per
il periodo dal 1 gennaio fino al 31 marzo 2003) rispetto a quanto dovuto
in base alla diversa normativa anticumulo, effettuato dai titolari di reddito
da pensione ” che hanno prodotto redditi sottoposti al divieto parziale o
totale di cumulo e che non hanno ottemperato agli adempimenti previsti
dalla normativa di volta in volta vigente”; il 5 comma ribadisce la
normativa anticumulo con applicazione delle trattenute dovute e delle
2

aveva presentato le dichiarazioni annuali dei redditi all’Inps e ciò fino

R.G. 464/2012

relative sanzioni nei confronti di quanti non abbaino regolarizzato la
propria posizione.
5.- L’Inps sostiene che la legge abbracci nel proprio ambito di operatività
soltanto coloro i quali si trovino in una situazione di attuale violazione
della disciplina che comporti un concreto inadempimento agli obblighi
normativi, mentre escluda dal proprio ambito di operatività coloro che alla

avessero in corso procedure di recupero delle somme indebite, ancorchè a
seguito di autodenuncia.
6.- Questa Corte di cassazione – giudicando in un caso in cui l’INPS alla
data di entrata in vigore della sanatoria aveva già contestato ad un
titolare di pensione di anzianità la riscossione di ratei di pensione non
cumulabili con la retribuzione – è pervenuta con la sentenza n. 10174 del
30/04/2013, alla conclusione secondo cui: ” In tema di divieto di cumulo
tra redditi da lavoro e pensioni di anzianità, la disciplina di emersione
prevista dall’art. 44, terzo comma, della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
non si applica agli illeciti già accertati e contestati dall’I.N.P.S., prima
dell’entrata in vigore della predetta disposizione, sia perché il legislatore
del 2002 non ha introdotto una generale sanatoria di tutti i
comportamenti elusivi, sia perché mancherebbe, in radice, la spontanea
iniziativa del pensionato che ha posto l’ente previdenziale al corrente della
propria situazione di inadempimento e richiede, pertanto, di giovarsi delle
norme agevolative”.
7. La stessa sentenza operando una ampia ed approfondita ricostruzione
della normativa sul cumulo in questione (prima interdittiva e poi
permissiva), sulla portata del regime sanzionatorio previsto dalla
normativa anticumulo e sulla ratio di quello di sanatoria in discussione, ha
negato dunque – anche alla luce del comma 5 che ribadisce la vigenza
“delle trattenute dovute e delle relative sanzioni nei confronti di quanti
non hanno regolarizzato la propria posizione” – che potessero agevolarsi
della sanatoria, oltre a coloro che fossero rimasti silenti circa la denuncia
della propria condizione di percettore di pensione e di retribuzione, coloro
che in epoca antecedente all’entrata in vigore della L. n. 288, avessero già
in corso il recupero delle sanzioni, delle penalità e delle trattenute, non
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data di entrata in vigore della normativa fossero stati sanzionati ed

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avendo appunto il Legislatore inteso introdurre una generale sanatoria dei
comportamenti elusivi fino al marzo 2003.
8. Nel pervenire a tali corrette conclusioni la sentenza valorizza il dato
fondamentale che si coglie nella legge dell’iniziativa dell’interessato
rispetto a chi abbia subito la contestazione da parte dell’INPS in quanto la
legge pone “al centro della peculiare regolamentazione l’iniziativa

omissiva giovandosi di un trattamento di favore, con la forza deterrente,
come già detto, del trattamento deteriore che riprende vigore, per gli
inadempienti, dal primo aprile 2003.”
9.

La stessa sentenza rileva inoltre che tale soluzione interpretativa

appaia, oltre che rispondente ai dati testuali e logici, come “la più
conforme al canone di ragionevolezza che richiede che non siano trattati
nello stesso modo coloro che si siano prodigati denunciando la propria
irregolarità e coloro che, rimasti inadempienti chiedano, solo perché tale
condizione sia stata già accertata e sanzionata dall’INPS, il medesimo
regime agevolativo e, nondimeno, tra condotte inadempienti accertate
dopo il primo aprile 2003 e quelle già accertate prima dell’entrata in
vigore delle nuove regole sul cumulo, entrambe connotate dalla condotta
silente del pensionato-lavoratore riguardo alla propria condizione”.
10.

In realtà, posto che la norma è naturalmente rivolta al passato

connotato dal divieto di cumulo, e non esclude sul piano letterale le
condotte che l’INPS abbia già accertato e sanzionato, ad avviso di questo
Collegio, e sulla scia dello stesso precedente fin qui richiamato, diventa
dirimente a tal fine il fatto che l’accertamento del cumulo sanzionato,
ancorchè già operato al momento di entrata in vigore della legge, sia
avvenuto o meno in seguito alla spontanea iniziativa del pensionato che
ha posto l’Ente previdenziale al corrente della propria situazione.
Pertanto, ferma l’inapplicabilità della procedura di sanatoria nei casi in cui
la pregressa situazione di violazione della normativa sul divieto di cumulo
fosse stata contestata solo dall’INPS (Cass. sent. cit.) , deve affermarsi
che rientrino all’interno della sanatoria prevista dalla legge (col
pagamento della somma ridotta prevista dal comma 3, fino al 31 marzo
4

dell’inadempiente che, spontaneamente, faccia emergere la condotta

R.G. 464/2012

2003) anche i casi in cui il pensionato prima della entrata in vigore della
stessa normativa si sia attivato spontaneamente per denunciare la
pregressa situazione di incumulabilità ed avesse in corso una procedura di
recupero dell’indebito pensionistico; non essendovi alcun elemento né
testuale, né logico per differenziare la situazione di chi si autodenuncia
dopo la legge, da chi lo avesse fatto prima; ed essendo anzi sommamente
iniquo trattare in modo peggiore chi prima della legge avesse denunciato

totalmente silente fino alla stessa normativa agevolativa alla cui entrata in
vigore sia emerso nella prospettiva di beneficiare della sanatoria.
11. Le conclusioni assunte nella sentenza impugnata appaiono dunque
rispondenti al diritto e si sottraggono alle censure sollevate col ricorso che
deve essere dunque rigettato. Le spese del presente giudizio devono
essere compensate attesa la peculiarità della questione controversa ed il
fatto che il ricorso sia stato presentato prima che si fosse pronunciato
l’indirizzo giurisprudenziale a cui questa sentenza intende dare continuità
e sviluppo nei termini sopra formulati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dispone la compensazione della spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017
Il Consigliere estensore

la propria situazione in modo spontaneo, da chi fosse invece rimasto

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